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Omelie

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Is 60, 1-6; Sal 71; Ef 3, 2-3.5-6; Mt 2, 1-12

1. «Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo» (Mt 2,2). I Magi rappresentano tutti i cercatori di Dio. Si muovono da terre lontane perché sanno tenere lo sguardo attento e il cuore spalancato ai segni della Sua Presenza. Quali sono questi segni? Il primo è la stella che dice la rivelazione cosmica, cioè del creato, di Dio. Il secondo è l’annuncio del Messia da parte del profeta Michea, ripreso dal Vangelo, che indica la rivelazione storica di Dio. Seguendo questi due segni i Magi riconoscono la presenza di Dio, misteriosa ma già familiare, nel creato e nel cammino dell’umana stirpe. Per questo i Magi si muovono per adorarLo. Anche noi oggi dobbiamo imparare dai Magi questo sguardo attento e questo cuore spalancato (ciò che la Scrittura chiama povertà dello spirito) per riconoscere Dio in mezzo a noi. Se Dio si è reso a noi familiare in Gesù Bambino, allora ogni uomo può trovare almeno le tracce della Sua presenza. Le opere Sue ci dicono che noi possiamo nominare Dio.

Solennità del Natale del Signore

Is 52, 7-10; dal Salmo 97; Eb 1, 1-6; Gv 1, 1-18

1. «Dio, che molte volte e in diversi modi nei tempi antichi aveva parlato ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio» (Eb 1,1). L’Antico Testamento offre le lettere dell’alfabeto con cui Dio si è rivelato agli uomini, ma solo Cristo è il Verbo in cui esse trovano senso.

«E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi…» (Gv 1,14). I Padri della Chiesa arrivavano a dire: «Dio si è abbreviato» fino a rendersi «visibile agli occhi, palpabile alle mani, portabile sulle spalle». Dio si è impoverito, si è svuotato. Gesù non ha solo imparato l’aramaico, come tutti i bambini della sua terra; Gesù ha voluto imparare la lingua della creatura e per questo si è offerto fino a “rendersi mangiabile” da noi nel sacrificio della cena eucaristica. Ci ha così coinvolto nella dinamica della Sua donazione.

2. Questa è la buona notizia del Natale: Dio si rende familiare. E se Dio si rende familiare a noi, noi possiamo riconoscerLo. Per grazia lo riconoscono i credenti convinti che Gesù di Nazaret è il Figlio di Dio incarnato. Ma, a ben vedere, lo possono riconoscere tutti nell’esperienza elementare di apertura verso la realtà e di amore verso i propri simili, propria di ogni uomo.

1. «Il popolo che camminava nelle tenebre…; coloro che abitavano in terra tenebrosa…» (Is 9,1). Queste parole del profeta Isaia ci riguardano. Procedere (addirittura abitare) nel buio è faticoso e stanca. Stanco e disfatto è il mondo scrive con acuto realismo Chesterton. Per questo siamo venuti qui in questa Notte Santa: più o meno consapevolmente, qui cerchiamo la luce perché, aggiunge Chesterton, «del mondo il desiderio è questo».

La luce è questo «bambino nato per noi» (Is 9,5). Nella stalla di Betlemme, come ora qui, come in ogni chiesa del mondo, migliaia di anni dopo la creazione, si alza il primo mattino del mondo. Con la nascita di Gesù rinasce per ogni uomo la virtù bambina della speranza. Natale è la sorgente inesauribile della ripresa (e Dio sa quanto questa parola sia oggi preziosa per ciascuno di noi).

Lunedì 7 dicembre nella splendida Basilica di San Marco il card. Scola ha presieduto la celebrazione della Vigilia della Festa dell’Immacolata, durante la quale tre donne del Patriarcato, Silvia Marchiori, Nella Pavanetto e Katia Vanin, sono state consacrate a Dio e sono entrate nel neocostituito Ordo Virginum (vedi post precedente).

Qui sono disponibili il testo e il video dell’omelia.

Carissima Silvia, Nella, Katia,

1. La liturgia dell’odierna Solennità dell’Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria è piena di provvidenziali richiami al dono prezioso che, all’interno di questa celebrazione, la nostra Chiesa veneziana riceverà, per grazia di Dio, attraverso la libera adesione delle vostre persone.

Il Patriarca ha presieduto sabato 21 novembre alle 10 la messa solenne della Festa della Madonna della Salute nella Basilica veneziana omonima gremita di fedeli.

Qui sono disponibili il video integrale e il testo dell’omelia.

 


1. Un amore esclusivo e definitivo

«Il terzo giorno vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù» (Vangelo, Gv 3, 1). Narrando i fatti l’evangelista teologo si sofferma anzitutto sul segno miracoloso avvenuto a Cana. Indica così a tutti noi, qui oggi convenuti per scogliere l’antico voto, che Gesù trasformando l’acqua in vino buono, ci dona la grazia della Nuova Alleanza. L’acqua delle giare è il segno della Legge dell’Antica Alleanza. Essa, benché data da Dio, non riempie di gioia fino a quando non è trasformata nel vino dell’amore oggettivo ed effettivo, che consiste nel dono totale di sé da parte di Gesù. Egli, offrendo in sacrificio la propria vita per noi, ci ha amato per primo e ci ama in ogni istante come se fosse l’ultimo istante. Gesù, l’Amore in persona, ama ogni uomo in modo esclusivo e definitivo. Per questo – come scrive un antico Padre d’Oriente – «Oggi possiamo tutti sederci al banchetto della Chiesa, poiché il vino è mutato nel sangue di Cristo e noi tutti ne assumiamo in santa letizia» .

Nel pomeriggio del 1 novembre, solennità di Ognissanti, il Patriarca – come da tradizione – ha presieduto la messa nel cimitero di Mestre, alla presenza delle autorità civili e religiose e di una folla di fedeli.

Qui è disponibile il testo dell’omelia.

1. «… Apparve una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, razza, popolo e lingua [nessuna diversità sarà più d’ostacolo]. Tutti stavano in piedi [è la posizione dei risorti] davanti al trono e davanti all’Agnello, avvolti in vesti candide [il bianco indica la partecipazione alla vita divina e la veste esprime l’identità della persona], e portavano palme nelle mani [segno della vittoria sulla morte]» (Ap 7,9). La Chiesa, nostra madre, ci invita a vivere ora, in questo cimitero, la vigilia della celebrazione dei defunti con il dono straordinario della Festa solenne di tutti i Santi. Questo giorno è dedicato alla sconfinata schiera di uomini e donne che sono in Paradiso. La memoria dei nostri cari, alla luce della gloria dei Santi, ci autorizza a sperare per tutti, per la riuscita (la santità) di tutti e di ciascuno. In questo giorno si manifesta in modo eminente la comunione di tutte le membra del Corpo di Cristo, la comunione fra noi e con i nostri cari passati all’altra riva.

Sabato 31 ottobre presso la Basilica della Salute di Venezia il Patriarca ha presieduto il rito di istituzione dei lettori Davide e Morris e degli accoliti Lorenzo, Francesco e Mauro.

Qui sono disponibili alcuni estratti dell’omelia del Patriarca.

1. La risposta della Vergine all’annuncio dell’Angelo: «Ecco la serva del Signore» si potrebbe, con un linguaggio più vicino a noi, tradurre così: “Io sono tua, o Signore”. È la formula espressiva dell’amore, del dono incondizionato di sé al Padre che chiama. «Compresi – dice Santa Teresina – che la Chiesa ha un cuore bruciato dall’amore. Capii che solo l’amore spinge all’azione le membra della Chiesa e che senza questo amore gli apostoli non avrebbero più annunciato il Vangelo. I martiri non avrebbero più versato il loro sangue».

Sono ora disponibili il video e il testo dell’omelia pronunciata dal Patriarca Martedì 29 Settembre in occasione della festa di san Michele Arcangelo al Duomo di Mestre.

Dan 7, 9-10.13-14; Sal 137; Apc 12, 7-12; Gv 1, 47-51

1. Gli Angeli «in cielo stanno davanti a Te per servirti e contemplano la gloria del Tuo volto» (Orazione di Colletta).

Il Catechismo della Chiesa cattolica commenta, in un certo senso, questa affermazione al N. 350: «Gli angeli sono creature spirituali che incessantemente glorificano Dio e servono i Suoi disegni salvifici nei confronti delle altre creature: «Ad omnia bona nostra cooperantur angeli [gli angeli cooperano ad ogni nostro bene]» (S. Tommaso D’Aquino, Summa theologiae, I, 114, 3 ad 3: Ed. Leon. 5,535).