Lunedì 7 dicembre nella splendida Basilica di San Marco il card. Scola ha presieduto la celebrazione della Vigilia della Festa dell’Immacolata, durante la quale tre donne del Patriarcato, Silvia Marchiori, Nella Pavanetto e Katia Vanin, sono state consacrate a Dio e sono entrate nel neocostituito Ordo Virginum (vedi post precedente).

Qui sono disponibili il testo e il video dell’omelia.

Carissima Silvia, Nella, Katia,

1. La liturgia dell’odierna Solennità dell’Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria è piena di provvidenziali richiami al dono prezioso che, all’interno di questa celebrazione, la nostra Chiesa veneziana riceverà, per grazia di Dio, attraverso la libera adesione delle vostre persone. Dopo anni di preparazione, state per essere accolte, per le mani del Patriarca, nell’Ordo Virginum che, a partire dal Concilio Vaticano II (cfr. Sacrosanctum Concilium 80), la Santa Chiesa ha rimesso in vigore recuperando una antichissima tradizione le cui radici potrebbero affondare nel Libro degli Atti degli Apostoli (At 21, 9) e nella Prima Lettera di San Paolo ai Corinzi (1Cor 7, 25-38).

Voi, con questo solenne rito, consacrate personalmente e pubblicamente tutta la Vostra vita a Dio, unendovi in mistiche nozze a Cristo per dedicarvi al servizio della Chiesa (cfr CIC 604, 1).

La figura della donna nella Storia della salvezza è decisiva fin dall’inizio, come emerge a tinte forti dalla Prima Lettura di oggi: alla pesante responsabilità di Eva che si lascia sedurre dall’Ingannatore fa da contrappeso la decisa responsabilità di quella «donna che» al serpente «schiaccerà la testa» (cfr. Gn 3,15). Osserva acutamente il grande apologista del II secolo Giustino: «Il laccio della schiavitù che Eva con la sua incredulità aveva annodato lo sciolse la vergine Maria con la sua fede».

Eva, madre dei viventi, è riscattata in Maria, madre dei credenti. Ogni donna trova in Maria la sua autentica fisionomia, quella di essere sorgente dell’amore oggettivo ed effettivo.

Ad imitazione della Vergine, preservata in vista dei meriti di Cristo da ogni macchia di peccato, la vostra singolare vocazione di consacrate nel mondo indica una chiara missione: esaltare la dignità della donna testimoniando, nella vita del secolo in cui resterete immerse, il senso pieno dell’amore che ricevete da Cristo Gesù per donarlo al nostro “fratello uomo”.

Per questo il Rito di consacrazione delle vergini connota la vostra scelta verginale parlando di nozze. Al di là dell’umana fragilità, le vostre nozze mistiche ripropongono quelle dell’Agnello che, offrendo tutto se stesso sulla croce, ha generato la Chiesa sua Sposa. E Maria è la Chiesa Immacolata, come canta il Prefazio: «In Maria hai segnato l’inizio della Chiesa, sposa di Cristo senza macchia e senza ruga, splendente di bellezza».

Carissimi, oggi la misericordia del Padre chiama Silvia, Nella e Katia a condividere, nelle loro persone, questa nuzialità verginale. È un segno potente per tutti. Mi preme sottolineare però che va accolto in maniera speciale dagli sposi della nostra Chiesa. Questo, infatti, ascolteremo nel Rito di consacrazione: “Tu le chiami a realizzare, al di là dell’unione coniugale, il vincolo sponsale con Cristo di cui le nozze sono immagine e segno” (dal Rito di consacrazione delle vergini).

Si instaura così, nella comunione concretamente vissuta della nostra Chiesa particolare, una preziosa circolarità tra gli stati di vita. L’amore degli sposi cristiani aiuta a comprendere l’amore verginale e, a sua volta, quest’ultimo spiega il significato profondo del matrimonio cristiano. Amare è sempre in ogni caso possedere nel distacco, cioè possedere in Cristo. Fare spazio a Cristo in ogni rapporto per il vero bene di colui che si ama e di colui che ama.

2. La Vergine è Immacolata in vista della maternità del Figlio di Dio incarnato. È vergine perché madre.

Questo significa che, attraverso la loro consacrazione Silvia, Nella e Katia, partecipano anche alla maternità della Vergine.

L’Ordo Virginum a cui fra poco apparterranno, indica con chiarezza che questa loro maternità spirituale si identifica con l’umile ed obbediente assunzione della maternità della Chiesa. E della Chiesa in cui la loro singolare vocazione è sbocciata per grazia e da cui è accolta nelle mani del Vescovo.

Silvia, Nella e Katia sono allora chiamate a rendere presente questa maternità. In che modo? Come fa ogni madre, che insegna al figlio la dimensione essenziale del dono. Non c’è relazione buona senza dono. Per la loro vocazione di consacrate nel mondo Silvia, Nella e Katia saranno testimoni della vita come dono in ogni ambiente dell’umana esistenza. La loro scelta avrà allora un’incidenza speciale sul loro lavoro. Per delle laiche consacrate nel mondo, il lavoro secondo la logica del dono diventa offerta. E l’offerta è riconoscere che Cristo è la sorgente di ogni azione dell’uomo e, attraverso questa azione, chiede di essere manifestato come cuore del mondo.

3. «In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità» (Ef 1,4). Quindi, con Maria, Immacolata in senso pieno e totale, anche noi siamo scelti in Cristo per essere santi ed immacolati.

L’Immacolata è tale non per i suoi meriti ma per l’amore gratuito del Redentore. Così per le nostre sorelle e per ciascuno di noi, la vocazione non è un merito, né l’esito di un progetto, è un dono, pura grazia. Quando l’angelo Gabriele giunge a Nazaret in casa di Maria, invece di chiamarla per nome le dice «Rallegrati piena di grazia» (Lc 1,28): “Sii felice – annuncia l’Angelo a Maria – perché tu sei amata profondamente, gratuitamente, per sempre”. Tu sei colmata di grazia, sei l’oggetto d’un amore personale, di un dono speciale. E, grazie a Lei, questo annuncio raggiunge questa sera ciascuno di noi.

Alla gratuità del dono di Dio, Maria risponde con il sì della fede. L’evangelista Luca, riportando nei dettagli il dialogo serrato tra questa giovanissima donna e l’Angelo, fa emergere nettamente che non si tratta di un sì a buon mercato, detto per incoscienza o per sprovvedutezza giovanile, ma di un sì “sofferto”, pienamente consapevole e, proprio per questo, totale, senza riserve. Così sia per voi, carissime Silvia, Nella e Katia. Un sì per sempre, cioè umilmente deciso ad imitare l’amore irrevocabile con cui Dio ama l’uomo. Amore non è amore – non ci stanchiamo di ripetere – senza la dimensione del per sempre e senza l’apertura alla fecondità.

Qui si situa il valore della verginità nei suoi tre consigli: povertà, castità, obbedienza. Il Fiat di Maria li contiene tutti e tre. Vi invito, pertanto, ad affidare alla Vergine ogni sera la Vostra scelta verginale.

4. La Seconda Lettura ripete con insistenza il tema della benedizione (una volontà di bene), in evidente contrapposizione con la maledizione (una volontà di male) fatta da Dio al serpente dopo il peccato dell’origine (cfr. Prima Lettura). «Benedetto sia Dio» afferma la Lettera agli Efesini «che ci ha benedetto con ogni benedizione» (Ef 1,3) «… predestinandoci a essere per lui figli adottivi mediante Gesù Cristo» (Ef 1,5). Dio è Padre e sovrabbonda di una volontà di bene per noi inconcepibile. «In lui siamo stati fatti anche eredi, predestinati … a essere lode della sua gloria» (Ef 1,6). Non si arrende neppure di fronte alla durezza del nostro cuore che può arrivare fino all’autolesionismo.

Si manifesta qui lo scopo della vocazione cristiana: la Sua gloria e la nostra gioia. Infatti solo sapersi oggetto di un amore incondizionato compie il desiderio del cuore dell’uomo.

La Sua gloria non la nostra: ricordatevelo bene! E la Sua gloria può comportare, come Egli ci ha detto, incomprensioni e derisione, critiche, umiliazioni e prove dolorose, che tuttavia non potranno togliervi la gioia.

Questa gioia, carissime, è in voi questa sera e per mezzo vostro è in tutti noi a cominciare dai vostri familiari, dalle comunità parrocchiali, dall’Azione Cattolica e da quanti accompagnano il vostro cammino e che continueranno a trarre giovamento dalla vostra azione di apostolato. È la gioia del Patriarca, di tutto il presbiterio, che vi accolgono nella famiglia delle consacrate e dei consacrati. È di tutti i fedeli che, come constato nella Visita Pastorale, hanno fame e sete di pienezza di vita cristiana. Questa gioia è quindi di tutta la Chiesa diocesana che persisterete a servire con cuore indiviso e con ancor più intensa dedizione. Ma questa gioia è una possibilità per tutti gli uomini e le donne del Patriarcato il cui insopprimibile senso religioso è un gemito del desiderio di Cristo.

Apprestandoci ora a celebrare il solenne Rito possiamo ripetere con l’Antifona d’ingresso: «Esulto e gioisco nel Signore, l’anima mia si allieta nel mio Dio». Amen