II Domenica di Pasqua, in Albis depositis

7 aprile 2024

At 4,8-24a; Sal 117 (118); Col 2,8-15; Gv 20,19-31

Spunti

 

  1. Pace a voi

«La sera di quel giorno, il primo della settimana … venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: “Pace a voi!”. Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. […]. Otto giorni […] Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: “Pace a voi!”» (Vangelo, Gv 20, 19.26).

Ciò che Gesù riporta di ritorno dalla morte, apparendo la sera stessa di Pasqua e otto giorni dopo, è la pace definitiva e compiuta. Nel Brano del Vangelo di oggi lo vediamo in tre scene. Anzitutto egli augura ai discepoli la pace che egli è. E la rende credibile mostrando le sue piaghe. Proprio la morte che gli uomini gli hanno procurato è il fondamento della pace (cioè la restaurata verità nei tre rapporti costitutivi: con Dio, con sé stessi e con gli altri).

Poi egli, alitando il suo Spirito su di loro, li autorizza ad offrire agli uomini la pace donata loro: «A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati» (Gv 20,23). Il dono di Gesù è essenzialmente per essere ridonato. Sul modello del perdono di Dio, anche quello della Chiesa deve attuarsi nella verità e non nell’incoscienza. La possibile “negazione” del perdono ha per scopo non la condanna, ma il cammino di preparazione per riceverlo. Infine, tutto questo deve compiersi nella fede. Non la pretesa di vedere (l’impossessarsi del dono) è il presupposto per ricevere la Sua pace, ma la fede: «beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!» (Gv 20,29).

 

  1. Due criteri decisivi

«Se sia giusto … obbedire a voi invece che a Dio giudicatelo voi. Noi non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato» (Lettura, At 4,19-20). Così Pietro rispose all’interrogatorio davanti al Sinedrio dopo che lui e a Giovanni erano stati fatti arrestare in seguito alla guarigione dello storpio. Le sue parole introducono due criteri di forza dirompente: l’obiezione di coscienza nei confronti dell’autorità umana, quando quest’ultima si contrappone al comando di Dio, e la forza della testimonianza di ciò che si è visto ed udito. Due criteri elementari, che i nostri fratelli cristiani perseguitati ci stanno insegnando e mostrando fino all’effusione del sangue.

 

  1. Il Risorto ci comunica la sua forza

Il Risorto ci fa partecipi della forza della sua risurrezione. Come? «perdonandoci tutte le colpe e annullando il documento scritto contro di noi, che con le prescrizioni, ci era contrario: lo ha tolto di mezzo inchiodandolo alla croce» (Epistola. Col 2, 13b-14).

Oggi la Chiesa celebra la Domenica della Divina Misericordia, istituita da San Giovanni Paolo II il 30 Aprile del 2000, durante le Solenne Celebrazione Eucaristica in occasione della Canonizzazione della Beata Suor Maria Faustina Kowalska.

Papa Francesco all’odierno Regina Coeli ne ha riproposto il significato: “Il Risorto si fa loro incontro e per prima cosa mostra le sue piaghe: erano i segni della sofferenza e del dolore, potevano suscitare sensi di colpa, eppure con Gesù diventano i canali della misericordia e del perdono. Così i discepoli vedono e toccano con mano che con Gesù la vita vince, sempre, la morte e il peccato sono sconfitti. E ricevono il dono del suo Spirito, che dà loro una vita nuova, da figli amati, impastata di gioia, amore e speranza” (Francesco, Regina Coeli, 7 aprile 2024).

 

  1. Indomabile volontà di bene

Gesù nelle ripetute apparizioni ai suoi dopo la risurrezione rende evidente ai loro occhi che il suo amore ha avuto il respiro più lungo dell’odio di cui era stato fatto oggetto e anche del male che neppure loro erano riusciti ad evitare. La maggior parte di loro infatti era vergognosamente fuggita e qualcuno l’aveva addirittura rinnegato: tutto questo è sprofondato nella pace che Egli offre loro. «O Dio, che ami l’innocenza e la ridoni» così abbiamo pregato All’inizio dell’Assemblea liturgica.

Questo è il nostro Dio, questa è la sua indomabile volontà di bene per ogni uomo. Alla nostra libertà è chiesto di riconoscerlo e farle spazio come infaticabili operatori di pace.