Il Patriarca ha presieduto sabato 21 novembre alle 10 la messa solenne della Festa della Madonna della Salute nella Basilica veneziana omonima gremita di fedeli.

Qui sono disponibili il video integrale e il testo dell’omelia.

 


1. Un amore esclusivo e definitivo

«Il terzo giorno vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù» (Vangelo, Gv 3, 1). Narrando i fatti l’evangelista teologo si sofferma anzitutto sul segno miracoloso avvenuto a Cana. Indica così a tutti noi, qui oggi convenuti per scogliere l’antico voto, che Gesù trasformando l’acqua in vino buono, ci dona la grazia della Nuova Alleanza. L’acqua delle giare è il segno della Legge dell’Antica Alleanza. Essa, benché data da Dio, non riempie di gioia fino a quando non è trasformata nel vino dell’amore oggettivo ed effettivo, che consiste nel dono totale di sé da parte di Gesù. Egli, offrendo in sacrificio la propria vita per noi, ci ha amato per primo e ci ama in ogni istante come se fosse l’ultimo istante. Gesù, l’Amore in persona, ama ogni uomo in modo esclusivo e definitivo. Per questo – come scrive un antico Padre d’Oriente – «Oggi possiamo tutti sederci al banchetto della Chiesa, poiché il vino è mutato nel sangue di Cristo e noi tutti ne assumiamo in santa letizia» .

Quale uomo, a qualunque etnia, religione o cultura appartenga, non sentirà il fascino di questo amore? Quale uomo, per quanto possa essere caduto in basso, non troverà sempre vicino a sé come il ladrone sul Golgota, la compagnia redentrice di questa vivida presenza amante? Il Crocifisso è un valore per tutti, per tutto l’universo mondo. Toglierlo dai luoghi pubblici in cui i nostri padri lo hanno posto è un impoverimento dell’umano in quanto tale. Significherebbe spegnere speranze, ottundere desideri. Ma, c’è un ma: il crocefisso può essere simbolo inclusivo di tutti solo se i cristiani, i Suoi, si giocano con Lui in prima persona dentro tutti gli ambiti dell’umana esistenza. Come Sua Madre, così delicata e decisa nel prendere, a Cana, iniziativa a beneficio degli ospiti del banchetto: «Venuto a mancare il vino, la Madre di Gesù gli disse: “Non hanno vino”» (Vangelo, Gv 2, 3).

I cristiani, seguaci del Crocifisso risorto, sono chiamati a testimoniare, pagando di persona, che il Crocifisso risorto è a favore di tutti i fratelli uomini, nessuno escluso.

2. La fede di Maria, il nostro affidamento

«Qualsiasi cosa vi dica, fatela» (Gv 2,5). A Cana la madre di Gesù si fida e si affida totalmente a suo Figlio. Prima di compiere il segno miracoloso, Egli le domanda la pienezza della fede: «“Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora”» (Vangelo, Gv 2, 4). Maria è invitata anzitutto a riconoscere come Dio Colui che ha generato come uomo. Si potrebbe anche dire che a muovere/commuovere Gesù non è il suo “diritto” di madre, ma la sua fede di discepola .

Anche il commento dell’evangelista Giovanni al fatto avvenuto non sottolinea tanto la straordinaria metamorfosi dell’acqua in vino, ma l’aver rafforzato la fede dei suoi: «E i suoi discepoli credettero in lui» (Vangelo, Gv 2,11). La fede dei Suoi, la nostra fede è ciò che sta a cuore a Gesù.

Noi oggi, come i nostri padri con commovente fedeltà da più di quattro secoli, siamo venuti in pellegrinaggio dalla Madonna della Salute mossi dalla speranza certa della Sua intercessione presso il Figlio. Deponiamo quindi ai suoi piedi ciò che più ci pesa sul cuore: le prove che riguardano la salute nostra e dei nostri cari, la perdita del lavoro – come non pensare alla dolorosa situazione dei lavoratori di Marghera? al lungo precariato di troppi giovani, alle difficoltà di molte famiglie a sbarcare il lunario? Per non dire del mancato impegno con la fame nel mondo, del perdurare di situazioni tragiche di guerra, delle fatiche quotidiane del povero e dello straniero, della ricerca , non priva di paure, di un’equilibrata legalità.

Soprattutto chiediamo alla Vergine che ci aiuti a domandare perdono dei nostri peccati promettendo di accostarci regolarmente al Sacramento della Confessione, gesto alto di libertà.

Vogliamo, come Lei, fidarci e ad affidarci. Imparare a fare qualsiasi cosa ci dica. Lo chiediamo per tutti ed in particolare per i sacerdoti cui Benedetto XVI ha voluto dedicare questo anno speciale, perché, sulla scia del Santo Curato d’Ars, anche noi sacerdoti impariamo ad amare in Cristo Gesù, con dedizione indefessa il nostro popolo.

3. Stare nella sua dimora

«Fisserò un luogo per Israele, mio popolo, e ve lo pianterò perché vi abiti e non tremi più e i malfattori non lo opprimano come in passato» (2Sam 7,10). Questo luogo è anzitutto il grembo della Vergine Madre, l’Ecclesia immacolata che oggi veneriamo Madonna della Salute in questa armoniosa basilica. Maria è il tempio vero del Signore, di cui il tempio di Gerusalemme è soltanto figura.

Per questo noi, oggi, chiediamo alla Madonna di portarci a Gesù, all’autore dell’amore, perché nulla di ciò che è costitutivo delle varie forme dell’amore che ogni giorno sperimentiamo vada perduto. Questo affidamento alla Vergine, tenero come quello di un bimbo in braccio a sua madre, coinvolge numeroso il popolo veneziano, e non solo, sia in questa basilica che in altre chiese di terraferma. È un affidamento che assume pertanto sia una valenza ecclesiale, sia una valenza civile.

La Visita Pastorale mi porta anzitutto ad invitare tutti i battezzati a riporre nelle mani della Vergine le nostre parrocchie e tutte le comunità ecclesiali perché, attraverso il dilatarsi della comunione eucaristica nella vita quotidiana, l’amore oggettivo ed effettivo che Gesù mette alla nostra portata venga continuamente ri-generato e guarito dalle ferite che da parte nostra gli vengono inferte.

Sulla scia della Prima Lettura, fatte le debite distinzioni, come non pensare alla nostra Venezia, ormai intesa come città policentrica, come dimora civile capace di autentica “filia”, di vita buona? Il cristiano è figlio di un Dio incarnato e non può non avere a cuore tutto l’umano. Egli rispetta il carattere tecnicamente plurale della nostra società e della nostra città. Ma è proprio questo rispetto che lo libera da ogni intento egemonico e lo dispone a concorrere al bene di tutti.

I mesi che ci attendono chiedono a tutti i cittadini di gareggiare per il bene di Venezia e della nostra regione.

Sono in atto nella nostra terra preziose iniziative che partono dal basso e rivelano il desiderio di vita buona dei cittadini e dei corpi intermedi che abitano la società civile. Manifestano le loro giuste aspirazioni ad un buon governo.

Amare Venezia ed il Veneto chiede una partecipazione personale e diretta che incomincia dal quotidiano di ciascuno di noi per estendersi gradualmente, secondo la legge della prossimità, alla famiglia, al quartiere, a tutti gli ambiti di vita. Di una rinnovata e forte consapevolezza civica ha bisogno la nostra città, il nostro territorio e tutto il Paese. Intessere relazioni buone a tutti i livelli. Far fare esperienza, soprattutto ai giovani, che per imparare il bene devono poter contare su rapporti veri animati da carità e giustizia. Questo è un dovere che incombe su ogni cittadino. Nessuna regola da sola lo può assicurare, solo l’iniziativa personale lo può garantire. Amare il tutto più della parte fa brillare il tutto nel frammento. Quanti poi sono scelti dal popolo sovrano dovranno a maggior ragione spogliarsi del “particulare” e “fare squadra” per edificare vita buona. Nessuna dialettica partitica o di gruppo in democrazia deve depotenziare il ruolo ed il peso delle autorità istituzionali, ma nessuno di quanti sono chiamati a guidare le Istituzioni può mettere l’interesse personale o della propria parte al di sopra del bene comune della civitas.

Lavoriamo insieme, sempre più insieme, accettando le legittime differenze come ricchezza perché assunte all’interno del grande valore pratico del vivere in comune!

Venezia per la sua speciale vocazione di città dell’umanità ha il compito di essere paradigma di vita civica. Con questa operosa consapevolezza, che deve mobilitare tutti i cittadini del comune e della regione, sta la possibilità di affrontare con successo il travaglio antropologico lagunare che stiamo attraversando.

In questa prospettiva la città lagunare non corre rischio di decadenza alcuna. Infatti il suo rinnovamento antropologico, i cui segni sono già visibili, non è primariamente una questione di numeri ma di soggetti vitali, personali e comunitari.

4. Partecipi della Sua gloria

«Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù» (Vangelo, Gv 2,11). Infatti il segno di Cana ha rivelato la divinità di Gesù, schiudendo ai suoi discepoli il significato dei prodigi da Lui operati: manifestare la Sua gloria. A questa gloria noi siamo destinati. Ce lo ha ricordato la Seconda Lettura: «… quelli che ha chiamato, li ha anche giustificati; quelli che ha giustificato, li ha anche glorificati» (Rm 8,30). La glorificazione, ultimo atto del piano salvifico di Dio, non è solo un traguardo, ma è già anticipata e garantita dalla risurrezione di Gesù Cristo. I misteri della vita di Maria, che già vive nel Suo corpo glorioso in seno alla Trinità, ne sono splendida conferma.

Anche a noi che viviamo in Cristo la vita eterna non è solo donata come meta finale, ma come centuplo quaggiù.

Con gratitudine ci affidiamo pertanto alla Madonna della Salute come cristiani e come cittadini. Amen.