Spunti per il cammino quaresimale

 

«Tu ami tutte le creature, Signore, e nulla disprezzi di ciò che hai creato; tu dimentichi i peccati di quanti si convertono e li perdoni, perché tu sei il Signore nostro Dio» (Sap 11,24-25.27)                                                

Questo è il punto di partenza per il cammino quaresimale: stare di fronte all’amore e alla stima (nulla disprezzi) che il Padre, in Cristo Signore, ha per ognuno di noi. Per «affrontare vittoriosamente il combattimento contro lo spirito del male» (Mercoledì delle Ceneri, Orazione di Colletta), infatti, bisogna essere certi che «tu dimentichi i peccati di quanti si convertono e li perdoni». Occorre la certezza del Suo amore misericordioso.

La conversione, ce lo siamo detti mille volte, è un volgersi a Lui. Come per il figliol prodigo è il cammino del ritorno a casa: «Or dunque ritornate a me con tutto il cuore» (Gl 2,12). Ma anche questo, prima che un’iniziativa nostra, è un’iniziativa Sua. Un ritornare che è piuttosto un lasciarsi trovare. “Non bisogna contarsela su. Noi sappiamo molto bene che cos’è la penitenza. Un penitente è un signore che non è molto fiero di se stesso. Che non è molto fiero di quello che ha fatto. Perché quello che ha fatto – occorre dirlo – è il peccato. Un penitente è un signore che ha onta di sé e del suo peccato. Che vorrebbe proprio seppellirsi. Soprattutto che vorrebbe proprio non averlo fatto. Mai. [Ma questo signore si sente raccontare la parabola della dracma perduta, della pecorella smarrita…] Che cos’è quella dracma che vale nove dracme lei da sola? È lui, qui, nessun’altro… È quella pecora, è questo peccatore, è questo penitente, è quest’anima che Dio, che Gesù riporta sulle spalle, abbandonando le altre, lasciandole in quel periodo da sole… Non solo questo penitente ne vale un altro, non solamente vale un giusto, che già sarebbe un po’ tirata… Ma lui ne vale novantanove, ne vale cento, vale tutto il gregge. Nel segreto del cuore. Nel segreto del cuore eterno. E allora, bambina mia, tu sai che lei era perita e che è stata ritrovata, che lei era morta e che è risuscitata” (da: C. Péguy, Il Mistero della carità di Giovanna d’Arco).

«Guardatevi dal praticare le vostre buone opere davanti agli uomini per essere da loro ammirati… Tu invece, quando preghi, entra nella tua camera e, chiusa la porta, prega il Padre tuo nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà» (Mt 6,1.6). La raccomandazione evangelica dell’invisibilità verso l’esterno della penitenza cristiana nulla toglie alla necessità del fare, ma piuttosto vuole toglierle ogni formalismo e moralismo e ricondurla, ad imitazione del Figlio, nel solo ambito che le è proprio: il rapporto amoroso col Padre.

«per mezzo nostro è Dio stesso che esorta. Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio» (2Cor 5,20). Lasciatevi riconciliare, cioè cedete al mio amore. La libertà si compie nell’adesione all’infinito. Esistenzialmente, dentro la concretezza del quotidiano, questa adesione si chiama obbedienza. Ad imitazione dell’Obbediente, Cristo Signore. L’obbedienza è il cuore della penitenza quaresimale, è la sorgente di ogni gesto penitenziale. Come ci ricorda Benedetto XVI nel Messaggio per la Quaresima del 2009: “Il vero digiuno è finalizzato a mangiare «il vero cibo che è fare la volontà del Padre».

Quando nell’86 feci il libro intervista con Von Balthasar intitolato Vagliate ogni cosa e trattenete ciò che è buono[1], gli posi una domanda sugli studi teologici nei Seminari di oggi. E lui mi rispose dandomi questo criterio. Disse: i ragazzi di oggi vogliono essere introdotti alla sana dottrina attraverso uno studio integrale e rispettoso della gerarchia dei misteri cristiani capace di dimostrare la loro fecondità nella vita. E c’è un criterio che prova questo: tutto ciò che studio devo poterlo portare nella preghiera. Ciò che non riesco a portare nella preghiera vuol dire che non è insegnato bene o non è assimilato bene.

C’è, allora, un nesso inscindibile tra la preghiera, il digiuno e le opere di carità, le tre armi che la Chiesa, nostra madre e maestra, ci ha sempre raccomandato per poter affrontare vittoriosamente il combattimento contro lo spirito del male.

Scrive san Pietro Crisologo: «Il digiuno è l’anima della preghiera e la misericordia la vita del digiuno, perciò chi prega digiuni. Chi digiuna abbia misericordia. Chi nel domandare desidera di essere esaudito, esaudisca chi gli rivolge domanda. Chi vuol trovare aperto verso di sé il cuore di Dio non chiuda il suo a chi lo supplica» (Sermo 43: PL 52, 320. 332)” (Benedetto XVI, Messaggio per la Quaresima, 3 febbraio 2009).

[1] H.H. Von Balthasar, Vagliate ogni cosa, trattenete ciò che è buono. Intervista di A. Scola, LUP, Roma 2002.


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