1. «Il popolo che camminava nelle tenebre…; coloro che abitavano in terra tenebrosa…» (Is 9,1). Queste parole del profeta Isaia ci riguardano. Procedere (addirittura abitare) nel buio è faticoso e stanca. Stanco e disfatto è il mondo scrive con acuto realismo Chesterton. Per questo siamo venuti qui in questa Notte Santa: più o meno consapevolmente, qui cerchiamo la luce perché, aggiunge Chesterton, «del mondo il desiderio è questo».

La luce è questo «bambino nato per noi» (Is 9,5). Nella stalla di Betlemme, come ora qui, come in ogni chiesa del mondo, migliaia di anni dopo la creazione, si alza il primo mattino del mondo. Con la nascita di Gesù rinasce per ogni uomo la virtù bambina della speranza. Natale è la sorgente inesauribile della ripresa (e Dio sa quanto questa parola sia oggi preziosa per ciascuno di noi).

2. «Tutti andavano a farsi censire, ciascuno nella propria città. Anche Giuseppe, dalla Galilea, dalla città di Nàzaret, salì in Giudea alla città di Davide chiamata Betlemme: egli apparteneva infatti alla casa e alla famiglia di Davide» (Lc 2,3-4). Nel resoconto puntiglioso del fatto che ha cambiato il senso della storia l’evangelista Luca annota un dato decisivo: l’appartenenza di Giuseppe alla casa e alla famiglia di Davide. Ne descrive l’origine. Oggi questo dato sembra irrilevante, perché si riduce la nascita al puro inizio (biologia). Essa invece, come genialmente sosteneva Giovanni Paolo II, è anzitutto origine (genealogia). Nella nascita di ognuno di noi l’inizio è iscritto in un’origine. Ognuno di noi è radicato nella storia della sua generazione. E non solo: l’origine ha un’ultima verticale dimensione: noi siamo creati da Dio. Oscurare questo dato significa spezzare la catena delle generazioni. L’emergenza educativa di cui oggi soffriamo ne è conseguenza.

3. «Maria… diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio» (Lc 2,7). Quello di San Luca non è un racconto idilliaco, ma adombra una riflessione profonda sul senso di questa nascita. Nelle sue parole c’è già un rimando al mistero della Passione e dell’Eucaristia.

I Padri della Chiesa arrivavano a dire: «Dio si è abbreviato» fino a rendersi «visibile agli occhi, palpabile alle mani, portabile sulle spalle». Dio «ha dato se stesso per noi» (Tt 2,14), si è svuotato. Gesù non ha solo imparato l’aramaico, come tutti i bambini della sua terra; Gesù ha voluto imparare la lingua della creatura per farsi riconoscere.

4. Questa è la buona notizia del Natale: Dio si rende familiare e noi possiamo riconoscerLo. E se Lo riconosciamo tutta la nostra vita cambia.

L’umiltà del Dio Bambino, nella cultura di oggi, nella cultura del travaglio, diventa una domanda di semplicità. Tutti percepiamo di avere bisogno di semplificare la nostra vita. Urge una semplificazione che va dal superamento di un consumismo malaugurante al superamento di stili affettivi complicati, ambigui, spesso menzogneri, che fanno soffrire l’altro trasformando la bellezza dell’amore in strumentalizzazione. Non fanno vivere un amore che libera, ma ci spingono verso un amore che lega l’altro.

5. Il vero amore, la carità, ha un orizzonte di 360 gradi, che si estende dalla doverosa condivisione con coloro che sono nell’indigenza (e il cui numero è in continua, preoccupante crescita) fino alla passione per l’edificazione del bene comune. Instancabile nel far prevalere sempre le ragioni della philìa (amicizia civica) su quelle del conflitto anche nell’ambito dell’impegno politico diretto.

«La Sua natività purificò la nostra/La Sua vita ammaestrò la nostra/La Sua morte distrusse la morte nostra”(San Bernardo, Sententiae). Gesù bambino, al di là dei nostri meriti, realizza il desiderio più profondo del nostro cuore. In questa notte santa lasciamoci accendere dalle parole dell’Adeste fideles: «sic nos amantem quis non redamaret?» Chi potrà non riamare Colui che ci ama così pienamente? Buon Natale.

 

«His nativity purified ours/ His life taught our life/ His death destroyed our death» (St. Bernard, Sententiae). Baby Jesus, beyond our merits, realizes the deepest desire of our heart. Happy Christmas!

«Sa naissance purifia la nôtre / Sa vie forma la nôtre / Sa mort détruisit notre mort» (Saint Bernard, Sententiae). L’enfant Jésus réalise le désir le plus profond de notre cœur au-delà de nos mérites. Joyeux Noël!

«Su nacimiento purificó el nuestro. Su vida amaestró la nuestra. Su muerte, destruyó nuestra muerte» (San Bernardo, Sententiae). El Niño Jesús, más allá de nuestros méritos, cumple el deseo profundo de nuestro corazón. ¡Feliz Navidad!

«Seine Geburt reinigte die unsere / Sein Leben belehrte das unsere / Sein Tod vernichtete unseren Tod» (St. Bernhard, Sententiae). Unabhängig von unseren Verdiensten realisiert das Jesuskind den tiefsten Wunsch unseres Herzens. Frohe Weihnachten !