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DUE NUOVI DIACONI – Domenica 24 ottobre nel pomeriggio nella Basilica Patriarcale di S. Marco il Patriarca ha ordinato diaconi due giovani, Lorenzo de Lazzari e Valentino Cagnin. Qui è disponibile il testo integrale della sua omelia:

Carissimi Lorenzo e Valentino,

la Basilica Cattedrale vi accoglie nei Secondi Vesperi di questa domenica con la presenza speciale di presbiteri e membri del popolo di Dio, tra cui spicca la Comunità del Seminario guidata dal Rettore, oltre alle parrocchie di provenienza, quelle con cui avete collaborato in questi anni, quella di San Lorenzo, nonché la Comunità pastorale del Lido – ed in modo speciale la parrocchia di Sant’Ignazio – cui siete stati inviati per esercitare un anno di ministero diaconale.

Con il Vescovo Ausiliare e con il capitolo della Cattedrale il Patriarca saluta tutti di vero cuore, in particolare i familiari. 

1. Fra poco, tramite l’imposizione delle mani da parte del Patriarca, riceverete l’ordine del diaconato. «Fortificati dal dono dello Spirito Santo» sarete «di aiuto al vescovo e al suo presbiterio nel ministero della parola, dell’altare e della carità» mettendovi «al servizio di tutti i fratelli» (Rito dell’Ordinazione dei diaconi). Un passaggio decisivo del Rito sarà quello della consegna del Vangelo. Affidandovelo il Patriarca pronuncerà le seguenti preziose parole: «Ricevi il Vangelo di Cristo del quale sei divenuto l’annunziatore: credi sempre ciò che proclami, insegna ciò che hai appreso nella fede, vivi ciò che insegni». Questa formula, a ben vedere, concentra in sé non solo il valore di questo duplice prezioso gesto sacramentale, ma offre la direzione al cammino della vostra vita, tesa al ministero sacerdotale nella Chiesa di Venezia. Cerchiamo di approfondirla un poco, tutti insieme, con l’aiuto delle Letture appena proclamate.

Visita a Belgrado

VISITA A BELGRADO – Nel contesto della visita, che in questi giorni il Patriarca sta svolgendo alla Chiesa cattolica e al Patriarcato ortodosso di Belgrado, martedì 19 ottobre il card. Angelo Scola ha presieduto, nella Chiesa di San Pietro, la Santa Messa in onore della Beata Maria Vergine Immagine e Madre della Chiesa  .

Viene proposto qui di seguito il testo dell’omelia pronunciata dal Patriarca:

1. Maria è la prima dimora di Dio, è lei la sposa dell’Apocalisse, immagine e primizia della Ecclesia immaculata.

La visione della Gerusalemme nuova che scende dal cielo sulla terra (cfr Ap 21,2) ci offre certamente uno squarcio di Paradiso. Ma il Paradiso, con l’incarnazione morte e resurrezione del Signore Gesù scende sulla terra, inizia nel qui e ora della Chiesa.

La Chiesa è il rendersi visibile di questo eterno con di Dio con l’uomo. «Egli abiterà con loro ed essi saranno suoi popoli ed egli sarà il Dio con loro» (Ap 21,3). Le nostre comunità ecclesiale devono lasciar trasparire questa compagnia di Dio ad ogni nostro fratello uomo. Come? Attraverso la testimonianza capace di autentico dialogo. 

Visita a Belgrado

VISITA A BELGRADO – Nel contesto della visita, che in questi giorni il Patriarca sta svolgendo alla Chiesa cattolica e al Patriarcato ortodosso di Belgrado, domenica 17 ottobre è stata celebrata la Santa Messa, presieduta dal card. Angelo Scola, nella Cattedrale della Beata Vergine Maria Assunta.

Viene proposto qui di seguito il testo dell’omelia pronunciata dal Patriarca:

1. Al centro della liturgia di questa domenica è il tema della fede, la relazione buona tra Dio e l’uomo da cui discendono relazioni buone dell’uomo con se stesso e con gli altri.

«Domani io starò ritto sulla cima del colle, con in mano il bastone di Dio» (Es 17,9). Israele è in guerra con gli Amaleciti. Il bastone di Dio indica che Mosè convoca, in un certo senso, alla guerra il Signore. «Quando Mosè alzava le mani, Israele prevaleva» (Es 17,11). Il risultato non è visto tanto come una vittoria militare, ma come un avvenimento di salvezza, perché la vittoria è data da Dio. Mosè non è uno stratega, ma un intercessore e un testimone di Dio.

2. L’atteggiamento della vedova che, per avere giustizia, non si stanca di importunare il giudice disonesto ci interroga profondamente. Quando qualcosa ci sta veramente a cuore, non ci facciamo scrupolo di diventare importuni. Perché non facciamo così con Dio? È la domanda di Gesù.

Mandato agli Evangelizzatori e ai Catechisti

IL MANDATO DEL PATRIARCA –  In data 25 settembre  nella Basilica di S. Marco a Venezia il Patriarca ha conferito il Mandato a tutti coloro che svolgono, nei diversi ambiti della comunità cristiana, un compito di educazione e formazione alla fede nei riguardi dei bambini e dei ragazzi, dei giovani e degli adulti. 

Viene qui di seguito pubblicato il testo dell’omelia pronunciata dal Patriarca:

1. «Lo circondò, lo allevò, lo custodì come la pupilla del suo occhio» (Dt 32,10). Questo versetto della Prima Lettura, da subito, carissimi/e, spalanca il nostro cuore al significato profondo di questo gesto decisivo per la vita della Chiesa veneziana. Ancora una volta siamo convenuti, nella splendida Basilica di San Marco da ogni parte della Diocesi, per ricevere dalle mani del vescovo il mandato di attuare, in varie forme, il compito educativo a favore di uomini e donne in tutte le stagioni della loro esistenza.

«Al cuore dell’educazione sta la dimensione generativa umana, che è genesi e legame, relazione e riconoscimento, trasmissione e tradizione, responsabilità e fedeltà, interessamento e cura» (da: La sfida educativa  a cura del Progetto culturale CEI, Laterza 2009, p 12).

Si educa sempre e solo dentro una relazione. Il brano dell’odierno Vangelo di Luca, su cui siete stati invitati a riflettere con strumenti appropriati per prepararvi a questo gesto, ci presenta nella figura del padre buono il paradigma di ogni rapporto educativo. Conviene identificarne subito la cifra essenziale: se si è chiamati ad essere educatori allora si è chiamati non solo ad essere maestri, ma ad essere padri. 

Festa della Madonna dell'Angelo

FESTA DELLA MADONNA DELL’ANGELO – La cittadina di Caorle era tutta straordinariamente in festa domenica 12 settembre. La grande Festa della Madonna dell’Angelo, che cade ogni 5 anni, è stata ieri eccezionale: tutte le case addobbate a festa, l’immagine di Maria ovunque, le barche e i pescherecci colorati da festoni bianchi e azzurri e una folla festosa per le strette vie della località.

Nella mattina migliaia di persone da ogni dove hanno partecipato alla celebrazione della Santa Messa presieduta dal Patriarca in Piazza Vescovado alla presenza delle autorità cittadine e militari e di numerosi cittadini ed ospiti; nel pomeriggio si sono tenuti il canto dei vespri ed infine la processione via terra e via mare con l’arrivo in Sacheta della statua mariana, dove il Patriarca ha benedetto la città di Caorle e l’ha affidata alla Madonna dell’Angelo.

Viene qui di seguito pubblicato il testo dell’omelia del Patriarca:

1. Misericordia, vertice della comunicazione tra Dio e l’uomo

Anche chi non vive la fede in Cristo si porta dentro questo desiderio indistruttibile di salvezza e di redenzione. Anch’esso è parte della grammatica della lingua in cui Dio e l’uomo comunicano. L’esperienza della misericordia piena, il Crocifisso glorioso, costituisce, per così dire, il vertice dell’esperienza che ogni uomo può fare. Infatti, proprio in forza dell’essere perdonato l’uomo non si vede costretto all’auto-giustificazione attraverso la negazione del male compiuto: il male è tale e nulla può giustificarlo. Eppure, il peccato, la cui potenza distruttiva non sfugge a nessuno, non è più l’ultima parola sull’uomo se lo si riconosce e se ne domanda il perdono. L’uomo non è ultimamente definito dall’evidenza disperante del suo male, ma dal suo desiderio di salvezza.

Visita pastorale alla parrocchia di San Simeon

MARIA – Viene riproposto il testo dell’omelia pronunciata dal Patriarca durante la celebrazione della Santa messa votiva del Cuore Immacolato di Maria il 6 marzo scorso nel contesto della visita pastorale. In tale occasione il Patriarca ha assistito pontificalmente alla S. Messa in rito romano antico, presieduta da don Konrad zu Loewenstein della Fraternità sacerdotale di S. Pietro nella chiesa di S. Simon Piccolo.

SANTA MESSA VOTIVA DEL CUORE IMMACOLATO DI MARIA CON COMMEMORAZIONE DELLE SANTE PERPETUA E FELICITA (Siracide 24,17-22; Gv 19,25-27) SECONDO IL RITO STRAORDINARIO IN OCCASIONE DELLA VISITA PASTORALE DI S. EM. REV.MA CARD. ANGELO SCOLA, PATRIARCA DI VENEZIA

1. «Io sono la madre del bell’amore» (Sir 24, 18). In questo modo l’Epistola ci dice che il cuore della Madre è il cuore umano che più partecipa della “perfezione” dell’amore del Figlio Crocifisso. Ne è documento lo Stabat mater cui fa riferimento il Santo Evangelo. Commenta il Proto-patriarca San Lorenzo Giustiniani: «Il cuore della Vergine fu lo specchio della passione di Cristo. Perciò tutti i colpi, tutte le ferite, tutti i dolori del figlio furono rappresentati, riprodotti, rivissuti nel cuore della madre» (De agone cristiano, e. II).

Al Cuore immacolato della Madre di Cristo e madre nostra noi vogliamo immedesimarci in questa azione eucaristica.

2. Essa si svolge nel contesto della Visita Pastorale ormai giunta al suo sesto anno. Il Patriarca ed i suoi collaboratori sostano oggi nella Parrocchia di San Simeone Profeta. Col desiderio ardente di rinnovare la vita del popolo santo di Dio attraverso la Sacra liturgia, l’educazione al pensiero di Cristo, al dono gratuito di sé perché proponga il fascino del seguire Gesù Cristo a tutti i fratelli uomini in ogni ambito dell’umana esistenza, la Visita Pastorale attraversa tutte le realtà ecclesiali del Patriarcato, vicariato dopo vicariato, parrocchia dopo parrocchia. Non poteva quindi mancare l’incontro con voi che celebrate in questa chiesa dei Santi Simone e Giuda, sita nel territorio della parrocchia di San Simeone profeta, il Santo Sacrificio della Messa secondo la forma straordinaria dell’unico rito romano. In conformità al Motu proprio Summorum pontificum promulgato dal Santo Padre Benedetto XVI il Patriarcato di Venezia e la Fraternità sacerdotale di San Pietro hanno firmato una Convenzione. Mediante essa il Cappellano, Padre Konrad, è inserito nella Chiesa diocesana, sotto l’autorità del Patriarca ed in comunione con lui (Convenzione, 14 settembre 2007, art. 3).

SACERDOZIO – Viene riproposto il testo integrale dell’omelia pronunciata dal Patriarca nella S. Messa “Chrismatis” celebrata nella Basilica di San Marco a Venezia il primo aprile scorso (giovedì santo). La Santa Messa del Crisma ha visto la partecipazione dei sacerdoti della diocesi (i quali hanno rinnovato pubblicamente le promesse fatte nel giorno della loro ordinazione) e di numerosi fedeli. Durante la celebrazione gli olii santi (l’Olio dei Catecumeni, degli Infermi e del Sacro Crisma) sono stati benedetti.

1. «A Colui che ci ama e ci ha liberati dai nostri peccati con il suo sangue, che ha fatto di noi un regno di sacerdoti per il suo Dio e Padre, a lui la gloria e la potenza nei secoli dei secoli. Amen» (Seconda Lettura). Il versetto dell’Apocalisse ci aiuta a comprendere che l’azione eucaristica è un’eco fedele della liturgia celeste, in cui ogni istante è denso di adorazione e di lode alla Trinità. Una lode che nasce dalla gratitudine, piena di stupore, di fronte all’amore di Dio, il cui nome nella storia è Gesù Cristo. Questa, infatti, è l’origine permanente della nostra vita: il primato dell’amore. L’amore di Colui che ci ha liberati dai nostri peccati con il Suo sangue sempre ci precede: Deus prior dilexit nos. L’icastica formula di San Giovanni dice l’essenza stessa del cristianesimo. Tutto il resto consegue da qui.

Far memoria di questo dato originario è decisivo per cogliere la natura profonda di quest’Anno Sacerdotale che stiamo celebrando, e che il Santo Padre ha proposto a tutti noi come un’occasione privilegiata per riconoscere la santità come orizzonte proprio del nostro sacerdozio.

Il regno di sacerdoti per Dio Padre è il popolo santo di Dio preso nel suo insieme. Santo perché Suo, fatto di uomini che appartengono a Colui che è l’unico Santo. Santo perché redento e santificato. Così l’offerta quotidiana delle nostre persone, la vita vissuta come sacrificio gradito a Dio, il nostro essere membri di un popolo sacerdotale, nasce in ogni istante dal nostro essere santificati, cioè, dall’amore del Redentore che previene ed accompagna ogni nostra azione.

FESTA DELL’ASSUNZIONE – Viene pubblicato qui di seguito il testo dell’omelia pronunciata dal Patriarca il 15 agosto in occasione della Solennità dell’Assunzione di Maria:

Ap 11,19a;12,1-6a.10ab – 1Cor 15,20-27a – Lc 1, 39-56

1. La solennità di oggi riempie i cristiani, e potenzialmente tutti gli uomini, di una speranza affidabile. Essa rappresenta infatti la più evidente garanzia che il desiderio del nostro “io” di vivere in maniera definitiva la sua propria realizzazione, di durare per sempre si è, in Maria, effettivamente attuato.

Come ci ha ricordato l’Orazione di Colletta, facendo riferimento alla Bolla di proclamazione della solennità dell’Assunzione di Maria Vergine in cielo di Pio XII: «Dio onnipotente ed eterno ha innalzato alla gloria del cielo in corpo e anima l’immacolata Vergine Maria, madre di Cristo tuo Figlio».

Facendo riferimento alla Preghiera eucaristica del giorno di Pasqua possiamo identificare questa condizione definitiva in cui la Madonna versa con la seguente affermazione: come Gesù Suo figlio Maria è ora nel seno della Trinità col suo vero corpo.

È molto difficile per noi comprendere quale sia la configurazione di questo vero corpo. È impossibile poterlo fare senza passare attraverso l’esperienza della nostra morte. Fisica. E tuttavia la nostra fede ci offre questa speranza certa, questa speranza affidabile: noi non saremo lasciati cadere nel nulla. Ed è molto significativo che alla solennità di oggi la santa Chiesa applichi il grande canto del Magnificat, dove la custodia definitiva e totale da parte di Dio onnipotente nei confronti di questa giovane donna è garantita per lei e per tutta la sua discendenza e per tutto il popolo di Israele.

MARIA – Viene riproposto qui di seguito il testo dell’omelia pronunciata dal Patriarca nel giorno della Festa dell’Assunzione di Maria. La solenne liturgia è stata celebrata nella basilica (già cattedrale) S. Maria Assunta di Torcello il 15 agosto scorso come momento religioso culminante delle celebrazioni per il Millennio della basilica stessa.

Ap 11,19;12,1-6.10; Sal 44; 1Cor 15, 20-26; Lc 1, 39-56

1. In Lei Dio ha «fatto risplendere un segno di consolazione e di sicura speranza» (Prefazio). Da questa millenaria Basilica di Torcello l’efficace affermazione del Prefazio della Solennità della Beata Vergine Maria Assunta in cielo diventi per tutti un cordiale augurio. Saluto in particolare la comunità di Torcello e quelle delle vicine Isole, le Autorità civili, militari, del Comune, della Provincia e della Regione. Saluto inoltre quanti sono collegati per radio e televisione.

Consolazione e sicura speranza: quale uomo, anche oggi, non sente la tenera forza di questa promessa? Perché Maria ci consola? Perché milioni di uomini in tutto il mondo guardano in questa giornata a Lei come a una inesauribile sorgente di speranza? La ragione ce l’ha data San Paolo nella Seconda Lettura: perché «Cristo è risorto dai morti, primizia di coloro che sono morti» (Seconda Lettura, 1Cor 15,20). Egli vive ora col suo vero corpo nel mistero della Trinità. Del potente avvenimento della risurrezione corporale Egli ha fatto partecipe Sua madre. E non solo, ma, in prospettiva, anche noi. «L’Assunzione della Santa Vergine non rappresenta solo una singolare partecipazione alla risurrezione del Suo Figlio, ma una anticipazione della risurrezione degli altri cristiani» (cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica 996). È questa, fratelli, la solida base su cui si fonda la nostra speranza.

Dall’affidamento d’amore reciproco tra il Figlio Gesù e Sua Madre Maria scaturisce un prezioso scambio di doni. In una celebre Omelia sull’Assunzione di Germano patriarca di Costantinopoli (733+), Gesù si rivolge alla madre con queste parole: «Affidami il tuo corpo; anch’io diedi in custodia la mia divinità al tuo grembo… La morte non avrà nulla da gloriarsi su di Te perché tu hai portato nel tuo grembo la Vita. Sei stata il mio recipiente; nessuna cosa lo spezzerà, nessuna caligine ti porterà nel buio» (Hom. in Assumpt. N. 1824-1826).