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È qui disponibile l’intervento che il card. Scola ha letto durante le giornate di formazione della Fondazione per la Sussidiarietà del Network Fondazioni – Associazioni, incentrate sul tema “Crisi: occasione per un nuovo welfare”.

1. Un cambio di paradigma

Anche ad un profano dell’economia e delle sue implicazioni socio-politiche non mancano informazioni sufficienti per affermare che, a partire dalla prima metà degli anni Novanta, tutti i sistemi di welfare europei hanno dovuto confrontarsi con la trasformazione, profonda e a volte tumultuosa, dei rispettivi contesti sociali. Ciò è avvenuto sotto la spinta di fenomeni complessi, di natura esogena (legati alla dinamica di globalizzazione economica e sociale, all’emergere dei problemi connessi al “meticciato di civiltà”) o endogena (legati soprattutto all’invecchiamento della popolazione e alla modificazione dei sistemi occupazionali).

sacconiRiportiamo il commento di Maurizio Sacconi, Ministro del  Welfare, pubblicato da Il Gazzettino domenica 26 luglio, al Discorso del Redentore pronunciato dal card. Scola:

“Il Patriarca di Venezia ha opportunamente voluto dedicare la sua omelia in occasione della Festa del Redentore al senso e al valore della vita. Si tratta di temi che impegnano anche i decisori istituzionali chiamati a nuove responsabilità dalle crescenti evoluzioni della scienza e dai conseguenti interrogativi posti dal rapporto tra essa e l’etica.
La prima, semplice osservazione del Cardinale è quella decisiva, che va al cuore dell’esperienza cristiana: non esiste una teoria adeguata a spiegare il mistero del dolore.

roccellaLa sofferenza, il dolore dell’uomo e l’opera del Redentore: in merito ai temi affrontati dal Patriarca Scola nel discorso del Redentore, riportiamo qui il pensiero di Eugenia Roccella, Sottesegretario di Stato al Lavoro, alla Salute e alle Politiche sociali, pubblicato da Il Gazzettino del 27/07/2009.

“L’esperienza del dolore è sempre stata la più misteriosa e contraddittoria della condizione umana, il muro contro cui si sono infrante tutte le spiegazioni razionali, e tutti i tentativi di affermare l’orgogliosa autosufficienza dell’individuo. Non c’è un’etica laica in grado di dare senso al dolore, non c’è che il grido disperato contro il Dio che è morto, o la rassegnazione all’assoluta casualità dell’essere qui, confortata al massimo da una consapevolezza dignitosa e sommessamente eroica. Oggi anche questa consapevolezza leopardiana tende ad affievolirsi, e prevale la volontà di scansare il problema: sempre giovani, in buona salute, attivi e disposti al consumo, speranzosi nelle infinte possibilità della tecnoscienza, allontaniamo il pensiero della morte e affidiamo il dolore, anche quello interiore, ai farmaci. Solo la Croce è rimasta a ricordare a tutti che l’uomo è impastato di sofferenza, solo il simbolo del divino è rimasto a testimoniare i limiti dell’umano.

gian luigi gigliContinuano le reazione del mondo intellettuale e scientifico attorno al Discorso del redentore pronunciato dal card. Scola. Proponiamo un articolo scritto da Gian Luigi Gigli, professore di Neurologia nell’Università di Udine, e pubblicato da Il Gazzettino il 25/07/2009.

“Il Discorso del Redentore, pronunciato dal Patriarca di Venezia domenica scorsa, nell’annuale ricorrenza della liberazione della città lagunare dalla peste del 1576, muove da alcuni eventi che nel 2009 hanno lacerato la “spessa coltre di distrazione e di evasione con cui sovente attutiamo l’urto della realtà”. Non si è trattato solo della crisi economica, delle guerre lontane o dei fenomeni migratori, ma di eventi entrati prepotentemente nelle case degli italiani. Tragedie come il terremoto in Abruzzo e la strage di Viareggio o vicende laceranti, come quella di Eluana Englaro, “ci hanno costretto a guardare in faccia la realtà del dolore e della sofferenza”.

Il dolore dell’uomo e l’opera del Redentore: riportiamo qui il commento al Discorso del card. Scola di don Corrado Cannizzaro, insegnante di teologia e Bioetica allo Studium Generale Marcianum.

“I frequenti richiami a numerosi autori e il saldo aggancio alla concretezza dei grandi temi bioeticiattuali (fine vita, cure palliative…) che troviamo nel Discorso del Redentore 2009 del card. Scola, lasciano intravedere alcuni pilastri che ne costituiscono l’ossatura portante. Quali sono? Ne abbiamo ravvisato almeno due, più una fondamentale indicazione di metodo.
Il primo pilastro è costituito dall’attenzione alla persona sofferente considerata in tutta la sua complessità. «Salute e malattia riguardano sempre tutto l’io» afferma il card. Scola, e più oltre chiarisce che «benessere e dolore non sono separabili… da una domanda di senso». Così, a partire dalla lancinante richiesta di significato, emerge in tutta la sua prepotenza la questione antropologica.

giuliano ferraraLa sofferenza, il dolore dell’uomo e l’opera del Redentore: in merito ai temi affrontati dal Patriarca Scola nel discorso del Redentore, riportiamo qui il pensiero di Giuliano ferrara, direttore de Il Foglio.

(testo non rivisto dall’autore)

“Il tema del dolore, della sofferenza, non sono nuovi; tutto il Novecento è stato caratterizzato dalla riflessione su questi temi. Penso alla “Montagna incantata”, di Thomas Mann, pubblicato nel 1924: si svolge in un sanatorio, un luogo di sofferenza. Qui si comprende cosa sia la concezione integrale della persona umana, grazie allo scontro tra il giovane Hans Castorp, il protagonista che in questo sanatorio cerca il significato della propria vita e Lodovico Settembrini, un vecchio massone italiano pieno di ideali repubblicani e laici, che è intento a scrivere una sorta di enciclopedia della sofferenza per giungere alla sua eliminazione.

livia turcoIl dolore dell’uomo e l’opera del Redentore: riportiamo qui il commento al Discorso del card. Scola di Livia Turco, ex ministro della Salute e ora componente alla commissione affari sociali alla Camera.

(testo non rivisto dall’autore)

“Ho letto con grande interesse questo testo molto impegnativo del card. Scola, e mi ha colpito molto la riflessione sulla dimensione umana del dolore e sulla sofferenza, e sulla capacità di saper cogliere la sapienza che c’è nella sofferenza; vi ho colto lo sforzo di lettura della dimensione umana della sofferenza in un duplice aspetto: da un alto c’è la necessità di volerla capire, come pezzo della propria storia personale a cui dare senso. L’altro aspetto che colgo è come vivere con dignità la sofferenza, la sofferenza è parte della vita e dunque in quanto tale va vissuta con dignità.