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1. Paideia e società post-moderna

Un’efficace osservazione di Jacques Maritain può aiutarci a precisare il titolo, assai ampio, di questa prolusione. Nel suo ancor attuale volume Per una filosofia dell’educazione il celebre pensatore francese afferma: «La cosa più importante nell’educazione non è un “affare” di educazione, e ancora meno di insegnamento…». Infatti: «L’esperienza, che è un frutto incomunicabile della sofferenza e della memoria, e attraverso la quale si compie la formazione dell’uomo, non può essere insegnata in nessuna scuola e in nessun corso»[1].

Viene introdotta ex-abrupto come categoria portante del processo educativo la complessa nozione di esperienza. Cominciamo allora col dire che la scelta del termine paideia intende far riferimento a questo appassionante paradosso educativo nella sua articolata unità. Insegnamento ed educazione hanno bisogno di coinvolgimento reciproco di vita, di esperienza in senso pieno e tuttavia questa esperienza non può essere insegnata in nessuna scuola e in nessun corso.

Lunedì 19 ottobre in mattinata il card. Scola è intervenuto al Sixth International Conference on the Inspiration of Astronomical Phenomena, che si tiene a Venezia presso l’Istituto Veneto di Scienze Lettere e Arti per celebrare il 400° anniversario del primo uso astronomico del telescopio di Galileo.

Qui è disponibile il breve indirizzo di saluto del Patriarca che ha poi letto il messaggio inviato ai congressisti da Papa Benedetto XVI.

Il Patriarca Scola è intervenuto a Lublino, in Polonia, invitato dall’Istituto Giovanni Paolo II a tenere una lezione nell’ambito di un ciclo di conferenze su Eros e Agape, in occasione del XXXI anniversario dell’elezione di  Karol Wojtyla al soglio di San Pietro.

È qui disponibile il testo dell’intervento.

1. Originalità e centralità della riflessione sull’amore nel ministero di Giovanni Paolo II

La centralità del tema dell’amore umano nella riflessione e nell’insegnamento di Giovanni Paolo è ampiamente dimostrata non soltanto dalla sterminata produzione di Karol Wojtyla prima e di Giovanni Paolo II poi su tale argomento, ma anche dal fatto che esso occupa un rilievo del tutto particolare in tutta l’estensione e poliedricità dei suoi scritti, dalle opere filosofiche e poetiche a quelle teologico-pastorali, fino all’insegnamento magisteriale nelle sue varie forme.

La recente pubblicazione, in Italia, di tre suoi saggi giovanili inediti sul tema – due lo sono per il lettore italiano , uno è un inedito assoluto –, getta, se mai ve ne fosse bisogno, ulteriore luce sulla qualità e l’ampiezza di questa produzione.

Oltre 1500 delegati di tutte le realtà della Chiesa veneziana si sono riuniti domenica 11 ottobre nel pomeriggio nella Basilica di San Marco per la seconda Assemblea ecclesiale diocesana. Il programma è stato molto intenso e articolato in momenti diversi di ascolto, testimonianza, preghiera e teatro (vedi post precedente).

Qui è possibile vedere il video e leggere l’intervento del Patriarca Angelo Scola.

«ANDARONO DUNQUE E VIDERO DOVE EGLI DIMORAVA» (GV 1, 39)

IL VALORE DELLA TESTIMONIANZA

1. Testimonianza: una parola chiave

«E io ho visto e ho testimoniato che questi è il Figlio Dio» (Gv 1, 34). Di che cosa il Battista è testimone? Di fronte a chi non accetta o addirittura nega che Gesù è Dio («Era nel mondo e il mondo è stato fatto attraverso di lui; eppure il mondo non lo ha riconosciuto. Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto», Gv 1, 10-11) il Battista testimonia pubblicamente le cose come stanno [«io ho visto»], la verità.

Riportiamo l’intervista che il settimanale Gente Veneta ha realizzato al Patriarca Scola in vista dell’Assemblea Ecclesiale.

Nessun obiettivo particolare: solo un’occasione per incontrare altri “parenti” in Cristo. Come se un capofamiglia invitasse i suoi cari a trascorrere del tempo insieme. Per raccontarsi, in questo caso, come alcune esperienze vissute hanno toccato singole persone e comunità, a partire dal loro rapporto con Cristo. Ecco cosa vuole essere la seconda Assemblea ecclesiale, che verrà vissuta nel pomeriggio di domenica 11 ottobre nella Cattedrale di S. Marco: lo spiega il Patriarca, che indossando le vesti del “capofamiglia”, appunto, ha voluto riunire attorno a sé i 1200 rappresentanti di parrocchie, associazioni, gruppi ecclesiali e comunità religiose che parteciperanno all’evento.

Eminenza, ha chiesto alle comunità veneziane di produrre una testimonianza su “qualche particolare dono ricevuto”, nel corso della Visita in atto, che “possa dare gloria al Signore” e “infondere energia di fede e sostanza di comunione”. E se dovesse lei dare una testimonianza di come la Visita l’ha cambiata in questi cinque anni?

Mi ha cambiato e mi cambia in ogni singolo incontro, soprattutto perché mi educa continuamente ad avere uno sguardo semplice su me stesso, sugli altri, sulla realtà. E’ il contatto ravvicinato con la fede del nostro popolo che fa scaturire questo sguardo, quello spirito di fanciullo di cui parla il Vangelo.