MESTRE – Martedì 23 febbario il Patriarca si è recato presso l’ospedale Villa Salus di Mestre della Congregazione delle Suore Mantellate di Pistoia, per benedire un macchinario di ultima generazione che realizza accuratissimi esami Tac.
In tale circostanza, alla presenza delle religiose, del personale medico e sanitario, il Patriarca ha tenuto un breve intervento che qui si riporta.
“Nei profani come me, di fronte a una tale invenzione e un tal connubio tra scienza e tecnologia così avanzato e efficace, scatta la meraviglia.
È molto significativo che l’attenzione ad adeguare un’istituzione sanitaria come Villa Salus venga da una congregazione religiosa che, partendo da una cura integrale dell’uomo legata alla carità, ha intuito e continua a intuire la necessità che tutte le risorse della tecnoscienza siano messe a disposizione di tale cura integrale.
È impressionante come la stessa scienza vada verso uno sguardo olistico, sempre più “intero” sul paziente: siamo passati da una fase in cui l’arte medica aveva bisogno di sezionare, di frammentare, e quasi rischiava di non aver più come interlocutore la persona ma la malattia, relegando il paziente dietro la malattia, ad una fase in cui il compito di tenere conto dell’unità dell’io nasce dall’interno della diagnostica stessa. Macchine come questa per la Tac aiutano a lavorare con questa prospettiva intera, consentono un accesso all’unità che prima non era consentito.
Questo allo stesso tempo ci mette di fronte alla forte ambivalenza di ogni tecnologia: non basta l’interezza o olismo tecnologico per curare l’uomo. Bisogna inserire tale vantaggio tecnologico nell’interezza di una relazione di cura integrale, in cui la dimensione spirituale, la dimensione della carità, l’attenzione alla domanda di salvezza che sta dietro la domanda di salute del paziente, siano prese in considerazione con serietà.
L’alternativa è la deriva verso un certo delirio di onnipotenza. Non basta un tipo di sguardo “tecnico”, in sé e per sé, per venire incontro al bisogno dell’uomo. È necessario inserire questa dimensione – pur così decisiva – in uno sguardo totalizzante che va da a persona a persona e fonda la relazione di cura su un amore appassionato per il destino dell’altro.
In questa istituzione ospedaliera, dove avviene il connubio tra questo avanzamento di qualità della tecnoscienza e l’approfondirsi del senso della terapia come arte, la presenza del Patriarca è espressione di un’intensa vicinanza e affermazione della necessità che la nostra società plurale sia una società di effettive libertà realizzate, nella quale realmente l’iniziativa che nasce dal basso, soprattutto nel campo dell’educazione e della sanità, sia realmente favorita da chi ha il compito e il dovere del buon governo, perché una vita buona personale e comunitaria sia effettivamente garantita.
Il mio auspicio è che la natura plurale della nostra società spinga sempre di più le istituzioni statuali a valorizzare l’espressione dal basso della società civile.
Non ci sia una riduzione del “pubblico” allo “statale”, ma tutto ciò che svolge un’effettiva azione a servizio del pubblico sia riconosciuto come “pubblico”, indipendentemente dall’istituzione che lo gestisce”.