VENEZIA – In data 2 aprile, venerdì santo, nella Basilica di San Marco a Venezia si è svolta la Processione e Venerazione delle Sante Reliquie della Passione.
Viene pubblicata di seguito la meditazione del Patriarca
«Tu mi guardi dalla croce/questa sera mio Signor,/ed intanto la tua voce/mi sussurra: “Dammi il cuor”».
Lo sguardo del Redentore ci rivolge dalla Croce, con la melodia di Mozart, questo singolare invito: «Dammi il cuor». Cioè, dammi tutto te stesso. Cos’è, infatti, il cuore, se non il centro del mio io? Il luogo del bisogno-desiderio che mi costituisce, destato in ogni istante dalla realtà che lo urge ad un continuo coinvolgimento? Il cuore è l’autentica molla di ogni mio atto di libertà. Il sussurro del Volto crocifisso (la tua voce mi sussurra) ci sorprende questa sera in venerazione di queste antiche e sante reliquie della Passione.
Ma un crocifisso non è uno sconfitto? Come può rivolgermi una richiesta così ardita?
Tanto più che il mio cuore, come quello di ogni uomo, è attraversato dall’insopprimibile inquietudine di cui parla Sant’Agostino. Ed è provato dalla complessità contraddittoria del contesto socio-culturale in cui oggi siamo chiamati ad affrontare il talora faticoso “mestiere di vivere”? Un Crocifisso si rivolge ad un cuore inquieto… non è l’incontro di due problemi, la somma di due negativi? Cosa può mai venirne di buono?
Eppure, per quanto possa essere alienato dal proprio cuore – cioè dal centro del proprio io – l’uomo deve sempre fare i conti con la domanda delle domande che, come l’erba selvaggia a primavera sbuca anche dal più fitto cumulo di detriti. È genialmente espressa dal poeta Leopardi nel Canto notturno del pastore errante dell’Asia: «Ed io che sono?» (v. 89).
Perché allora non accettare l’invito amoroso che da duemila anni irresistibile promana da quell’Uomo singolare che si è lasciato drizzare sul palo ignominioso della croce. Da duemila anni schiere di uomini, ma soprattutto intere generazioni dei nostri padri, hanno risposto positivamente al sussurro dell’Uomo della croce.
Qual è la strada per riconoscere e vedere Gesù? «Per vedere Gesù occorre lasciarsi guardare da Lui». Siamo così introdotti nel capovolgimento che la fede cristiana ha portato in questo mondo: non più la nostra ricerca del volto di Dio, ma il Suo sguardo sul nostro volto! «Tu mi guardi dalla croce, questa sera mio Signor».
Lasciarsi guardare da Gesù: ecco la strada perché la sete del nostro cuore venga saziata, perché il desiderio che ci costituisce sia compiuto. E così nel Volto di Gesù che ci guarda prende forma il nostro volto. Ogni uomo, infatti, prende forma dallo sguardo di quell’Uomo su di lui, che chiama la sua libertà – vocazione – a coinvolgersi con Lui.
Il Volto del Crocifisso è il Volto di Colui che si è fatto carico di tutto il male degli uomini. Di tutto il peccato. L’ha preso su di Sé. Del mio male, del mio peccato. Del tuo male, del tuo peccato. Del nostro male, del nostro peccato. Del male di tutti, del peccato di tutti. Per questo nel Suo volto è inscritto il volto di ogni uomo che soffre. È il volto di Colui che si è lasciato trattare da peccato pur non conoscendo il peccato perché noi, i miseri, diventassimo «giustizia di Dio» (2Cor 2,21).
«Madre afflitta, tristi giorni ho trascorso nell’error». Questa sera noi stiamo, come Sua Madre, sotto la croce. «Stabat Mater dolorosa, iuxta crucem lacrimosa, dum pendebat Filius»: da secoli il popolo cristiano sosta con queste parole ai piedi della croce redentrice. Stiamo sotto il Suo sguardo e, come la Madre, ne beviamo le ultime parole.
Se «questa sera Tu mi guardi dalla croce, mio Signore», se «la Tua voce mi sussurra: “Dammi il cuor”», cosa è per me più ragionevole: resisterTi o abbandonarmi?