«Eppure – scriveva il Beato Giovanni Paolo II – esiste qualcosa che può essere chiamato esperienza comune ad ogni uomo». Affetti, lavoro e riposo ne sono gli elementi costitutivi. Si può anche dire: «La famiglia, il lavoro e la festa»

di Angelo Scola

Nel villaggio totale che oggi è il mondo le distanze, grazie ai prodigi di internet e alla globalizzazione economica, sono azzerate. Inoltre, sulla spinta del miraggio di un benessere spesso più sognato che reale, non solo nelle grandi città ma anche nei piccoli centri di provincia si diffonde in misura esponenziale il processo del meticciato di civiltà, creando scenari inediti per la vita di ciascuno di noi. E molti davanti a essi indietreggiano scettici e impauriti: «Dove andremo a finire?». Da parte mia io continuo a scommettere sul fatto che questo processo possa costituire un’occasione di incontro più che di scontro. E la fede mi dà due buone ragioni, semplici ma inaffondabili, per sostenere questa convinzione. Primo. I fili che muovono la storia non sono nelle mani di un caso maligno o capriccioso, ma in quelle sicure di un Padre (i teologi lo chiamano «disegno di Dio»). Per questo possiamo guardare anche alle inedite trasformazioni in atto con attesa/speranza e non con ostilità. Secondo. Tutti gli uomini sono figli dello stesso Padre che ha impresso in ognuno, a lettere di fuoco, i tratti del suo Volto trinitario. Perciò se, da una parte, ogni diversità non è ostacolo ma risorsa, dall’altra c’è un nucleo incandescente e irriducibile comune a ogni uomo. Non sono ingenuo. So bene che in ogni epoca della storia ogni uomo e tutta la famiglia umana devono fare i conti con il Maligno e con il male. Ma so anche che la vittoria è nelle mani del Crocifisso risorto.

(Da Angelo Scola,  “Famiglia, risorsa decisiva” Padova, Edizioni Messaggero, 2012)