Continua, anche nel mese di settembre, la collaborazione del cardinale Angelo Scola, con il «Messaggero di sant’Antonio». Ogni mese si rivolge ai lettori della rivista parlando di vita buona, riallacciandosi all’omonimo libro-intervista con il giornalista Aldo Cazzullo.

La verità del matrimonio proposta con umiltà e convinzione, e testimoniata nella vita, appare come una forma esigente e insostituibile di amore.

Angelo Scola

Lo stato di salute del matrimonio in Italia desta non poche preoccupazioni. Il linguaggio delle statistiche è crudo e impietoso: si parla di oltre ottantamila separazioni e oltre cinquantamila divorzi già nel 2009, con un marcato incremento negli ultimi cinque anni.

Anche da noi, come in tutte le società occidentali, il matrimonio nella sua fisionomia originaria è duramente messo alla prova. Segnato da ferite brucianti e profonde che a volte sembrano insanabili. «All’inizio però non fu così» (Mt 19,8). è innegabile che la famiglia sia l’ambito imprescindibile dove viene «covato» l’umano.

Nelle relazioni che vi si stabiliscono ognuno è riconosciuto come persona. Sarà capitato anche a voi di assistere allo spettacolo commovente di un bimbo che, al sorriso della mamma, si illumina tutto e tenta di rispondervi. Un messaggio inequivocabile passa in quel sorriso: «è bene che tu sia, è bello che tu sia». Una promessa di bene che lo spalanca fiducioso al futuro e al compito che sarà chiamato a svolgere. Non ci si può però illudere che questa esperienza, di per sé naturale, sia garantita dal rischio di impoverimento. Nessuna famiglia ne è immune: in tutte vive una certa quota di mancanza di fiducia, di ingiustizia e di prevaricazione. Il rischio è tanto più marcato e diffuso in una società come la nostra, confusa sui «fondamentali» e malata di individualismo. Ne abbiamo già parlato. Gli effetti del malessere di cui oggi soffre la famiglia sono sempre sotto i riflettori dei mass-media. E a volte (non sempre in buona fede) vengono amplificati.
 
A pagare maggiormente le ferite laceranti della famiglia sono i figli. Gli studi più seri ci dicono che l’ostacolo maggiore al formarsi armonico della loro identità, ancor più che nel tasso di conflittualità a cui sono esposti nel processo di separazione dei genitori, sta nel crollo della loro certezza fondamentale: un figlio esiste in virtù dell’unione dei suoi genitori. E non riesce ad adattarsi all’idea che possa venir meno. Qual è allora la strada per affermare la necessità della famiglia? Ve la indico, ispirandomi al titolo dell’ultima enciclica di Benedetto XVI, con la formula «carità nella verità». La verità del matrimonio proposta con umiltà e convinzione e testimoniata nella vita appare come una forma esigente e insostituibile di amore. Il criterio con cui giudicare e affrontare qualunque fatica e contraddizione di una storia coniugale, anche la più drammatica o rivoltante, diventa allora l’amore autentico. La verità del matrimonio è data da un amore effettivo, non solo affettivo. La lettera agli Efesini ci aiuta a comprenderlo parlandoci dell’amore di Cristo sposo per la Chiesa sua sposa, di cui il sacramento del matrimonio è segno efficace. In esso gli sposi mendicano da Colui che solo è in grado di donarla a pieno la capacità di amare l’altro/a per quello che è, fino al perdono. Cioè un dono di sé in cui – come dice l’etimo della parola – è stato inserito un moltiplicatore all’ennesima potenza. Per capire l’insegnamento della Chiesa su separazione e divorzio bisogna partire da qui.
 
La separazione, che è sempre una sconfitta, in alcuni casi può essere vista come l’estrema ratio del perdono. Essa continua a riconoscere al vincolo matrimoniale tutto il suo peso e lo rispetta fino in fondo, accettando con dolore l’impraticabilità della convivenza tra i coniugi, senza mai escludere la possibilità della riconciliazione. I figli, in questo caso, vengono aiutati a comprendere che fatica e debolezza non sono più forti dell’unione del papà e della mamma da cui hanno ricevuto la vita. Diverso è il divorzio: esso nega, di fatto, la capacità degli sposi di restare uniti per sempre. Non è per un giudizio sulle singole persone che diciamo questo; il Figlio di Dio non è venuto per condannare, ma per salvare. E la sua Chiesa vuole soltanto difendere e promuovere il bell’amore.

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