In occasione della XXIX festa diocesana della Famiglia il Patriarca pone l’accento sulla Testimonianza di vita delle coppie. 

Scola tra la gente

1. «Caddi a terra e sentii una voce che mi diceva: “Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?” Risposi: “Chi sei o Signore?” Mi disse: “Io sono Gesù il Nazareno, che tu perseguiti”» (At 22,7-8). Il Disegno della Provvidenza ci consente, in questo anno paolino, di celebrare la Festa della Conversione di San Paolo. Una coincidenza felice per riflettere sulla nostra bella Festa della famiglia. Essa è carica ormai di storia, ma si caratterizza per l’azione eucaristica presente, nella quale rinnoveremo la nostra confessione di fede e, all’interno di essa, voi rinnoverete le promesse sponsali. Benedetto XVI ci aiuta a cogliere il senso di questo bel gesto: «San Paolo è stato trasformato non da un pensiero ma da un evento, dalla presenza irresistibile del Risorto, della quale mai potrà in seguito dubitare tanto era stata forte l’evidenza dell’evento di questo incontro» (Benedetto XVI, Udienza generale 3 settembre 2008). La vocazione al matrimonio cristiano, in cui l’appartenenza a Cristo Signore stabilita dal Battesimo ha preso in voi matura consapevolezza, ha per ciascuno di voi un’evidenza simile a quella della conversione di Paolo. Attraverso il mistero grande, esaltante e drammatico, dell’unità indissolubile tra le vostre persone, la presenza irresistibile del Risorto vi si è fatta incontro, fino a diventarvi familiare. E sta trasformando progressivamente la vostra esistenza.

 

2. In che modo l’avvenimento del vostro matrimonio che ha dato vita alle vostre famiglie assicura il necessario, continuo cammino di conversione? Lo abbiamo sentito nella Seconda Lettura: «Fratelli: il tempo si è fatto breve; d’ora innanzi, quelli che hanno moglie, vivano come se non l’avessero; quelli che piangono, come se non piangessero; quelli che gioiscono, come se non gioissero; quelli che comprano, come se non possedessero» (1Cor 7,29-30). Il come se non, questa incalzante affermazione con cui Paolo scandisce per ben cinque volte le indicazioni autorevoli che dà ai cristiani di Corinto, non è per segnare una distanza stoica dalle esperienze più umane (l’amore, la gioia e il dolore …), ma per mostrare la prospettiva con cui viverle. E la prospettiva è il Bene ultimo che scaturisce dalla sequela di Cristo vero Dio, Colui che solo è Buono. Da qui nasce la passione al destino dell’altro che ha il volto del Padre, in cui ogni persona e cosa consistono e a cui sono incamminati.

Se pensiamo alla Santa Famiglia, su cui ogni famiglia cristiana è chiamata a modellarsi, questo amore totalmente gratuito, capace di affermare in tutto e prima di tutto il bene e il destino dell’altro, è la sostanza del rapporto quotidiano. Un possesso con un distacco dentro l’abbiamo definito più volte, sintetizzando con questa formula il bell’amore che è simile nella verginità e nell’indissolubilità per il Regno. Il possesso nel distacco accomuna, sia pure in modalità diverse, entrambi gli stati di vita del cristiano. È questa grande saggezza cristiana a cui il Manzoni attinge, quando per bocca di Fra’ Cristoforo raccomanda ai due sposi finalmente ritrovati: «Amatevi come compagni di viaggio, con questo pensiero di dovervi un giorno lasciare, e con la speranza di ritrovarvi per sempre» (I promessi sposi, cap. XXXVI). La consegna della Bibbia a taluni di voi sarà il sigillo di questo impegno quotidiano per la verità vocazionale di ogni membro delle vostre famiglie: genitori, figli, nonne, nonni e anche bisnonni.

 

3. Dell’incontro con Cristo Signore nel sacramento del matrimonio e della trasformazione che ha generato in voi siete, come Paolo, testimoni («gli sarai testimone davanti a tutti gli uomini delle cose che hai visto e udito» – At 22,15). La Chiesa ha oggi più che mai bisogno di questa vostra fondamentale testimonianza. È questa che vi rende soggetto privilegiato a cui tutta la nostra Chiesa diocesana deve guardare perché, come vi dicevo gli anni scorsi, “Dove c’è l’amore, è necessario testimoniare come vivere di Cristo”. Le forme di tale testimonianza sono libere e prendono il volto di ciascuna delle vostre famiglie, delle mille iniziative che dalla vostra libertà possono nascere. Alcune hanno già una fisionomia ed una storia consolidata: penso ad esempio alla splendida opera della Casa Famiglia S. Pio X. Ad essa dobbiamo guardare come ad un paradigma della fecondità dell’amore nuziale che, quando è autenticamente missionario, fa concretamente della famiglia una Chiesa domestica.

 

4. «Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato» (Mc 16,16). La fede è la via maestra alla santità, cioè – come ci siamo ripetuti mille volte – alla piena riuscita della nostra vita. È quindi il bene più prezioso di cui avere cura ciascuno per sé e nel rapporto tra gli sposi e con i figli. Perché tale bene sia custodito ed accresciuto la nostra Chiesa vi offre una serie di aiuti e strumenti. Sono pertanto molto lieto che i responsabili della Pastorale degli sposi e della famiglia abbiano invitato tutte le nostre parrocchie a favorire ambiti anche informali di comunione tra sposi. Essi daranno poi vita ad un Gruppo diocesano sposi che non vuol essere un’associazione in più ma una comunione di persone che, vivendo appieno la vocazione matrimoniale e familiare, si fanno collaboratori di quella rigenerazione della comunità cristiana cui è tesa la Visita Pastorale.

In particolare rinnovo con forza l’invito a che nessuna famiglia, soprattutto nelle prove più dolorose, venga lasciata sola, ma tutte possano trovare l’abbraccio di famiglie amiche, in cui sia praticata quella “carità medicinale” che, nella pazienza di un tempo accompagnato e condiviso, può sanare anche le ferite più brucianti.

Affidiamo tutte le famiglie del nostro Patriarcato, e tutti i giovani che si preparano al matrimonio, alla intercessione potente della Vergine Nicopeia che non cessa di vegliare sulla nostra Chiesa. Amen.