“Voi sarete testimoni di tutto ciò” è il tema della settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, che a Venezia  ha visto venerdì 22 gennaio in San Marco, alle ore 18.30, la preghiera ecumenica alla presenza del card. Scola.

Ecco il testo della riflessione pronunciata dal Patriarca.

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Noi questa sera come i due di Emmaus: siamo chiamati a seguire Gesù ormai entrato nella dimensione definitiva. Non più legato al tempo e allo spazio. Immedesimiamoci con Cleopa ed il suo compagno di viaggio.

1. «Alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; si sono recate al mattino alla tomba e, non avendo trovato il suo corpo, sono venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo. Alcuni dei nostri sono andati alla tomba e hanno trovato come avevano detto le donne, ma lui non l’hanno visto» (Lc 24,22-24).

I due di Emmaus raccontano, come testimoni, allo sconosciuto che si accompagna al loro cammino «ciò che è accaduto in questi giorni» (Lc 24, 18). Bisogna sempre partire dalla realtà. Per aderire al reale bisogna coinvolgersi con le circostanze e con le persone di cui il reale è costituito. «Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro» (Lc 24,15). Dice Agostino: «Veritas est vir qui adest». È Lui il testimone degno di fede (Ap. 1, 15). È l’Amen, testimone fedele e veritiero: Ap 3, 14.

Sempre il testimone depone pubblicamente a favore della verità dei fatti. «Voi sarete testimoni di tutto ciò» (Lc 24, 48). Questo è l’acme di tutto il capitolo 24 del Vangelo di Luca e l’impegno di questa Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani.

2.«Noi speravamo… ma son già passati tre giorni» (Lc 24, 21)». I due se ne vanno tristi da Gerusalemme. È il movimento contrario a quello di Gesù che, «camminando davanti a tutti» (Lc 19,28) salì invece a Gerusalemme. È l’opposto della sequela. Tuttavia la nostra durezza a credere non è ultimamente obiezione, perché Gesù Risorto, verità vivente e personale («Io sono la via, la verità e la vita», Gv 14,6), riprende l’iniziativa coi due come con noi: «Disse loro: “Stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti! Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?”. E, cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui» (Lc 24,25-27).

E «quando fu a tavola con loro prese il pane… lo diede loro… Allora si aprirono i loro occhi e lo riconobbero» (Lc 24,30-31). Come per i due di Emmaus pure noi cristiani di oggi, anche in vista della nostra unione, mendichiamo l’iniziativa dello Spirito del Risorto.

3. Ritorniamo un passo indietro nell’immedesimazione al testo biblico. «Essi insistettero: “Resta con noi, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto”. Egli entrò per rimanere con loro» (Lc 24,29). Questo passaggio del Vangelo di Luca richiama quello dell’inizio del Vangelo di Giovanni: «“Maestro dove dimori?” “Venite e vedrete”. Andarono e videro dove egli dimorava e quel giorno rimasero con lui» (Gv 1,38-39). La strada alla verità è relazione, rapporto, comunione con Gesù e, in Lui, con i fratelli. Questo essere in comunione ha un ritmo preciso: andare, vedere, dimorare, comunicare. È il ritmo della testimonianza.

La testimonianza è il metodo primario di conoscenza (il bimbo si inoltra nella realtà attraverso la testimonianza d’amore dei genitori), terreno su cui fiorisce ogni altra forma di conoscenza e di comunicazione della verità. Non una conoscenza astratta, separata, ma che implica tutto l’io, immettendolo in una relazione buona. È una conoscenza tutta carica di affezione: «Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via?» (Lc 24,32).

Di questo elementare metodo di conoscenza, la testimonianza, noi cristiani, la nostra unione ha bisogno come dell’aria che respiriamo.

4. «Partirono senza indugio» (Lc 24,33). La verità mette in moto, urge alla comunicazione. La testimonianza non è soprattutto un dovere, ma l’urgenza che sgorga dall’amore. Agostino: «Prima veniva chiesto l’amore e poi imposto l’onere, perché dove maggiore è l’amore, minore è il peso della fatica».

La radice di questo nostro gesto di umile preghiera fu oltre cento anni fa l’urgenza missionaria di fratelli di confessioni protestanti.

Cristiani di diverse confessioni, appassionati all’unione, noi stasera ringraziamo il Signore per il cammino di dialogo franco di amicizia che si realizza ormai da anni qui a Venezia. Con realistico atteggiamento di confessione siamo addolorati per quanto ancora ostacola l’unione. Ma siamo pieni di speranza perché viviamo insieme l’urgenza di essere testimoni del Risorto presso ogni nostro fratello uomo.

Così ci ha fatto dire la Preghiera iniziale: «Dio della vita, manifestandosi ai suoi discepoli quale Risorto tuo Figlio Gesù li ha liberati dalla paura costituendoli testimoni della sua vittoria: concedi alla tua Chiesa, nel corso della storia di restare fedele alla loro testimonianza…». Questa è ora la nostra supplica. Amen