Il discorso pronunciato il 16 Luglio 2006 si intitola: “Educare nella società in transizione”.
(Per la versione integrale del testo selezionare l’apposita sezione “Discorsi del Redentore”)
1. «Perché chiunque crede in Lui non muoia, ma abbia la vita eterna» (Gv 3, 15)
Per questo Dio ha mandato Suo Figlio nel mondo. Per questa stessa ragione ogni anno, dal 1577, il popolo veneziano onora il Crocifisso Risorto, riversandosi in questo tempio o almeno partecipando alla festa del Redentore secondo modalità che, per quanto secolarizzate, restano ultimamente riferite a Gesù. Tutti noi, credenti in Cristo, diversamente credenti, dubbiosi, agnostici o sedicenti atei, aneliamo – come dice il Vangelo – a non morire, vogliamo la vita eterna. E nessuno è indifferente all’annuncio evangelico che Gesù Cristo ha realizzato questa aspirazione profonda di ogni uomo.
2. «Non per giudicare il mondo» (Gv 3, 17)
Il Padre ha mandato Suo Figlio nel mondo non per «giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di Lui» (Gv 3, 17). Queste parole riempiono di consolazione. Non certo perché promettano un comodo colpo di spugna fondato sull’immagine di un Dio incapace di comporre misericordia e giustizia. Dio non è uno che, a nostra misura, fa pendere, di volta in volta, la bilancia dall’una o dall’altra parte. Sappiamo che con Lui non si scherza. La nostra consolazione ha radici ben più solide. Sta tutta nel potere umile del Redentore che, come ci ha ricordato la Lettera ai Romani, «è morto per noi». (…)
3. «Avrò cura» (Ez 34, 11)
L’azione del Redentore è descritta nella stupenda anticipazione profetica di Ezechiele (Ez 34, 11-16), che con rapidi tratti delinea la figura del Buon Pastore. (…)
Cosa caratterizza questo stile di esercizio della potestas che anche oggi la Chiesa coltiva con tanta attenzione? Attraverso l’azione pastorale dei sacerdoti, dei religiosi, delle religiose, di tanti laici, si coinvolge ogni giorno con il Buon Pastore nella solerte attenzione a tutto il popolo e ad ogni suo membro. Ezechiele lo concentra in una lapidaria, ma profonda espressione attribuita al Buon Pastore stesso: «avrò cura» (Ez 34, 11). È la cura lo stile del pastore. La cura di chi ama senza risparmiarsi, di chi si china sulla «pecora grassa e forte», ma ancor di più sulla «perduta, sulla smarrita, sulla ferita, sulla malata» (Ez 34, 16). E lo fa «con giustizia» (Ez 34, 16). Il Crocifisso Risorto salva il mondo perché compie la giustizia nella misericordia. (…)
4. Educazione e progresso
(…)L’educazione è manifestazione primaria e fondamentale di quella cura che, anche quest’anno, il nostro Redentore ci testimonia. Nel 40° anniversario della morte di don Milani risuona forte l’I care della celebre Lettera a una professoressa che significa non solo prendersi cura, ma anche farsi carico di e quindi sentirsi responsabile del bene dell’altro.
Anche questa ricorrenza è un invito a chinarci su questo tema decisivo per il presente e per il futuro. Senza educazione infatti non c’è progresso. Progresso viene da pro-gredior, “corro avanti”. Può esserci progresso perché non mi reputo già arrivato. Se non mi aspettassi nulla di nuovo, se ritenessi di essere arrivato, non avrei più bisogno di correre in avanti, di progredire. Ma per progredire, per innovare è necessario educare. In ogni settore dell’umana intrapresa oggi si richiede innovazione e giustamente se ne identificano i fattori portanti. Una cosa è certa: non ci sarà innovazione se l’educazione non sarà rimessa al centro dell’interesse e delle preoccupazioni delle persone, delle famiglie, dei corpi intermedi, di tutta la società civile e quindi dello Stato stesso. A maggior ragione per la transizione in atto nel Nordest dove, come abbiamo avuto modo di ricordare qualche anno fa, il modello di sviluppo è chiamato a diventare modello di civiltà. (…)
5. Educare: relazione consapevole della persona con la realtà
Sarebbe illusorio parlare di educazione senza chiamare espressamente in causa tre categorie fondamentali: persona, realtà, libertà. Poiché è manifestazione sublime di cura, forma piena di “governo”, l’educazione nasce e vive di rapporti interpersonali. Non vi è cura senza farsi carico di tutta la persona. E la persona, a differenza del semplice individuo, mette in campo la relazione. Relazione con gli altri secondo una gerarchia di prossimità che, iniziando dai genitori, si dilata alla famiglia, ai vicini, alla scuola, all’università, al variegato mondo del lavoro. Relazione poi con le “cose” ed il cosmo, con le “circostanze” e la storia.
L’educazione è, in sintesi, la capacità di mettere consapevolmente in relazione la persona con la realtà. (…)
6. Libertà di educazione, misura della democrazia
(…)La libertà di educazione misura la natura autenticamente democratica e popolare di una società. Di conseguenza giudica anche la capacità dello Stato di svolgere la sua funzione di promotore e garante di una società civile in cui le persone e tutti i corpi intermedi – anzitutto i genitori e le famiglie – in piena libertà possano esercitare, tra gli altri, il diritto fondamentale primario di istruzione e di insegnamento. Ma quest’ultimo resterebbe velleitario se non fosse accompagnato dal diritto di costituire delle associazioni e di intraprendere delle attività sociali, culturali ed economiche.
7. Il “mito” della scuola unica
Se guardiamo ora alla situazione italiana, senza isolarla dal contesto generale (soprattutto europeo) e dai problemi provocati dai molteplici, rapidi e spesso dolorosi processi di transizione in atto, che dire del nostro sistema scolastico ed universitario?(…)
Mi sembra tuttavia onesto riconoscere che la scuola e l’università italiane devono ancora compiere un lungo cammino di trasformazione per garantire veramente il diritto alla piena libertà di educazione.
È anzitutto necessario superare un fattore di blocco che dal punto di vista del principio – al di là quindi dei problemi strutturali e di quelli contingenti che non sono di competenza del Patriarca – impedisce l’attuazione di una piena libertà di educazione nelle scuole di ogni ordine e grado e nelle università del nostro Paese. Lo esprimo con una felice formula coniata dall’americano Charles Glenn: l’ostacolo principale per un cambiamento innovatore del nostro sistema educativo è il mito della scuola unica. Questo modello, al di là degli indubbi meriti storici, persiste oggi oltre ogni ragionevolezza. Infatti in una società frammentata e plurale come quella attuale esso è radicalmente inefficace.
8. Ragioni storiche
(…)La scuola indipendente, di qualunque matrice culturale, è stata ed è sostanzialmente sopportata quando non guardata con sospetto come potenziale fattore di divisione. Il massimo che le è stato consentito – la parità – come dice la parola stessa, la relega ad essere sostanzialmente una copia, più o meno riuscita, della scuola unica di Stato. E solo nel 2000 – con la Legge 62 che istituisce il sistema scolastico nazionale composto di scuole statali autonome e di scuole paritarie – si riconosce, almeno sulla carta, il ruolo pubblico della scuola non statale. A ben vedere, con l’introduzione della “autonomia” non avrebbe più alcun senso operare distinzioni legate al tipo di gestione. La validità di una scuola autonoma non dipende dall’essere statale o indipendente, ma dal suo progetto educativo. (…)
9. Un diverso compito per lo Stato in campo educativo: dalla gestione al governo
Quale via percorrere? Non v’è altra strada che quella del coraggio di applicare fino in fondo anche al campo dell’educazione il principio delle libertà realizzate sempre più invocato in tutti i settori delle democrazie laiche e plurali odierne. (…) Lo Stato deve rinunciare in linea di massima a farsi attore propositivo diretto di progetti scolastici ed universitari per lasciare questo compito alla società civile. Deve impegnarsi invece a garantire, attraverso opportune forme di accreditamento, le condizioni oggettive di rispetto della Costituzione, soprattutto l’equità nel diritto all’accesso e alla riuscita e la qualità delle proposte formulate. Lo Stato deve passare dalla gestione al puro governo del sistema scolastico-universitario. (…)
10. Neutralità scolastica ed egemonia
Eliminare il blocco della scuola unica consentirà di superare due difetti che hanno segnato la nostra storia e segnano il nostro presente nel delicato campo educativo.
Mi riferisco da una parte ad una concezione equivoca della neutralità scolastica, spesso colpevole, dall’altra, di aver trasformato scuole ed università in terreno di lotta per l’egemonia. Si sostiene che la scuola può essere laica solo se neutra, cioè indifferente a tutte le “diversità”, ivi comprese quelle etniche, culturali e religiose, destinate a crescere esponenzialmente con la massiccia presenza di studenti di origine straniera.
(…)In secondo luogo la scuola neutra e laica attuata come scuola unica di Stato ha condotto alla pratica di un’egemonia che contraddice in se stessa l’attuazione delle libertà in una società veramente plurale. Infatti trasforma la scuola de iure pubblica in una scuola de facto privata perché progettata, gestita e governata da gruppi egemoni. Non interessa in questa sede chi abbia esercitato tale egemonia.
11. I sostanziali vantaggi di un sistema scolastico libero
Lasciarci alle spalle il modello della scuola unica per scegliere fino in fondo la strada dell’attuazione del pieno diritto alla libertà di educazione riconosciuta ai soggetti che ne sono detentori – in primis ai genitori e alle famiglie – presenta invece innegabili vantaggi. Mi limito ad elencarli.
Anzitutto può mettere in moto la forza pedagogica creativa della pluralità dei corpi intermedi che già normalmente agiscono e si confrontano nel paese.
In secondo luogo può finalmente consentire una autonomia scolastica non formale ma che si eserciti sulle materie, sui programmi, e ancor più sulla cura dei soggetti che, come abbiamo detto, è il fondamento di ogni educazione.
In terzo luogo può raccogliere la sfida di elaborare, con molta maggior efficacia, una cultura di sintesi, capace di esaltare tutte le diversità. Una simile scuola potrà meglio inserirsi nel processo di “meticciato” di civiltà per orientarlo positivamente.
In quarto luogo permette una sana emulazione e confronto tra scuole, all’interno delle condizioni minime fissate e controllate dallo Stato, per eliminare le situazioni carenti, migliorare la qualità del sistema, fare un uso adeguato delle risorse economiche e realizzare l’eccellenza.
In quinto luogo accelera l’inevitabile processo di integrazione con altri sistemi scolastici europei e non solo, eliminando definitivamente l’anomalia per cui l’Italia è stata fino al 2000 il solo paese, con la Grecia, a identificare scuola pubblica con scuola di stato. (…)
12. Il soggetto del sapere: unità pedagogica, pluralità di istituzioni
Una piena libertà di educazione, poggiata su un sistema effettivamente plurale, è esigita anche dalla molteplicità e complessità delle discipline in cui versa oggi l’oggetto dei saperi che scuola ed università sono chiamate ad elaborare e a comunicare. Questo stato di cose orienta alla formulazione di un “patto educativo” fra famiglia, scuola e i diversi soggetti sociali, culturali ed imprenditoriali perché contribuiscano a liberi progetti educativi. L’educazione infatti è l’esito di una rete di relazioni tra soggetti educanti. È anzitutto un fatto “corale”, non una funzione specialistica. (…)
13. Un’autentica partnership societaria e culturale per Venezia
(…)La tradizione culturale della nostra città può fregiarsi dell’esistenza di un antica e solida rete di istituzioni culturali che contribuiscono a fare di Venezia una delle capitali dell’umanità. (…)
Come è possibile che una migliore interazione di tutte queste realtà con scuole ed università dia forma ad un processo di qualificazione culturale del tessuto quotidiano della nostra città? (…)
È necessario pensare ed attuare insieme iniziative che aiutino tutti questi soggetti a realizzare una dimensione culturale stabile. I sociologi parlano di partnership societaria, cioè di una collaborazione tra istituzioni, soggetti di terzo settore e imprese responsabili socialmente finalizzata a condividere progetti che arrechino benefici alla comunità cittadina, facendo leva su relazioni e scambi improntati alla sussidiarietà.
14. Chiese del Nordest, Scuola ed Università
La Chiesa che è in Venezia intende interagire con questo processo storico che vede l’educazione al centro dell’interesse personale e sociale.(…)
L’iniziativa dello Studium Generale Marcianum, il polo pedagogico-accademico del Patriarcato, vuol essere uno strumento offerto a tutti i fedeli e a tutti gli uomini di buona volontà per lo specifico compito di libera educazione radicata nell’esperienza del popolo. Per questa ragione le iniziative del Marcianum riguardano sia la terraferma che il centro storico della nostra città, sia i livelli scolastici dell’istruzione che quelli propriamente universitari per giungere fino alla formazione post-grado e a centri di eccellenza come Oasis.(…)
15.« Le condurrò in ottime pasture»
«Condurrò le mie pecore in ottime pasture… là riposeranno in un buon ovile e avranno rigogliosi pascoli. Io stesso condurrò le mie pecore al pascolo e io le farò riposare» (Ez 34, 14-15). L’iniziativa del Redentore ci dà sicurezza e ci apre al futuro. Sciogliendo oggi di nuovo il nostro solenne voto, guidati dalle autorità costituite, rispondiamo pieni di speranza a questa decisa presa di posizione di Nostro Signore a nostro favore. E, colmi di gratitudine, facciamo festa. Amen.