UNA NUOVA LAICITA’ – Viene proposto anche questa settimana, sull’acceso dibattito sulla laicità dello stato, uno stralcio del capitolo VI del libro del card. Angelo Scola, “Una nuova laicità. Temi per una società plurale” (Marsilio, 2007):
“Dualismo pubblico-privato”
Dal punto di vista dell’azione sociale un primo elemento s’impone con una notevole forza persuasiva. Mi riferisco all’eclisse di quella concezione adeguata, perché vera, dell’azione umana – e quindi della filosofia morale, politica, del diritto – per cui ogni azione di ogni uomo deve essere armonicamente tesa a perseguire la vita buona di tutto l’uomo e di tutto il popolo, senza dualismi e false separazioni tra dimensione personale e dimensione sociale dell’azione stessa.
Oggi, invece, ci troviamo davanti a un’immagine dell’azione che divide il «privato» dal pubblico, che contrappone l’etica pubblica all’etica cosiddetta privata, fedele riflesso della divisione esistente fra libertà personale e libertà civile e giuridica. Un’etica pubblica sempre più formale e basata solo sulle norme, dalla quale viene bandita, come osserva giustamente MacIntyre, la dimensione della virtù, abbandonata al «privato», al puro arbitrio di un individuo pensato come separato dalla società.
E l’esito è una dialettica insanabile tra la sfera dell’interesse soggettivo e il campo delle esigenze morali obiettive, creando un’artificiosa opposizione tra desiderio e compito, tra volere e dovere. Facciamo qualche esempio. Nell’ambito della famiglia constatiamo questo dualismo nell’opposizione tra il desiderio di paternità e di maternità, da una parte, e il figlio come soggetto personale capace di autonomia socio-giuridica, dall’altra. Il figlio non viene più considerato come un frutto gratuito dell’amore dei coniugi, bensì come un oggetto sottoposto alla volontà sovrana dei genitori. Sia nella coscienza individuale che nell’immaginario collettivo (come si vede nelle legislazioni approvate dalle democrazie cosiddette avanzate), il figlio ha perso rilevanza. Se non è desiderato si ricorre all’aborto. Se invece esistono problemi per procrearlo, tutto è permesso, purché venga soddisfatto il desiderio soggettivo dei genitori (basti pensare alla cosiddetta «procreazione medicalmente assistita» che trasforma il figlio nell’esito di un processo di produzione).
Un secondo esempio è la dicotomia tra economia e diritto. Non è necessario fare riferimento al dibattito, presente in tutte le società occidentali, sullo stato di benessere (Welfare), per riconoscere che il rapporto fra diritti ed economia sta attraversando oggi un grave conflitto. Paradossalmente, la riduzione sempre più accentuata dei diritti della persona alla sfera dell’individuo, conseguenza di una lettura formalistico-kantiana della regola d’oro «non fare agli altri ciò che non vuoi sia fatto a te», può spiegare questo conflitto. Sostenere, infatti, i diritti della persona svincolando la libertà di coscienza (che si pretende assoluta) dal suo necessario riferimento alla verità, finisce di fatto col favorire la logica della riduzione di ogni bene in termini di denaro e di mercato, che diventano le chiavi per interpretare e soddisfare qualsiasi desiderio-necessità dell’uomo. In questo contesto, i diritti fondamentali finiscono per essere rilevanti solo in quanto si riferiscono alle necessità alle quali il mercato è in grado di rispondere in termini monetari. In questo senso, il conflitto tra economia e diritti presuppone un’ulteriore radicalizzazione della dicotomia tra libertà personale e libertà civile, riflesso a sua volta della separazione tra pubblico e privato.
Dal punto di vista politico, infine, assistiamo alla dialettica tra forme utopistiche non conclamate (segnate dall’ideologia) e una sorta di ideologia pragmatica del mercato come modalità di affermazione egoistica dell’io, del proprio gruppo o lobby, della propria nazione, del proprio popolo o della propria zona di influenza mondiale(nord/sud).
Invece l’uomo – in quanto soggetto razionale – tende normalmente ad agire secondo fini e beni precisi, ai quali si sforza di proporzionare i mezzi. L’uomo di per sé – al di là dei suoi limiti e delle sue fragilità – tende a una vita buona.
Senza artificiose separazioni tra privato e pubblico, la vita buona – cui ogni azione umana è ordinata – deve avere di mira, simultaneamente, tutti i comportamenti personali e sociali dell’uomo.