Domenica 21 febbraio nella Basilica di San Marco il Patriarca ha incontrato rappresentanti, partecipanti e guide dei Gruppi di ascolto della diocesi, un’esperienza che coinvolge oltre 5000 persone che in modo costante si riuniscono nelle loro case per leggere la Bibbia e scoprirla intrecciata alla vita quotidiana.
Qui si riporta il testo dell’istruzione del Patriarca tenuta durante la preghiera dei vespri culminata nell’adorazione eucaristica.
Carissime, carissimi,
1. siamo convenuti su invito della Commissione diocesana dei Gruppi di Ascolto – che ringrazio di tutto cuore a cominciare da Monsignor Valter Perini – nella nostra splendida Basilica cattedrale, espressione decisiva dell’unità del Patriarcato, per un incontro di preghiera in occasione dell’Anno Sacerdotale indetto da Benedetto XVI. Per questo fissiamo da subito il nostro sguardo, come fecero quel sabato gli abitanti di Nazaret, su Gesù Cristo, unico ed eterno Sacerdote.
Vogliamo in questo vespero contemplare la Sua vocazione e la Sua missione e così ringraziare il Signore per il dono del nostro essere cristiani, cioè membri del Popolo Santo di Dio che, in forza del battesimo, è un popolo sacerdotale. Al servizio di questo popolo singolare Cristo ha istituito il sacramento dell’Ordine nei tre gradi dei vescovi, dei presbiteri e dei diaconi, i quali sono chiamati a garantire la vita di tutto il popolo sacerdotale.
2. «Oggi si è adempiuta questa scrittura che voi avete udito con i vostri orecchi» (Lc 4, 21). Giovanni Paolo II così commentò questa affermazione di Gesù nell’Esortazione Apostolica post-sinodale Pastores dabo vobis del 1992 dedicata alla formazione dei sacerdoti: «Gesù, dunque, si autopresenta come ripieno di Spirito, “consacrato con l’unzione”, “mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio”: è il Messia, il Messia sacerdote, profeta e re » (PDB, 11).
Nella persona di Gesù coincidono sacerdote, vittima ed altare. Nessun sacerdote prima di Lui e nessun ministro dopo di Lui può esibire una simile configurazione.
Nell’offerta totale di Gesù Cristo al Padre, sigillata sulla croce dall’abbraccio dello Spirito, Gesù è sacerdote in quanto ponte-fice. Egli fa da ponte tra Dio e l’uomo per riconciliare con il Padre la famiglia umana lacerata dal peccato. Contemporaneamente, siccome compie questa missione immolando se stesso, egli è la vittima. Perfettamente libero e perfettamente obbediente. Nella libertà perfetta e nell’obbedienza perfetta, egli è sacerdote perfetto e perfetta vittima! Divenuto una sola cosa con la Sua Croce piantata sul Golgota Gesù trasforma poi, nella Sua persona, l’intero cosmo in altare vivente.
Anche noi questa sera, come i suoi compaesani presenti allora nella sinagoga di Nazaret, possiamo allora comprendere la Sua affermazione: «Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato … e mi ha mandato» (Lc 4,18 riprendendo Is 61,1). Appare qui la radice dell’unicità del sacerdozio di Cristo: in Lui persona e missione, consacrazione sacerdotale ed opera di salvezza sono una cosa sola.
3. Quale insegnamento dobbiamo trarre, sorelle e fratelli carissimi, da questa figura di Cristo sacerdote, vittima ed altare, così che la nostra preghiera riceva tutta la sua sostanza. Ce lo dice il Prefazio della Messa del Crisma: «Con l’unzione dello Spirito Santo hai costituito il Cristo tuo Figlio Pontefice della nuova ed eterna alleanza, e hai voluto che il suo unico sacerdozio fosse perpetuato nella Chiesa. Egli comunica il sacerdozio regale a tutto il popolo dei redenti, e con affetto di predilezione sceglie alcuni tra i fratelli che mediante l’imposizione delle mani fa partecipi del suo ministero di salvezza».
Del sacerdozio di Gesù quindi partecipa ogni fedele in quanto membro del popolo di Dio in forza dell’iniziazione cristiana. In cosa consista propriamente questo sacerdozio comune ce lo spiega la Prima Lettera di Pietro: «Stringendovi a lui, pietra viva, rigettata dagli uomini, ma scelta e preziosa davanti a Dio, anche voi venite impiegati come pietre vive per la costruzione di un edificio spirituale, per un sacerdozio santo, per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio, per mezzo di Gesù Cristo … voi siete la stirpe eletta, il sacerdozio regale, la nazione santa, il popolo che Dio si è acquistato perché proclami le opere meravigliose di lui che vi ha chiamato dalle tenebre alla sua ammirabile luce» (1Pt 2,6.9). In questo insegnamento che si rivolge ai fedeli delle prime comunità si evince che il carattere sacerdotale non concerne il cristiano inteso come singolo. Si afferma che la dignità sacerdotale spetta al popolo di Dio preso nel suo insieme. Il termine “sacerdozio santo-regale” non vuole assegnare a ogni battezzato diritti e funzioni sacerdotali. Il sacerdozio comune esprime invece l’idea che ogni fedele in quanto membro dell’unico popolo sacerdotale concepisce la propria persona e la propria vita come offerta totale di sé: «Egli faccia di noi un sacrificio perenne a te gradito» (Canone III). Da ciò deriva che il popolo sacerdotale è tale perché vive il quotidiano, nella sua concretezza, per Cristo, con Cristo ed in Cristo.
4. Da Cristo in poi, sacerdotale non coincide più con separato dalla realtà. Al contrario, la qualifica di sacerdotale data al popolo di Dio identifica una precisa comunità di uomini immersa nel mondo quella generata dall’evento salvifico, unico e irripetibile, della morte e resurrezione di Cristo. Una realtà concreta ben identificabile. A tal punto che il venerato Papa Paolo VI ha potuto parlare della Chiesa come di una «entità etnica sui generis che si distingue e si qualifica per il suo carattere religioso o messianico [sacerdotale e profetico, se volete], che tutto converge verso Cristo, come suo centro focale, e che tutto da Cristo deriva» (Paolo VI, Udienza generale, 27 luglio 1975). La nascita, la famiglia, la vita, il lavoro, il riposo, la fragilità, il dolore e la morte, l’essere in società, in una parola tutti gli aspetti dell’esistenza in quanto vissuta per Cristo, con Cristo ed in Cristo sono l’attuazione del sacerdozio comune di tutto il popolo santo di Dio.
Anche la fioritura dei Gruppi di Ascolto nel nostro Patriarcato è espressione efficace del sacerdozio comune perché voi, immedesimandovi con la Parola vivente di Dio, trasformate tutto il vostro quotidiano, nella trama di circostanze e rapporti che lo costituiscono, in offerta sacerdotale. E siccome siete membra di un popolo lo fate nella comunione tangibilmente espressa nelle nostre comunità secondo le quattro finalità della Visita pastorale. Le nostre parrocchie e tutte le aggregazioni di fedeli incontrano in tal modo nei Gruppi di Ascolto delle cellule pulsanti di vita nuova. E i nostri fratelli uomini, con cui ogni giorno operiamo nei più svariati ambienti dell’umana esistenza, possono trovare nella nostra testimonianza, grata per il dono della fede, una concreta fonte di speranza.
5. «Sono sostenuto da coloro che sostengo (Ego feror quem fero)» (Agostino). Così Agostino spiega il significato del suo ministero ordinato. Al servizio e come garanzia efficace che lo Spirito offre permanentemente alla Chiesa, Sua Sposa, esiste infatti il sacerdozio apostolico od ordinato. Alcuni fedeli sono scelti dal Signore, attraverso la Chiesa, come segni e strumenti speciali del Sacerdozio di Cristo. In forza del loro ministero sacramentale, del loro agere in Persona Christi, tutto il Popolo di Dio viene permanentemente edificato soprattutto attraverso il Sacramento dell’Eucaristia e quello della Penitenza e della Riconciliazione. Ma la potestas dei ministri ordinati non ha nulla a che fare con un potere di dominio. Anzi, essa sulla scia di quella di Cristo, ha come esclusivo modello di riferimento la figura del Servo di Yahvè e quella del Buon Pastore.
A partire da questo intimo legame tra il sacerdozio comune del popolo di Dio e quello specifico dei ministri ordinati, l’Anno Sacerdotale ci invita ad attuare quella circolarità tra tutti gli stati di vita – sposi, consacrati, ministri ordinati – che la carità di Cristo consente. Solo toccando con mano questa unità intessuta di comunione, che non appiattisce le differenze, ma che domanda la valorizzazione di tutti i doni, il nostro fratello uomo potrà accogliere l’invito di “venire a vedere” la qualità di vita che pulsa nelle nostre comunità. Ogni fedele, attraverso la sua specifica vocazione e missione, è protagonista ed attore prezioso della vita della Chiesa. Pertanto se chiediamo allo Spirito che ci doni sacerdoti santi e mandi nuovi operai nella Sua messe, nello stesso tempo preghiamo intensamente il Signore perché i fedeli laici assumano con decisione una responsabilità ecclesiale piena. Ciò richiede che, rispettando l’indole propria della loro vocazione secolare, essi sappiano superare ogni frattura tra la fede e la vita per essere nel mondo testimoni umili ma identificabili che Cristo è risorto per la salvezza di tutti.
Con potente semplicità il Santo Curato d’Ars diceva: «Se comprendessimo bene che cos’è un prete sulla terra, moriremmo: non di spavento, ma di amore… Senza il prete la morte e la passione di Nostro Signore non servirebbero a niente. È il prete che continua l’opera della Redenzione sulla terra… Che ci gioverebbe una casa piena d’oro se non ci fosse nessuno che ce ne apre la porta? Il prete possiede la chiave dei tesori celesti: è lui che apre la porta; egli è l’economo del buon Dio; l’amministratore dei suoi beni… Il prete non è prete per sé, lo è per voi» (Da: Le Sacerdoce, c’est l’amour du cœur de Jésus, in Le curé d’Ars. Sa pensée-Son cœur. Présentés par l’Abbé Bernard Nodet, éd. Xavier Mappus, Foi Vivante, 1966, p. 98-100).
6. «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato» (Lc 4,20). In forza dell’Eucaristia che investe tutta la vita (FR 13) l’oggi di Cristo diventa l’oggi della Chiesa.
Origene scrive: “«Guardati dal considerare fortunati coloro che udivano Cristo, e dal giudicare voi privati della sua predicazione. Se la Scrittura è la verità, Dio non ha solo parlato una volta nelle sinagoghe giudee, ma parla anche oggi nella nostra assemblea”[Origene, Omelie sul Vangelo di Luca XXXII,2; SCh 87, pag. 387]. E aggiunge: “anche ora, se voi volete, nella nostra assemblea, voi potete fissare i vostri occhi sul Salvatore»[pag. 391].
I partecipanti ai gruppi di ascolto sono chiamati ad essere la conferma vivente di questa straordinaria possibilità in tutte le nostre comunità. Mi salva solo uno che è presente, che mi è contemporaneo. Alimentandovi regolarmente alla Parola di Dio avete imparato che il Cristo reale non può essere relegato nel passato. Egli è l’oggi della storia. Per seguirlo abbiamo bisogno di essere accompagnati. Quale mano più tenera e sicura di quella di Maria nostra madre? A Lei ci affidiamo. Amen