"Dies academicus" della Studium Generale Marcianum

MARCIANUM – Si è tenuto oggi, giovedì 28 ottobre nella Basilica della Salute a Venezia, il “Dies academicus” dello Studium Generale Marcianum, solenne atto accademico che ha visto la partecipazione di docenti e studenti dei numerosi segmenti che compongono il Marcianum assieme alle autorità civili, militari e religiose della città e della regione.

Ad introdurre la prolusione dell’arcivescovo salesiano card. Farina, sul tema “Manoscritti e libri tra conservazione e fruizione: la Biblioteca Apostolica Vaticana tra presente e futuro”, gli interventi del Patriarca in qualità di Gran Cancelliere del Marcianum, l’ing. Giovanni Mazzacurati, Presidente della Fondazione Studium Generale Marcianum e il Rettore mons. Brian Edwin Ferme.

Viene pubblicato qui di seguito il testo dell’intervento del Patriarca:

 Angelo Card. Scola

Patriarca di Venezia

Gran Cancelliere dello Studium Generale Marcianum

 

1. Il punto di partenza: l’unità del soggetto e dell’oggetto del sapere

Nel corso di questi anni, la natura dello Studium Generale Marcianum è andata precisandosi intorno all’idea di tentare una qualche ricomposizione dell’attuale frammentazione del sapere, anzitutto tramite la cura dell’unità di un soggetto personale e comunitario dedito allo studio, all’insegnamento e alla ricerca. Proprio lo scorso anno registravo inoltre la necessità di guardare con attenzione alla tendenza in atto, all’interno di diverse discipline, alla transdisciplinarietà. Da più parti infatti, penso ad esempio alla biologia e alle neuroscienze, si fa sentire l’urgenza di domande di senso che invita ad andare oltre la demarcazione propria della singola disciplina e convoca, per così dire, altri saperi per un confronto e una ricerca partecipata. È questo un indubbio indizio di tensione alla ricomposizione dell’unità del sapere a partire dall’oggetto. Unità del soggetto e tensione verso l’unità dell’oggetto costituiscono più che mai l’orizzonte in cui intende continuare a situarsi l’azione dello Studium Generale Marcianum a tutti i suoi livelli, pedagogico, accademico e di ricerca, a partire dalla incarnazione di Gesù Cristo assunta come fattore esplicativo dell’esperienza umana comune nel suo duplice aspetto di esperienza integrale (esperienza sul piano del metodo) e di esperienza elementare (esperienza sul piano dei contenuti). Con un volto preciso pertanto lo Studium Generale Marcianum è aperto a ricercatori, docenti e studenti di diverse fedi e mondovisioni. 

2. Una risorsa per la società plurale

Il progetto-Marcianum rischierebbe tuttavia l’astrattezza e l’autoreferenzialità se, a partire dal metodo che abbiamo delineato, e accanto al lavoro di insegnamento e ricerca, non ambisse anche a formare figure professionali in grado di inserirsi nel mondo del lavoro a partire dalle sue necessità odierne. Il Marcianum dovrà quindi fornire precisi profili di istruzione e professionalità senza mai rinunciare all’educazione in senso forte (paideia). Un prezioso suggerimento in questo senso ci viene da un’affermazione di John Henry Newman, recentemente citata da Benedetto XVI in occasione della beatificazione del Cardinale inglese. Dice Newman: «Voglio un laicato non arrogante, non precipitoso nei discorsi, non polemico, ma uomini che conoscono la propria religione, che in essa vi entrino, che sappiano bene dove si ergono, che sanno cosa credono e cosa non credono, che conoscono il proprio credo così bene da dare conto di esso, che conoscono (così) bene la storia (da poterlo difendere)» (The Present Position of Catholics in England, IX, 390)[1]. Benché scritta nel 1851, la frase di Newman conserva una grande attualità. La nostra società infatti, tecnicamente sempre più plurale, esige la presenza di soggetti maturi, disposti a confrontarsi e raccontarsi nello spazio pubblico in vista di reciproco riconoscimento. A mio avviso ciò vale in particolare nell’ambito, sempre più decisivo, del lavoro, delle professioni e delle nuove professioni. Nuove non necessariamente perché prima inesistenti, quanto perché radicalmente trasformate, o destinate a trasformarsi, per effetto del contesto culturale e sociale in cui siamo immersi. Pensiamo agli epocali cambiamenti in corso in ambito medico e sanitario, prodotti dalle strabilianti scoperte della tecno-scienza e alle relative questioni bioetiche che essi comportano, o a come il mondo dell’economia, dell’impresa e del welfare dovrà essere ripensato a partire dagli esiti spesso dolorosi della crisi economica o dell’invecchiamento della popolazione, o ancora alla centralità che andranno sempre più assumendo le professioni legate alla giustizia in ragione della proliferazione dei cosiddetti “nuovi diritti”: e l’elenco potrebbe continuare a lungo.

Invocare, come ho fatto con la citazione del Cardinal Newman, la figura di «uomini che conoscano la propria religione» non dipende soltanto dalla natura propria del Marcianum, che ha scommesso su una interdisciplinarietà che riconosca il contributo della teologia. La proposta si basa su un’ulteriore duplice constatazione.

Innanzitutto sul fatto che, contrariamente a quanto forse troppo frettolosamente pronosticato da molti, la parabola della modernità non si è risolta nella scomparsa del religioso dalla vita degli uomini. In questo senso è ormai chiaro che le religioni sono un soggetto attivo delle nostre società plurali.

In secondo luogo è altrettanto evidente che la complessità delle issues che le nostre società quotidianamente affrontano, e che si manifestano con particolare concretezza proprio nell’ambito del lavoro, implica inevitabilmente una domanda di senso che, lungi dallo sminuirla, dà pieno valore alla tecnicalità professionale. Lo può confermare un’altra affermazione, un po’ provocante, del Beato cardinal Newman: «Ignorare la posizione e le relazioni tra le cose è lo stato degli schiavi e dei fanciulli; il tracciare la mappa dell’universo è il vanto, o almeno l’ambizione della filosofia»[2]. La presenza delle religioni nello spazio pubblico non è perciò un’indebita invasione di campo, ma è giustificata dalla loro capacità di mostrare le ragioni di un’esperienza umana adeguata e contribuire all’edificazione della vita buona personale e comunitaria[3]. Permettetemi di dire che ciò vale in modo particolare per il Cristianesimo.

La logica dell’incarnazione implica infatti la valorizzazione di tutto ciò che è umano, e di tutti gli ambiti dell’umana esistenza. La multidisciplinarietà e la transdisciplinarietà su cui si è scelto di impostare il lavoro non sono perciò una prerogativa solo di chi è impegnato nella ricerca, ma vorrebbero costituire il metodo di tutti i percorsi formativi offerti dallo Studium Generale Marcianum. Formare delle persone a partire dal disegno di un Dio che si è compromesso con la storia non è il punto di partenza di una strategia egemonica, ma il contributo che lo Studium Generale Marcianum vuole offrire alla società plurale attraverso una proposta rivolta a tutti.

È quanto hanno compreso enti istituzionali e privati che si sono coinvolti fattivamente nella Fondazione Studium Generale Marcianum sia in qualità di soci fondatori, sia di soci sostenitori, sia di preziosi sponsors. Nella stessa direzione vanno le non poche iniziative di collaborazione con istituzioni pedagogiche, universitarie e di ricerca italiane e straniere che, pur nella loro inizialità, sono state intraprese dai vari enti del Marcianum.

Voglio in particolare in questa sede fare grato riferimento alla fattiva collaborazione che si sviluppando con le università e istituzioni di ricerca e di studio di Venezia. Sembra a me un contributo di rilievo che potrà concorrere, e già se ne vedono i germi, alla nuova fisionomia di Venezia, città di una mobilità del tutto speciale che non dovrà prescindere dal considerare, in termini appropriati, come suoi cittadini studenti, ricercatori e docenti che investono anni di permanenza tra noi, provenendo, ci auguriamo sempre più numerosi, da tutto il mondo. 

3. La biblioteca: luogo dell’unità del sapere

È anche per consentire questa formazione a 360 gradi che la Fondazione Studium Generale Marcianum ha favorito l’imponente opera di restauro intrapresa dal Patriarcato e dal Seminario Patriarcale. Lo ha fatto a partire dalla biblioteca, che l’8 maggio prossimo sarà inaugurata dal Santo Padre. La biblioteca non è soltanto un imprescindibile spazio di studio e conservazione del patrimonio librario. Essa è il luogo in cui la dimensione multidisciplinare e unitaria del sapere si rendono immediatamente visibili, stimolando in chi lo frequenta uno sguardo appassionato verso tutta la realtà. I libri, infatti, non sono solo oggetti utili ad acquisire una certa conoscenza ma, come diceva Guardini, possono diventare esseri «singolarmente viventi. Oggetti piccoli, eppure pieni di mondo. Che stanno lì senza muoversi e senza far rumore, e tuttavia pronti in ogni momento ad aprire le proprie pagine e a cominciare un dialogo che racconta del passato, che rimanda al futuro e che invoca l’eternità, e tanto più inesauribile, quanto più ne sa attingere colui che ad essi si avvicina»[4]. Notazione questa che continua a valere, in forme differenziate, anche nell’epoca dell’E-book.

Di questo saprà sicuramente darci testimonianza Sua Eminenza il Cardinale Raffaele Farina, Archivista e Bibliotecario di Santa Romana Chiesa, a cui esprimo tutta la mia gratitudine per aver accettato l’onere della Prolusione di questo Dies Academicus.

NOTE:
[1] Cfr. benedetto xvi, Omelia in occasione della beatificazione di John Henry Newman, 19 settembre 2010.
[2] J. H. newman, L’idea di università, Utet, Torino 1988, 845.
[3] Cfr. A. Scola, Buone ragioni per la vita in comune. Religione, politica, economia, Mondadori, Milano 2010.
[4] R. Guardini, Elogio del libro, Morcelliana, Brescia 19932, 15.