Dopo la conclusione dell’assemblea dei Vescovi l’Arcivescovo di Milano, cardinale Angelo Scola, riflette sulle tre settimane di lavoro a cui ha preso parte in Vaticano e, in attesa del documento finale di papa Francesco, sottolinea l’importanza di tenere viva in Diocesi l’attenzione su questo tema.

Carissime e carissimi,

i lavori dell’Assemblea Sinodale sono terminati con una relazione finale consegnata a Papa Francesco e resa pubblica secondo le sue indicazioni. Quali sono, a mio giudizio, i frutti più importanti, al termine di queste tre settimane di intenso lavoro?

Da questa grande e davvero “cattolica” Assemblea la famiglia è emersa con una fisionomia più convincente, in tutta la sua ricchezza e nel suo ruolo insostituibile entro la vita della Chiesa e della società. Come ha detto il Papa, si è entrati al Sinodo con una certa idea di famiglia e se ne è usciti con un’idea profondamente rinnovata.

La famiglia, concepita come l’unione fedele, stabile, aperta alla vita tra un uomo e una donna, non è solo il pilastro portante della Chiesa e della società, ma il luogo in cui, fin da bambini, si possono imparare i lineamenti costitutivi della relazione in ogni sua forma. Il rapporto tra marito e moglie, quello tra genitori e figli, tra fratelli, con i nonni e gli altri parenti sono la prima scuola di gratuità ed il grembo in cui ogni “io” si forma e matura.

La differenza tra le generazioni fa emergere la capacità di comunicare la ricchezza della storia familiare inserita nel contesto di una comunità ecclesiale e civile, l’importanza del vivere con un senso gli affetti, di affrontare il lavoro, la festa, la gioia, il riposo, la malattia, la sofferenza, la morte, la condivisione dei bisogni a partire dagli ultimi, la preoccupazione per l’edificazione di una città più equa e giusta.

La famiglia è anche il luogo in cui si sperimenta la decisiva insostituibilità della differenza sessuale, elemento costitutivo della persona, una dimensione dell’io che consente l’apertura all’altro. Siamo stati fatti da Dio come uomini e come donne perché in questa reciprocità l’altro possa essere effettivamente conosciuto, amato e nel matrimonio, attraverso l’unione corporale e spirituale degli sposi, si realizzi il perpetuarsi della stirpe umana e la crescita della famiglia ecclesiale. La presenza del figlio nel grembo della madre dice che l’amore tra gli sposi è talmente sovrabbondante da dare vita ad un altro essere che lo possa ricevere.

Durante tutto il Sinodo abbiamo vissuto un clima di grande collaborazione, di instancabile dialogo per arrivare a comprendere le ragioni gli uni degli altri giungendo a trovare – anche sulle questioni più delicate – non tanto una parola conclusiva (che alla fine spetterà al Santo Padre), ma un percorso da cui emerge – da parte di tutti i Padri – l’intento dell’accoglienza, dell’accompagnamento e della partecipazione di tutti i fedeli alla vita della Chiesa alla quale appartengono. Si tratterà ora, ascoltando il Magistero, di vedere se e come sia possibile coniugare il grande bene dell’indissolubilità – da nessuno messo in discussione – con l’esame delle singole situazioni delicate.

Nella nostra Chiesa ambrosiana abbiamo creato l’Ufficio Diocesano per l’accoglienza dei fedeli separati che ha risposto ad un’esigenza fortemente sentita, dal momento che in poco più di un mese circa 140 persone vi hanno già cercato aiuto e accompagnamento.

In attesa del documento papale, riprenderemo in Diocesi i temi del Sinodo, perché è necessario che il risultato più importante del lavoro sinodale – la consapevolezza che la famiglia diventi , nel quotidiano, il luogo normale dell’annuncio della bellezza, della bontà e della verità di seguire Cristo – si realizzi per tutte le famiglie credenti e per tutte le famiglie di buona volontà.