Sabato 23 gennaio, nella cripta della Basilica di San Marco a Venezia, il Patriarca ha celebrato la messa in occasione della festa di San Francesco di Sales, patrono dei giornalisti.

A seguire il card. Angelo Scola e Mario Calabresi, direttore de La Stampa, hanno dialogato sui temi e le provocazioni offerte dalla realtà a chi fa il mestiere di giornalista. (Ecco alcune immagini del dialogo)

Qui si propone un estratto dell’omelia del Patriarca, presto sarà disponibile il video integrale del dialogo tra il Patriarca e Calabresi.

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Estratto dall’omelia

«“Come sono andate le cose? Su, dammi notizie!”. Rispose: “È successo che il popolo è fuggito nel corso della battaglia, molti del popolo sono caduti e sono morti; anche Saul e suo figlio Gionata sono morti”» (2Sam 1,3). Il messaggero che annunzia a Davide la morte di Saul crede di essere un messaggero di buone notizie. Non si trattava forse della morte del suo nemico e della possibilità di salire sul trono? Ma quell’uomo non conosceva colui a cui si stava rivolgendo. Nel cuore del “diletto” dell’Altissimo brillano la grazia, il disinteresse, l’amore per il suo popolo e il rispetto dell’ordine divino. Come potrebbe egli rallegrarsi quando Israele è vinto e il suo principe disonorato dinanzi ai nemici di Dio?

[«La carità è magnanima, benevola è la carità…non tiene conto del male ricevuto, non gode dell’ingiustizia. Tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta» (1Cor 13,4. 6-7)].

Nell’atteggiamento di Davide emerge un decisivo suggerimento di metodo per il vostro lavoro. Una lettura dei fatti e uno sguardo alle persone magnanimo, che sottolinea il bene (che pensa bene), che non concede nulla a chi vorrebbe speculare sull’errore e sul male altrui per il proprio tornaconto.

Seguire «l’interpretazione più benevola del fatto. Bisogna agire sempre in questo modo, Filotea, interpretando sempre in favore del prossimo; e se un’azione avesse cento aspetti, tu ferma sempre la tua attenzione al più bello… L’uomo giusto quando non può scusare né il fatto né l’intenzione di chi sa per altre vie essere uomo per bene, rifiuta di giudicare, se lo toglie dallo spirito, lascia a Dio solo la sentenza. … Quando non ci è possibile scusare il peccato, rendiamolo almeno degno di compassione, attribuendolo alla causa più comprensibile che si possa pensare, quali l’ignoranza e la debolezza” (San Francesco di Sales, Filotea).

Con la famosa “elegia dell’arco” Davide invita il popolo di Israele a piangere su Saul e celebra l’amicizia di Gionata. «Tu mi eri molto caro; la tua amicizia era per me preziosa, più che amore di donna» (2Sam 1,26). Un’amicizia profonda e tuttavia pallida figura dell’amore di Gesù.

Il vostro lavoro, come il carisma del vostro Santo Patrono ci documenta, è chiamato ad avere la cifra dell’amicizia con i fratelli uomini.

«Questo desiderio di comunicazione e amicizia è radicato nella nostra stessa natura di esseri umani e non può essere adeguatamente compreso solo come risposta alle innovazioni tecnologiche. Alla luce del messaggio biblico, esso va letto piuttosto come riflesso della nostra partecipazione al comunicativo ed unificante amore di Dio, che vuol fare dell’intera umanità un’unica famiglia. Quando sentiamo il bisogno di avvicinarci ad altre persone, quando vogliamo conoscerle meglio e farci conoscere, stiamo rispondendo alla chiamata di Dio – una chiamata che è impressa nella nostra natura di esseri creati a immagine e somiglianza di Dio, il Dio della comunicazione e della comunione» (Benedetto XVI, Messaggio per la XLIII Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, 24 maggio 2009).