Istituto Suore della riparazione, Ello (LC)

11 febbraio 2020
XXVIII Giornata del Malato

Beata Vergine Maria di Lourdes

Isaia, 55, 1-7; Efesini 1, 3-10; Luca 1, 40-55

Omelia del Cardinal Angelo Scola

 

  1. Invito alla conversione.

Più passano gli anni più questo diventa il problema essenziale della vita perché avvicinandoci al giudizio di Dio e a tutti i Novissimi si fa naturale per noi raccogliere in un punto sintetico della vita quello che abbiamo fatto e quello che ancora ci attende.

«O Dio, Padre misericordioso, soccorri la nostra debolezza e, per intercessione di Maria, Madre immacolata del tuo Figlio, fa’ che dal peccato risorgiamo a vita nuova» (Orazione all’inizio dell’Assemblea Liturgica) . In età avanzata, come è per la maggioranza di noi, si fa sempre più stringente il desiderio di avvicinarci al destino finale risorgendo ogni giorno e quindi vincendo ogni ns tipo di infermità mediante l’attitudine dell’offerta.

  1. Aperti all’iniziativa di Dio

«O voi tutti assetati venite all’acqua … anche se non avete denaro venite» (cf. Is 55,1). L’invito del profeta nella Prima Lettura riecheggia l’invito di Gesù ripreso da Papa Francesco nel suo Messaggio per la Giornata Mondiale del Malato e rivolto non solo ai malati e ai loro familiari, a quanti operano nel settore sanitario, ma anche a tutti noi, a tutti gli uomini e a tutte le donne.

Il profeta ci invita a spalancarci all’iniziativa di Dio quotidianamente presente nella nostra vita. E l’Epistola ce ne spiega bene il contenuto, ricordandoci qualcosa che noi dimentichiamo troppo spesso, soprattutto quando siamo sottoposti a prove non solo nell’ambito della salute, ma anche nella nostra vita spirituale e morale.

«Benedetto sia Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo. In Lui ci ha scelti prima della creazione del mondo… per essere santi e immacolati di fronte a Lui nella carità predestinandoci ad essere per lui figli adottivi mediante Gesù Cristo» (Ef 1,3-5)

  1. Figli nel Figlio

Quante volte noi ci dimentichiamo di questo dato! Noi siamo stati voluti, amati, scelti dal Padre prima ancora che nascessimo e da allora siamo custoditi dentro questa paternità che abbraccia tutte le fasi della nostra vita che è piena di misericordia di fronte alla nostra debolezza e ai nostri peccati se li riconosciamo e domandiamo perdono, ma soprattutto fa emergere dal profondo di noi stessi questa figliolanza adottiva.

La vita di una comunità religiosa come la vostra, ma anche la vita di una comunità parrocchiale ancora molto unita e creativa come è quella di Ello, ogni giorno ci documenta cosa vuol dire essere figli di Dio. Non solo il Padre che ci ha voluto e scelto prima della creazione del mondo non ci ha abbandonato ma, dopo il peccato originale, ha mandato il Figlio Suo il quale ha accettato la morte livida della croce proprio per redimere il nostro peccato. Ha inchiodato sul palo della croce il peccato di tutti per poterci consentire questa resurrezione quotidiana, questo riprendere continuamente il senso del nostro essere figli.

  1. Dal Magnificat allo Stabat Mater

Nel bellissimo e delicato incontro tra Elisabetta e Maria (sappiamo quanto grande fosse la distanza di età tra loro …!) raccontato nel vangelo di oggi vediamo che cos’è la figliolanza che viene dalla fede.

Il Canto del Magnificat conferma e dispiega il di Maria all’iniziativa di Dio descritta nell’Angelus. Pensiamo alla conclusione del racconto dell’Annunciazione: «E l’Angelo partì da lei». Pensiamo a cosa dev’essere successo nel cuore di Maria quando si trovò da sola a dover affrontare Giuseppe, i familiari e tutti …

Eppure la sua attesa del Messia, come anche quella di Giuseppe, la sua fede in Colui che doveva venire a salvare il popolo era talmente forte da vincere tutte le difficoltà. Fino alla croce, fino allo Stabat Mater, fino ad accogliere Giovanni come suo nuovo figlio, così come egli la accolse come nuova madre, inaugurando così una nuova e definitiva parentela. Più profonda di quella stabilita dai legami del sangue.

Il Magnificat, come voi sapete, si articola in due parti. La prima, più personale, è relativa alla Madonna. È come un ringraziamento della Vergine nei confronti dell’iniziativa di Dio. «Ha guardato all’umiltà della sua serva e tutte le generazioni mi chiameranno beata» (Lc 1,). La seconda parte riguarda tutto il popolo, Israele innanzitutto, e poi tutti i popoli.

  1. Chiamati a pregare per la Chiesa

Oggi voglio chiedervi di assumere la seconda parte del Magnificat come l’invito a pregare per la Santa Chiesa, che è la nostra casa. La Chiesa è carica di bellezza. Per questo è molto amabile e dev’essere amata. Noi cristiani dobbiamo imparare a distinguere tra la Chiesa – che è una realtà vivente e personale perché continua Gesù nella storia – e gli uomini e le donne di Chiesa, che sono limitati e anche segnati dal peccato.

Un conto è la persona della Chiesa e un conto è il personale della Chiesa. La distinzione è di Maritain ed è molto importante. In questo momento per tante ragioni, che voi ben sapete ed è inutile ripetere, la Chiesa dev’essere sostenuta con la preghiera e, per quelli che fra noi sono nella fase discendente della parabola, con l’offerta di noi stessi. Tutti noi dobbiamo offrire la sofferenza fisica, la sofferenza morale e spirituale, con la prospettiva della morte che in ogni caso si avvicina. Per questo dobbiamo rivolgerci a Maria perché Maria ci porta a Gesù e Gesù è la garanzia della riuscita della nostra vita.

La Chiesa ci custodisce su questa strada: affidiamoci fino in fondo a questa nostra Madre e Maestra.