Pubblichiamo una riflessione dell’Arcivescovo di Milano, cardinale Angelo Scola, preparata in occasione della sesta domenica d’Avvento.
Celebriamo oggi la domenica dell’Incarnazione del Signore o della Divina Maternità di Maria. Mentre la Chiesa contempla questo mistero della vita della Vergine, ha già lo sguardo rivolto all’evento del tutto straordinario ed inaudito di Dio che, attraverso il sì di Maria, si fa uno come noi.
Il Signore per compiere la sua opera di salvezza ha voluto affidarsi alla libertà dell’uomo. Essa ha in Maria la sua figura paradigmatica.
Le coordinate storico-spaziali dell’evento, indicate puntigliosamente da San Luca – «L’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazareth, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria» (Lc 1,26-27) – suggeriscono l’assoluta imprevedibilità dell’annuncio dell’Angelo: Nazareth era un villaggio allora sconosciuto, che non doveva godere di grande reputazione. In più, Maria era una giovanissima donna, di umile stirpe.
La ragione della Vergine viene sfidata fino in fondo dall’annuncio dell’Angelo. Se il turbamento («a queste parole fu molto turbata») è segno dell’umiltà di Maria, la domanda («si domandava che senso avesse un saluto come questo») manifesta che ella non si ritrae davanti alla “rivelazione” della sua grandezza, ma vuole capire il senso della benedizione di cui si sente investita.
Chiamata ad “allargarsi” la ragione della Vergine non fa resistenza, né la libertà sceglie la passiva sottomissione, ma acconsente con pienezza: «Avvenga per me secondo la tua parola». Maria esprime così l’atteggiamento di chi accoglie un compito, avendo riconosciuto che si tratta di collaborare alla realizzazione del disegno di Dio. Egli infatti non mortifica mai la libertà dell’uomo, ma la chiama a coinvolgersi con la Sua.
Il sì di Maria ha reso possibile quella vicinanza che nessun uomo avrebbe potuto immaginare: la vicinanza del Dio che si fa bambino. Per questo la Chiesa ci chiama a «stare lieti nel Signore» (Fil 4,5). Essere lieti senza dover censurare niente, non è immediato; anzi quando l’uomo si affida solo a se stesso è praticamente impossibile. Ma per il dono del Signore vicino possiamo finalmente sperimentare la letizia, la pace e una capacità di apertura a tutti.
A scoprirlo ci possono aiutare gli auguri che ci scambiamo in questi giorni e, soprattutto, il desiderio di far festa tutti insieme, dai bambini ai nonni, in famiglia.