Pubblichiamo una riflessione dell’Arcivescovo di Milano, cardinale Angelo Scola, preparata in occasione della quinta domenica d’Avvento.
Cristo è la “porta” della Misericordia. Che cosa significa il dono del Giubileo per le nostre comunità cristiane e per le nostre persone? L’esistenza di ogni uomo si svolge nel tempo e nello spazio: tutti noi abbiamo cari e custodiamo con cura date e luoghi che segnano la nostra biografia, perché ci richiamano il senso del nostro essere al mondo. Il Dio della vita ci viene incontro nel qui ed ora del Signore Gesù e della Sua Chiesa.
Seguendo le orme del suo Maestro, la Chiesa ci offre un tempo determinato – l’anno giubilare (dall’8 dicembre di quest’anno alla festività di Cristo Re del 2016) – e dei luoghi precisi – il nostro Duomo insieme ad altre chiese e santuari della diocesi ambrosiana –, perché tutti possano fare esperienza di essere perdonati e restituiti alla vita. La misericordia, infatti, riscatta il tempo dal suo inesorabile rovinare verso la morte e lo trasforma nella pazienza amante del Padre che ci aspetta nella sua casa, piena di porte aperte, come figli nel Figlio. Il Giubileo, per questa ragione, è sorgente e annuncio di speranza per tutti, soprattutto per coloro che si sentissero esclusi dalla salvezza.
Un passaggio del Vangelo di questa V settimana di Avvento ci permette di approfondire un dato essenziale dell’annuncio di misericordia che l’Anno Santo porta con sé. «Voi stessi mi siete testimoni che io ho detto: “Non sono io il Cristo”, ma: “Sono stato mandato avanti a lui”. Lo sposo è colui al quale appartiene la sposa; ma l’amico dello sposo, che è presente e l’ascolta, esulta di gioia alla voce dello sposo. Ora questa mia gioia è piena Lui deve crescere; io, invece, diminuire» (Gv 3,28-30). La risposta forte e chiara che il Battista da ai suoi discepoli, turbati dal “successo” di Gesù, ci aiuta a comprendere che al centro di questo Anno di grazia c’è la Grazia in persona, Gesù Cristo, misericordia del Padre.
Solo il Figlio, infatti, può rivelare il mistero di misericordia del Padre. La Chiesa è tutta protesa a Gesù, come lo fu il Battista all’inizio. Ogni parola, ogni indicazione, ogni iniziativa da parte della comunità cristiana non ha altro scopo che questo: servire l’incontro sponsale tra ogni uomo e il Volto della misericordia.
Lungo l’Anno Santo anche noi, come san Paolo, potremo ripetere a tutti i fratelli che il Padre metterà sul nostro cammino: «siamo i vostri servitori a causa di Gesù» (2Cor 4,5).
Con i gesti di preghiera e di misericordia indicati dalla Chiesa nostra Madre – il pellegrinaggio verso la porta santa, la celebrazione della riconciliazione sacramentale con una più assidua pratica della confessione, le opere di misericordia corporali e spirituali, il dono dell’indulgenza, – il Signore ci chiama ad abbandonare ogni tentativo di salvarci con le nostre mani – inesorabilmente condannato al fallimento e a quella sorda disperazione che si chiama cinismo e avvelena le nostre giornate – per affidarci completamente a Lui. Egli, ci dice il profeta, «aspetta con fiducia per farvi grazia, per questo sorge per avere pietà di voi, perché un Dio giusto è il Signore; beati coloro che sperano in lui» (Is 30,18). Il Signore vuol rendere feconda la terra della nostra esistenza, vuole che il nostro convivere nella società plurale diventi occasione di bene per ogni membro della nostra comunità, vuole che la logica dell’esclusione e dello scarto lascino posto alla logica del dono e alla cultura dell’incontro.
L’Anno della Misericordia è un’occasione privilegiata per far esperienza della vicinanza di Dio. Colui che ci ha amato per primo, non si stanca di amarci e di attenderci. E l’attesa del Santo Natale accresce il nostro desiderio e la nostra supplica: Vieni Signore Gesù!