Il Precursore – è il titolo di questa quinta domenica di Avvento – è “colui che corre avanti” per annunciare l’arrivo di un altro. Il Battista è, pertanto, un testimone.

Nel vangelo di Giovanni il richiamo alla testimonianza ricorre con una frequenza molto maggiore (47 volte) che in tutto il resto del Nuovo Testamento (113 volte). Il termine viene riferito – fin dai primi versetti (Gv 1,6-8) – al Battista stesso, ma poi è riproposto lungo tutto il vangelo e ritorna alla fine nelle parole dell’evangelista, colui «che testimonia queste cose e le ha scritte, e noi sappiamo che la sua testimonianza è vera» (Gv 21,24). Nel percorso delle domeniche dell’Avvento abbiamo già altre volte incontrato il riferimento alla testimonianza come centrale nel cammino che stiamo compiendo. E a ragione, perché il testimone ci indica la strada più sicura per avvicinarci a Gesù.

L’Avvento ci domanda di muoverci in modo alacre, urgente, perché il nostro desiderio di Infinito venga compiuto. Bando alla pigrizia, a quella sorta di annebbiamento della intelligenza e della volontà che ci lascia inerti, quando non scettici, di fronte alla realtà.

Nel brano evangelico di oggi, ai sacerdoti e ai leviti, inviati dai Giudei, che lo interrogano circa la sua identità («Tu chi sei?», Gv 1,19), il Battista risponde prima in negativo e poi in positivo. Anzitutto, rifiutando di lasciarsi identificare con il Messia, con Elia e con il profeta, prepara ad accogliere la persona di Gesù: Colui che viene, il vero Messia, supera ogni attesa e immaginazione. Poi risponde in positivo riferendo a sé le parole di Isaia «Voce di uno che grida… rendete diritta la via del Signore… colui che viene dopo di me, ed era prima di me: a lui io non sono degno di slegare il laccio del sandalo» (Gv 1,23.27).

Il testimone è sempre riconoscibile da questa umiltà che sa “mantenere la distanza” da Colui che annuncia. Non attira l’attenzione su di sé, ma la distoglie da sé per indirizzarla su colui cui dà testimonianza. Si ritiene irrilevante, vuole che acquisti rilievo la figura dell’Altro.

Con questo radicale e permanente riferimento all’Altro che viene, il testimone accende negli uomini, sempre di nuovo, la speranza. Di che cosa? Di un nuovo inizio. «Un germoglio spunterà dal tronco di Iesse, un virgulto germoglierà dalle sue radici» (Is 11,1). La profezia di Isaia annuncia l’avvento di un salvatore, l’iniziatore di una novità che si rifletterà su tutta la creazione. È interessante notare che ciò viene espresso mediante una ritrovata pace fra gli animali e tra gli animali e l’umanità. Lo sguardo si fissa ancora una volta sulla meta, quando tutti i rapporti vissuti nell’esperienza storica dell’uomo come contrapposti, saranno ricreati in serena unità.

Dalla figura di Giovanni Battista siamo provocati ad interrogarci sulla autenticità della nostra testimonianza. Con iniziative concrete, personali e comunitarie, in tutti gli ambienti che frequentiamo, comunichiamo, con energica umiltà, la gratitudine per il Signore che viene.