Sono uscite in questi giorni alcune recensioni dell’agile libro del Patriarca dal titolo “Padre Nostro” (Ed. Cantagalli) tratto da una conversazione tra il card. Angelo Scola e Cristina Uguccioni.

Padre Nostro

Qui in particolare si ripropongono due articoli usciti rispettivamente sul Corriere del Veneto e il Gazzettino. Per altre informazioni sul libro cliccare sulla sezione  “Catalogo dei libri” in questa homepage.

Dal Corriere del Veneto di Martedì 14 Aprile

Scola: nel Padre Nostro le grandi domande dell’uomo

di Fiorella Girardo

Non si tratta di un’intervista, né di un saggio. Come indica il sottotitolo, l’ultimo libro del Patriarca di Venezia cardinale Angelo Scola è una conversazione sulla preghiera per eccellenza. Il testo del Padre Nostro (ed. Cantagalli, 2009, euro 5) è stato raccolto da Cristina Uguccione ed è tratto da una sua precedente pubblicazione incentrata sullo stesso tema. Ma considerare questo libretto (sono 56 pagine) uno scambio pur interessante di idee è riduttivo. In questo caso, infatti, la presenza di due interlocutori diventa l’occasione per una riflessione personale e profonda che soprattutto chiede di essere partecipata. Il lettore è immediatamente catapultato nel dialogo che lo interroga in prima persona, scavando nella sua vita personale: dal senso profondo dell’esistenza alla giornaliera fatica del vivere, dall’esperienza del Regno di Dio che si concretizza «già ora…nella pienezza dell’umano che la sequela di Gesù comporta», al mistero che penetra il quotidiano. È un percorso che attraverso il Padre Nostro entra nelle pieghe delle domande più scottanti dell’uomo contemporaneo, affrontando il tema della libertà umana davanti a quella divina, dell’esperienza del male nella vita di ognuno, del sacrificio come via verso il «gaudium», ma mai fine a se stesso. Dalle parole del cardinale Scola trapela un autentico entusiasmo per la vita e la totale adesione al Cristo che gli fanno dire che «noi siamo limitati, finiti, e la nostra contingenza ci angoscia perché ci fa temere di finire nel nulla, ma essa viene dall’amore…Ciò trasforma la vita in un’avventura assolutamente straordinaria perché essa diventa luogo di crescita, di libertà, e perciò di autocoscienza».

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Dal Gazzettino di Domenica 12 Aprile 2009

“Padre nostro”, annuncio di un Regno già attuale

di Sergio Frigo

C’è un equivoco che segna in profondità ciò che pensiamo della religione cristiana, ma che viene rimosso dal cardinal Angelo Scola fin dalle prime pagine del libriccino su “Il Padre nostro” (Ed. Cantagalli, € 5), frutto di una conversazione con la giornalista e saggista Cristina Uguccioni: si tratta della errata convinzione che il Cristianesimo neghi la salvezza nel presente per assicurarla nel futuro; e che il Paradiso sia, in altre parole, un lontano e misterioso premio che verrà assegnato agli uomini di buona volontà per ricompensarli dei loro sacritici nella quotidiana miseria del presente. Nulla di più sbagliato, argomenta il Patriarca ripercorrendo uno dei leit motive della Pasqua: nella “Lettera ai Colossesi”, ricorda Scola, San Paolo «descrive la Risurrezione come una dimensione attuale. E io non posso impedirmi di leggere in questa chiave – aggiunge il prelato – la grande invocazione del Padre nostro “venga il tuo regno”: il regno è già in atto ed è il dinamismo rigenerante che il Risorto ha impresso agli uomini, alla storia, al cosmo». L’analisi del patriarca prosegue approfondendo via via il senso di tutte le altre frasi di quella che è considerata la preghiera più bella e importante dei cristiani, perché insegnata loro direttamente dal Figlio di Dio: «un affresco straordinario – lo definisce mons. Scola – in cui si spiega l’esistente umano, l’esistente storico e quello cosmologico». C’è ad esempio la dimensione della reciprocità, sottesa all’appello al Padre, la dimensione della libertà, che è sempre in rapporto agli altri, implicita nell’invocazione “sia fatta la tua volontà”, e c’è la dimensione della giustizia, su cui ruota tutta la seconda parte della preghiera. É come se il disegno divino non si dipanasse nella storia senza l’intervento attivo dell’uomo, osserva il cardinale, che ci regala in queste pagine anche il ricordo di se stesso bambino – tanto ghiotto di cioccolato da prendersi gli scappellotti della mamma e soprattutto da meritarsi il suo sguardo di amore addolorato – ma anche adolescente appassionato di alpinismo, bloccato dalla paura sulla Cresta Segantini, che si salva solo affidandosi all’aiuto di un amico. Altra metafora evidente della Fede, ma di una fede concreta, calata profondamente nella quotidianità.