Qui di seguito una nota del Patriarca sull’esortazione apostolica post-sinodale sulla Parola di Dio, “Verbum Domini”,  pronunciata in occasione dell’incontro ecumenico di formazione del clero, tenutosi giovedì 20 gennaio a Zelarino (Ve), e proposto da tre voci: Elisabetta Ribet, Pastora valdese di Venezia, Evangelos Yfantidis, Archimandrita, Vicario generale Arcidiocesi ortodossa d’Italia e Malta ed Angelo card. Scola, Patriarca di Venezia:

+ Angelo Card. Scola

patriarca

 

A. L’assemblea sinodale sulla Parola di Dio e l’Esortazione apostolica Verbum Domini come “eventi ecumenici” 

In unità organica con l’assemblea sinodale sull’Eucaristia come fonte e culmine della vita e della missione della Chiesa e con la successiva esortazione apostolica Sacramentum caritatis, la Verbum Domini costituisce un’importante atto di ricezione (Receptio) dinamica e un approfondimento puntuale di quanto trasmesso (Traditio) dal Vaticano II, in particolare nella Costituzione dogmatica sulla divina rivelazione, Dei Verbum, riguardo alla Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa. 

1. Questo documento di Benedetto XVI ci permette di considerare l’Assemblea del Sinodo dei Vescovi, celebratosi nell’ottobre 2008, innanzitutto come evento per se stesso di carattere ecumenico. Come noto, il genere letterario dell’esortazione apostolica permette al documento di “riprendere quanto elaborato dal Sinodo, tenendo conto dei documenti presentati” (VD 1) e di essere così ermeneutica magisteriale del Sinodo stesso. Papa Benedetto al n. 4 rilegge l’evento sinodale affermando: “Insieme abbiamo ascoltato e celebrato la Parola del Signore. Ci siamo raccontati vicendevolmente quanto il Signore sta operando nel Popolo di Dio, condividendo speranze e preoccupazioni. Tutto questo ci ha reso consapevoli che possiamo approfondire il nostro rapporto con la Parola di Dio solo all’interno del «noi» della Chiesa, nell’ascolto e nell’accoglienza reciproca”. Da ciò si evince come l’incontro sinodale si sia svolto sotto l’orizzonte della comunione ecclesiale che costituisce anche l’orizzonte ermeneutico adeguato della stessa sacra Scrittura, quale Parola di Dio attestata.

In questo contesto comunionale Benedetto XVI aggiunge l’esplicito riferimento alla presenza dei delegati fraterni all’assise vaticana: «Da qui scaturisce la gratitudine per le testimonianze sulla vita ecclesiale nelle diverse parti del mondo, emerse dai vari interventi in aula. Allo stesso modo è stato toccante anche ascoltare i Delegati fraterni, che hanno accolto l’invito a partecipare all’incontro sinodale. Penso in particolare alla meditazione che ci ha offerto Sua Santità Bartolomeo I, Patriarca ecumenico di Costantinopoli, per la quale i Padri sinodali hanno espresso profonda riconoscenza».

Da questo passaggio possiamo evincere come lo stesso evento sinodale, soprattutto nella sua dimensione testimoniale, è stato di fatto un evento di portata ecumenica: ci siamo incontrati, abbiamo condiviso preoccupazioni e prospettive, soprattutto ci siamo ascoltati e narrati vicendevolmente le esperienze in atto nel popolo di Dio.

Del resto, prima ancora che sul piano del confronto dottrinale, pur importantissimo, ha attuato il metodo della testimonianza vicendevole, quello che finora ci ha permesso di fare passi assai significativi in campo ecumenico e che contiene in se una speranza per il futuro. 

2. Tale confronto testimoniale non è stato meramente formale nell’ultimo Sinodo. Ne è prova il fatto che la stessa presenza dei delegati fraterni ed il loro contributo abbiano trovato una ricezione nello stesso testo dell’Esortazione Apostolica. Si ricorderà che gli stessi delegati fraterni sono stati invitati a partecipare ai circoli minori durante lo svolgimento del Sinodo, in cui vengono stese le propositiones, dalle quali il santo Padre elabora successivamente il documento postsinodale. A questo proposito è significativo riferirsi ancora alla meditazione che sua santità Bartolomeo I ha offerto ai padri sinodali. Non si è trattato solo di un intervento stimato grandemente dai presenti, da essere menzionato in una delle propositiones approvate (n. 37) e nello stesso testo della Verbum Domini (n. 4). Lo stesso contenuto della meditazione del Patriarca di Costantinopoli viene seppur implicitamente ripreso in più punti della esortazione di Benedetto XVI: per esempio le sue osservazioni in riferimento alla presenza della Parola di Dio nella creazione (Dimensione cosmica della Parola: VD n. 8), con la conseguente tematizzazione della salvaguardia del creato (VD 108), alla presenza trasfigurante della Parola di Dio attraverso la bellezza delle icone (VD 112) e della vita dei santi (VD 48).

B. Parola di Dio, sacra Scrittura ed ecumenismo 

Entrando ora in merito ai contenuti ecumenici dell’Esortazione Apostolica Verbum Domini è inevitabile considerare come lo stesso tema della Parola di Dio sia ricco di spunti ecumenici non privi di problematicità. Si deve dunque riconoscere che l’affronto del tema, che così tanti problemi ha suscitato nel tempo, indica una volontà ecumenica da parte cattolica. L’assemblea sinodale e l’esortazione apostolica hanno avuto il “coraggio”, per così dire, di mettere a tema uno degli argomenti maggiormente sensibili in ambito ecumenico. 

1. Giustamente papa Benedetto XVI fa intendere che il tema dell’assemblea del Sinodo dei Vescovi non era unicamente la “sacra Scrittura” ma la Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa, nel suo significato più ampio, ossia il fatto che Dio stesso si presenti a noi come mistero ineffabile di comunione: «Dio si fa conoscere a noi come mistero di amore infinito in cui il Padre dall’eternità esprime la sua Parola nello Spirito Santo. Perciò il Verbo, che dal principio è presso Dio ed è Dio, ci rivela Dio stesso nel dialogo di amore tra le Persone divine e ci invita a partecipare ad esso» (VD 6).

Tuttavia, con ciò non si è voluto eludere il tema della sacra Scrittura e la problematica ecumenica connessa. Al contrario, Benedetto XVI tematizza direttamente la sacra Scrittura attraverso il concetto prezioso dell’analogia della Parola (VD 7) in cui si evidenziano i diversi significati della stessa espressione “Parola di Dio”; al centro dei quali si trova, come si afferma sulla scorta del prologo giovanneo, il Logos che «indica originariamente il Verbo eterno»; il quale si è fatto carne. Pertanto «l’espressione “Parola di Dio” viene qui ad indicare la persona di Gesù Cristo, eterno Figlio del Padre, fatto uomo» (VD 7). Intorno a questo significato centrale vengono riletti gli altri significati dell’espressione, dal fatto che la stessa creazione sia parte della comunicazione che Dio fa della sua Parola, fino alla predicazione apostolica e alla tradizione viva della Chiesa, esplicitando via via il suo senso trinitario, cristologico, pneumatologico ed escatologico (VD 8-21).

Certamente giova alla causa ecumenica ascoltare la raccomandazione di Benedetto XVI di cogliere la Parola di Dio nei suoi “diversi significati” così che «risplenda meglio l’unità del piano divino e la centralità in esso della persona di Cristo» (VD 7).

In questo contesto Benedetto XVI riassume la dottrina ecclesiale a proposito della Bibbia con queste espressioni: «la Parola di Dio attestata e divinamente ispirata è la sacra Scrittura, Antico e Nuovo Testamento. Tutto questo ci fa comprendere perché nella Chiesa veneriamo grandemente le sacre Scritture»; tuttavia precisando che la fede cristiana non è una «religione del Libro ma della Parola di Dio»… «nonuna parola scritta e muta, ma del Verbo incarnato e vivente”»[1]. Pertanto la Scrittura va proclamata, ascoltata, letta, accolta e vissuta come Parola di Dio, nel solco della Tradizione apostolica dalla quale è inseparabile (VD 7). In tal modo si può dire che «Sebbene il Verbo di Dio preceda ed ecceda la sacra Scrittura, tuttavia, in quanto ispirata da Dio, essa contiene la Parola divina (cfr 2Tm 3,16) “in modo del tutto singolare” (prop. 3)» (VD 17). 

2. Con questa chiave di lettura il Santo Padre affronta esplicitamente il tema dell’ecumenismo, proprio in relazione alla Sacra Scrittura, al n. 46 della Verbum Domini. L’esortazione innanzitutto sottolinea l’importanza del tema, richiamando un testo significativo del decreto sull’ecumenismo del concilio Vaticano II: «La sacra Scrittura nello stesso dialogo [ecumenico] costituisce l’eccellente strumento nella potente mano di Dio per il raggiungimento di quella unità, che il Salvatore offre a tutti gli uomini»[2]. In che modo il testo di Benedetto XVI ci invita a lavorare per l’unità dei cristiani in riferimento alla sacra Scrittura? 

A questo proposito credo sia necessario considerare previamente quello che il Papa afferma nella seconda parte del documento in relazione alla sacramentalità della Parola di Dio (cf. VD 56), con la quale si sottolinea in modo originale la profonda unità tra Scrittura e sacramento, in particolare l’Eucaristia (VD 53-55), e pertanto il carattere di contemporaneità che la parola di Dio ha rispetto al nostro presente; infatti, ۫«la Parola di Dio è viva e si rivolge a ciascuno nel presente della nostra vita» (VD 37). La sacramentalità della parola di Dio si iscrive all’interno dell’orizzonte sacramentale della rivelazione di cui già Giovanni Paolo II aveva mirabilmente parlato in Fides et Ratio (n. 13).

Da ciò si comprende la risoluta affermazione di Benedetto XVI intorno al fatto che il luogo privilegiato del nostro rapporto con la Parola di Dio è la liturgia (VD 52), come, peraltro, il luogo originario della sua interpretazione è il mistero della Chiesa (cf. VD 29). Infatti, in relazione ed in analogia al mistero eucaristico,«la proclamazione della Parola di Dio nella celebrazione comporta il riconoscere che sia Cristo stesso ad essere presente e a rivolgersi a noi per essere accolto» (VD 56; cf. SC 7).

Del resto, in questa direzione ci sembra vada anche la scelta del versetto della Scrittura per questa settimana dell’unità dei cristiani: «Uniti nell’insegnamento degli apostoli, nella comunione, nello spezzare il pane e nella preghiera» (Atti 2, 42). In tal senso l’approfondimento della relazione inseparabile tra Parola ed Eucaristia non può che portare a maggiore profondità il dialogo ecumenico stesso. 

3. Arriviamo così a considerare l’invito di Benedetto XVI a tutti i credenti di accostarsi insieme alla sacra Scrittura come atto di vero ecumenismo. Ciò vuol dire, come si ricorda nel documento, «che ascoltare e meditare insieme le Scritture ci fa vivere una comunione reale, anche se non ancora piena»; ed ancora «“l’ascolto comune delle Scritture spinge perciò al dialogo della carità e fa crescere quello della verità”». Tutto ciò “costituisce un cammino da percorrere per raggiungere l’unità della fede, come risposta all’ascolto della Parola» (n. 46). Infatti, proprio nelle sacre Scritture «troviamo la preghiera vibrante di Gesù al Padre che i suoi discepoli siano una sola cosa affinché il mondo creda (cfr Gv 17,21)».

La prospettiva che qui emerge è suggestiva: il lavoro ecumenico non si configura innanzitutto come mero confronto dottrinale ma innanzitutto come il ricomporsi insieme dei credenti nella fede di fronte alla Parola stessa di Dio, viva ed efficace. Infatti, è Gesù Cristo, Verbo di Dio fatto carne e presente qui ed ora la fonte della nostra unità. L’unità della fede è data dalla comune risposta al “Dio che parla” nel suo Figlio presente nel mistero della comunione dei credenti.

In questa prospettiva si può infine comprendere perché, come si dice sempre al n. 46, «è bene incrementare lo studio, il confronto e le celebrazioni ecumeniche della Parola di Dio». In questo contesto orante del dialogo si colloca anche tutto il lavoro di confronto e di studio che deve essere realizzato responsabilmente da parte di tutti. 

4. La Verbum Domini, tra i vari ambiti di lavoro ecumenico, ricorda in riferimento alla sacra Scrittura l’importante lavoro della Traduzione della Bibbia nelle diverse lingue. Questo impegno ha visto il coinvolgimento di molte energie in questi decenni. Benedetto XVI ringrazia tutti coloro che si sono spesi per la causa ecumenica in questo lavoro, quando ricorda che «tradurre un testo non è mero lavoro meccanico, ma è in un certo senso parte del lavoro interpretativo. A questo proposito, il Venerabile Giovanni Paolo II ha affermato: “Chi ricorda quanto abbiano influito sulle divisioni, specie in Occidente, i dibattiti attorno alla Scrittura, può comprendere quale notevole passo avanti rappresentino tali traduzioni comuni”[3]. Perciò la promozione delle traduzioni comuni della Bibbia è parte del lavoro ecumenico. Desidero qui ringraziare tutti coloro che sono impegnati in questo importante compito e incoraggiarli a proseguire nella loro opera» (n. 46). 

5. Celebrazione, preghiera e lavoro comune sulla sacra Scrittura non rappresentano in alcun modo una scorciatoia al necessario chiarimento relativamente ai punti sulla sacra Scrittura che non ci vedono ancora unanimi. Vi sono punti che chiedono di essere ulteriormente indagati e approfonditi. Benedetto XVI ne è ben consapevole quando a questo proposito ricorda ad esempio la comprensione del soggetto autorevole dell’interpretazione nella Chiesa ed il ruolo decisivo del Magistero» (VD 46). Ma la riscoperta dell’orizzonte sacramentale della rivelazione cristiana, la preghiera e l’ascolto comune della parola di Dio ed il confronto constante nella carità fanno pensare che ci siano le condizione perché questo cammino continui positivamente con l’aiuto di Dio. 

Tutto ciò fa comprendere il significato profondo della celebrazione di questa settimana di preghiera per l’unità dei cristiani. Ad essa si fa implicito riferimento nella Verbum Domini quando si afferma che «Queste celebrazioni giovano alla causa ecumenica e, quando vengono vissute nel loro vero significato, costituiscono momenti intensi di autentica preghiera in cui chiedere a Dio di affrettare il giorno sospirato in cui potremo tutti accostarci alla stessa mensa e bere all’unico calice» (VD 46).

Note:
[1] SAN BERNARDO DI CHIAR AVALLE, Homilia super Missus est , IV, 11: PL 183, 86 B.
[2] CONC. ECUM. VAT. II, Decr. sull’Ecumenismo Unitatis redintegratio, 21.
[3] Lett. enc. Ut unum sint (25 maggio 1995), 44: AAS 87 (1995), 947.