Omelia per i dieci anni dalla dipartita di Maria Angela Manara May

Gen 6,1-22; Gal 5,16-25, Lc 17,26-30.33

Chiesa di S. Marzia al Molinatto, 25 giugno 2023

 

Carissimi,

Roberto e tutti i suoi, come ogni anno, hanno voluto ricordare Maria Angela con questa Liturgia. E quest’anno è il decennale del suo passaggio all’altra riva, quindi questa memoria liturgica assume un rilievo particolare, nel senso che tocca la nostra memoria, perché – ce ne dimentichiamo spesso -, ma una delle dimensioni costitutive della nostra quotidiana esistenza è la memoria. Dicevo che tocca la nostra memoria più nel profondo e così ci invita alla conversione, di cui tutti abbiamo bisogno. I termini di questa conversione sono stati ampiamente descritti dalle Letture di oggi.

Dopo aver descritto la situazione dell’umanità prima di interrompere la sua alleanza creativa Jahvè dice che tutti erano malvagi. Però poi il testo aggiunge che «Noè trovò grazia agli occhi del Signore» (Gn 6,8). Io penso che la prima provocazione che dal Cielo Maria Angela ci fa è che noi dobbiamo chiedere questa grazia, così come lei l’ha vissuta e l’ha trovata, in vita e in morte.

Ci sono quattro o cinque espressioni nella Lettura che definiscono bene la fisionomia di Maria Angela. Anzitutto: «Noè era uno che camminava con Dio» (Gn 6,9b). Noi che l’abbiamo conosciuta un po’ e, soprattutto, un po’ nel profondo, possiamo dire che Maria Angela camminava con Dio. E camminava con Dio perché tutte le caratteristiche del giusto di cui la Lettera ai Galati oggi parla -«l’amore, la gioia, la pace, la magnanimità, la benevolenza, la bontà, la fedeltà, la mitezza, il dominio di sé…» (Gal 5,22)- erano certamente, in misura diversa, proprie della Maria Angela.

Io sintetizzo tutta questa sequenza di virtù in un dato che ho potuto constatare lungo tanti anni, fin dalla sua giovinezza, in Maria Angela: viveva una instancabile tensione a Dio. Nella sua giornata, nel modo di valutare ciò che doveva o non doveva fare, nel modo di accettare le sue fatiche, nel modo di edificare i suoi figli, la sua famiglia, nel modo di aiutare le tante persone amiche che aveva intorno a sé, soprattutto quelle che erano sull’orlo della disperazione… era come divorata da questa fame, da questo bisogno di Dio.

Era sempre inquieta in proposito. Diceva sempre che non era disponibile, che non era capace di mantenere il volto del Signore nella sua esistenza quotidiana. Era quasi tormentata, in certe occasioni, per questo che riteneva essere, diciamo così, il suo difetto più grande.

Sono rare, tra di noi e in generale, le persone in cui la presenza di Dio non funzioni a intermittenza. La nostra modalità – dico almeno la mia, può darsi che voi siate già tutti nella prospettiva della santità – ma la mia va molto a intermittenza. Dio è un fattore tra gli altri, sostituito molto facilmente dagli altri. Magari fattori anche molto importanti, determinanti per la vita (mangiavano, bevevano, si sposavano …), ma non decisivi.

Poche persone ho conosciuto che vivessero la tensione a Dio, il rapporto con Dio come il filo conduttore della loro esistenza. E Maria Angela era una di queste. Quindi ricordarci esplicitamente di lei, che nella Liturgia celeste partecipa di questa liturgia terrena, è una provocazione per il nostro cambiamento oggi, per la nostra conversione.

E allora si capisce perché di lei si può dire, perché ci è stato detto sempre dalla liturgia, «Chi cercherà di salvare la propria vita la perderà, ma chi la perderà per Cristo, la manterrà viva» (Lc 17,33). E qui voglio ricordare l’enorme schiera di martiri cristiani nel mondo. Chi affronta e studia attentamente anche le dimensioni numeriche di questa situazione ci ha fatto capire che, contrariamente a quanto noi pensiamo, il martirio dei cristiani e anche, più in generale, degli uomini di religione, è molto più consistente e radicale e radicato, di quanto non fosse il martirio dei primi cristiani. Invece noi ce ne dimentichiamo spesso.

Io non ho altro da aggiungere se non l’invito a star più in contatto consapevole con i nostri cari trapassati. Noi abbiamo spesso un contatto sentimentale, un contatto nostalgico. Comprensibile, umanamente molto comprensibile, e tuttavia non decisivo, perché non ci cambia. Invece se stiamo in contatto consapevole con loro, al di là del fatto che il loro parlarci è silenzioso e ha bisogno di un ascolto profondo, impariamo dagli elementi di santità che li caratterizza. Nel caso della Maria Angela abbiamo molto da imparare.