Proponiamo la trascrizione dell’omelia della Messa celebrata dal cardinale Scola lunedì 24 febbraio 2020 presso la cappellina della sua abitazione di Imberido (LC).

Nella fotografia: Giorgio Galletti, Rifiuto della luce


Omelia di lunedì 24 febbraio 2020

Settimana dell’ultima domenica dopo l’Epifania – Anno II

Qo 1,16-2,11; Sal 24; Guidami nella tua verità, o Signore; Mc 12,13-17

L’attacco del Libro di Qoelet non cessa di provocarci, se non di spiazzarci, tutte le volte che ne prendiamo contatto.

La vanitas resta, secondo Qoelet, l’espressione più realistica del vivere umano. Anche se questo giudizio non va astratto dal contesto globale del Libro, in cui la dimensione positiva del vivere è comunque sottolineata.

L’autore fa passare una serie di situazioni, di fattori con cui ha voluto confrontarsi per vedere se lo scoglio della vanitas fosse superabile.

«… sono cresciuto e avanzato in sapienza più di quanti regnarono prima di me a Gerusalemme… Ho deciso allora di conoscere la sapienza e la scienza, come anche la stoltezza e la follia, e ho capito che anche questo è un correre dietro al vento. Infatti: molta sapienza, molto affanno; chi accresce il sapere aumenta il dolore. Io dicevo fra me: “Voglio metterti alla prova con la gioia. Gusta il piacere!” … [fa passare in un certo senso tutti gli oggetti a cui l’unità dell’io, il “corpo e anima uno” che è ciascuno di noi – nel bene o nel male, in misure ridotte o in misure maggiorate – è chiamato a confrontarsi con la vanitas]… Ho intrapreso grandi opere, mi sono fabbricato case, mi sono piantato vigneti. … Ho acquistato schiavi e schiave e altri ne ho avuti nati in casa; ho posseduto anche armenti e greggi in gran numero, più di tutti i miei predecessori a Gerusalemme. Ho accumulato per me anche argento e oro, ricchezze di re e di province. Mi sono procurato cantori e cantatrici, insieme con molte donne, delizie degli uomini. Sono divenuto più ricco e più potente di tutti i miei predecessori a Gerusalemme, pur conservando la mia sapienza. Non ho negato ai miei occhi nulla di ciò che bramavano, né ho rifiutato alcuna soddisfazione al mio cuore, che godeva d’ogni mia fatica: questa è stata la parte che ho ricavato da tutte le mie fatiche. Ho considerato tutte le opere fatte dalle mie mani e tutta la fatica che avevo affrontato per realizzarle. Ed ecco: tutto è vanità e un correre dietro al vento. Non c’è alcun guadagno sotto il sole»

È un passaggio questo che ha colpito moltissimo e ha segnato la storia della letteratura e di tutte le espressioni religiose: A un punto tale da influenzare attraverso l’ebraismo anche le nostre culture occidentali. Contro il rischio di questa vanitas, di questo svuotamento, anche noi europei lottiamo tutti i giorni.

Le varie forme in cui si insinua in noi la vanitas sono sotto i nostri occhi: malinconie, insoddisfazioni, attitudini depressive, incomprensioni, dipendenza stretta dal giudizio degli altri su di noi piuttosto che dal nostro giudizio su noi stessi, modalità di relazione con Dio spesso solo formale, quantitativa, non qualitativa, incapacità di accettare realmente Cristo nella comunione quotidiana vissuta, bisogno di dare sfogo alle nostre letture psicologiche su tutto, da cui deriva un sentimento ultimamente paralizzante… Queste potrebbero essere forme descrittive della vanitas soggettiva.

Poi c’è la vanitas oggettiva: il coronavirus è qui a ricordarcelo. Pensiamo allo strapotere della tecnoscienza, che apre scenari di transumanesimo, alla pretesa di controllare ciascuno di noi attraverso questi nuovi grandi mezzi di comunicazione costruendo un algoritmo personale sulla base poi del quale condizionarci per ora soprattutto negli acquisti, ma lentamente anche nel modo di pensare, con la presunzione di potere, fra qualche migliaio di anni, vivere solo di cervello, riducendo il corpo a qualche protesi costruita con l’intelligenza artificiale… E poi arriva il coronavirus.

Cosa imparare dunque dall’attacco di questo Libro così singolare, finito nel canone sia ebraico che cattolico, e quindi Parola di Dio? Come ci può sorprendere ed arricchire una simile descrizione articolata che sembra non offrire a prima vista vie d’uscita?

Come potremo vedere nelle Letture dei giorni che verranno, la vittoria sulla vanitas può venire unicamente da quell’esperienza del Cristo vivo (non del Cristo immaginato, non del Cristo mitizzato) che nutre i rapporti fra di noi, i rapporti di comunione.

Tutte le volte che noi ci allontaniamo dall’esperienza reale del Cristo vivo inesorabilmente cadiamo nella vanitas.