Pubblichiamo una riflessione dell’Arcivescovo su questa quarta domenica.
«Dio ci sorprende sempre», è solito ripetere papa Francesco. Lo vediamo bene nella liturgia di questa IV Domenica di Avvento, che ci parla della venuta del Signore, in obbedienza al Padre e al suo disegno di salvezza su tutti gli uomini.
Gesù, infatti, viene in modo paradossale. Il suo essere Re è mite, discreto, tutto teso a consegnare la sua vita. Come ricorda il profeta Isaia, Dio nel suo Figlio incarnato «come un pastore fa pascolare il gregge e con il suo braccio lo raduna; porta gli agnellini sul petto e conduce dolcemente le pecore madri» (Is 40, 11). Viene non imponendosi, ma offrendosi. Si vede bene, come ha scritto Benedetto XVI, lo “stile” di Dio: «… non è forse proprio questo lo stile divino? Non sopraffare con la potenza esteriore, ma dare libertà, donare e suscitare amore».
Questo stile scaturisce dal rapporto di amore tra Gesù e il Padre nello Spirito. Un amore che lungo la vita terrena di Gesù si fa obbedienza. L’obbedienza, infatti, è la perfezione dell’amore: «Non come voglio io, ma come vuoi tu». Anche noi siamo chiamati a vivere in prima persona questo atteggiamento amoroso di obbedienza. Siamo chiamati a stendere davanti a Cristo – come dicevano i Padri della Chiesa – ben più che i mantelli, le nostre persone, in atteggiamento di gratitudine. Al dono totale di sé che Gesù fa a ciascuno di noi vogliamo rispondere con il dono di noi stessi a Lui: il nostro tempo, le nostre energie, i nostri beni, il nostro cuore… Per sua natura, infatti, l’amore domanda reciprocità.
La consegna di noi stessi in questa dinamica dell’amore-obbedienza sarà la risposta più adeguata a quella tendenza a un individualismo esasperato fino a punte di autismo spirituale – la più pericolosa patologia per l’uomo post-moderno – che caratterizza le nostre società avanzate. Gesù è venuto a guarirci da questa solitudine cattiva, dalla ferita mortale che sembra recidere le relazioni costitutive della persona. È Lui il Testimone fedele del Padre che – con la sua Incarnazione, Passione, Morte e Risurrezione – ri-crea il nostro io-in-relazione.
Sant’Anselmo prega così: «Insegnami a cercarti e mostrati quando ti cerco: non posso cercarti se tu non mi insegni, né trovarti se non ti mostri. Che io ti cerchi desiderandoti e ti desideri cercandoti, che io ti trovi amandoti e ti ami trovandoti». Una ricerca, quella del Dio con noi, che coinvolge l’intera famiglia umana. L’Avvento è il tempo propizio per accorgerci di questo dono, come ci suggerisce un’Antifona della Messa di questa domenica: «O Dio con noi, nostro sovrano, che ci hai dato la legge dell’amore, tu, che le genti attendono, tu, che le puoi redimere, vieni a salvarci». Tutte le stirpi, tutte le genti: nessuno è escluso dalla salvezza che il Signore Gesù è venuto a offrire.
Papa Francesco, nella sua visita del prossimo 25 marzo, solennità dell’Annunciazione, sarà testimone privilegiato di questo annuncio per ogni donna e per ogni uomo delle terre ambrosiane.