VENEZIA – Viene proposto qui di seguito un estratto, pubblicato oggi su “L’Osservatore Romano“, della relazione – dal titolo “L’insegnamento di Karol Wojtyła. Giovanni Paolo II e l’uomo postmoderno” — pronunciata dal Patriarca al convegno tenutosi sabato 12 marzo nella Sala Sant’Apollonia a Venezia e organizzato dall’Istituto superiore di scienze religiose «San Lorenzo Giustiniani», inserito nello Studium Generale Marcianum.
Angelo Scola
La proposta di Dio formulata da Giovanni Paolo II, soprattutto nelle tre encicliche trinitarie, risponde al desiderio di Dio dell’uomo postmoderno. Un desiderio insopprimibile anche quando viene sepolto sotto le macerie dell’odierno clima nichilistico. La via maestra scelta dal Papa polacco è quella della contemporaneità di Gesù Cristo.
Sin dall’inizio del suo pontificato, Giovanni Paolo II ha formulato con forza una decisiva lettura del concilio Vaticano II basata sull’icastica affermazione: «Redentore dell’uomo, Cristo è il centro del cosmo e della storia» (Redemptor hominis, 1). Con questa enciclica egli propone programmaticamente tale prospettiva per permettere una comprensione esatta del nucleo costitutivo dell’esperienza cristiana, intesa come pienezza dell’esperienza comune, integrale ed elementare dell’uomo.
L’affermazione iniziale è ulteriormente approfondita dai paragrafi 6-9, che sostengono non solo il primato di Cristo redentore ma il primato di Cristo tout court. Cristo è il Capo per mezzo del quale esistono tutte le cose. In Lui, l’uomo è pensato, voluto e creato e non solo redento. Il Papa riprende a questo punto il passo di Gaudium et spes, 22 che ha ispirato tutta la sua vita di uomo e di sacerdote, affermando che gli uomini «proprio nel Figlio primogenito sono stati, fin dall’eternità, predestinati a divenire figli di Dio e chiamati alla grazia, chiamati all’amore». E tale rivelazione dell’amore e della misericordia «ha nella storia dell’uomo una forma e un nome: si chiama Gesù Cristo». Giovanni Paolo II ci guida così nel passaggio da Gesù al Padre attraverso la strada che Cristo stesso ci ha mostrato per rivelarci la Trinità: da Gesù al Padre nello Spirito.
Questo tema viene ulteriormente indagato nella seconda enciclica del trittico trinitario: Dives in misericordia, che, approfondendo il cristocentrismo, scardina la falsa contrapposizione fra teocentrismo e antropocentrismo proposta da «varie correnti del pensiero umano» (1). Ciò è possibile perché Gesù, la misericordia incarnata, rivelando Dio nell’impenetrabile mistero del Suo essere, ne mostra anche chiaramente l’amore per l’uomo. È nell’orizzonte del Logos-Amore, come non cessa anche oggi di affermare Benedetto XVI, che il desiderio di Dio incontra un’adeguata risposta. In questo Dio infatti, la ragione, la fede e la vera religione scoprono il loro nesso profondo e fecondo. Il manifestarsi della misericordia del Padre in Cristo spiega il senso esatto del mistero della creazione, consentendo anche di lumeggiare il mistero dell’elezione di ogni uomo in Gesù Cristo.
Il percorso che dall’evento Gesù Cristo conduce alla vita intima della Trinità si completa nella terza enciclica trinitaria di Giovanni Paolo II, la Dominum et vivificantem, in cui è descritto il dialogo vitale che lo Spirito consente tra la Trinità e l’uomo. Questa enciclica mostra la portata estrema della pretesa di Gesù Cristo, descritto come immagine perfetta del Padre e quindi come la figura dell’uomo, perché questi, a sua volta, è creato a immagine di Dio. Per la grazia dello Spirito, l’uomo scopre «in se stesso l’appartenenza a Cristo» e attraverso questa appartenenza comprende meglio il senso della sua dignità.
In che modo allora la centralità storica e cosmica di Cristo alfa e omega può ancora incontrare l’interesse dell’uomo odierno? Cosa offre Cristo alla sua ragione iper-esigente e alla sua libertà spesso insoddisfatta? Gli offre una risposta esauriente all’enigma da cui è costituito senza annullarne la libertà dal momento che Cristo non pre-decide il dramma del singolo. Secondo la riflessione teologica sulla singolarità di Gesù Cristo, il Figlio di Dio incarnato, rivelandosi a un tempo non solo come redentore universale ma anche come capo della creazione, si attesta come l’Evento che spiega l’uomo all’uomo. In tale Evento la libertà infinita del Deus Trinitas si piega, attraverso il Logos-Amore, sulla libertà finita dell’uomo, liberandola.
L’affermazione di Cristo, nostro contemporaneo, come attestazione della possibilità di nominare Dio oggi, presuppone una lettura della sua Persona in quanto Persona salvifica, come emerge dal trittico trinitario di Giovanni Paolo II. Una lettura siffatta permette di rendere conto dell’interesse per la sua venuta nel mondo. Nella persona storica di Gesù Cristo si trovano veramente unificate e proiettate, nell’escatologia del mondo nuovo/cieli nuovi, tutte le dimensioni antropologiche. Emerge così anche l’interesse per l’uomo nuovo senza il quale l’interesse per Cristo è nominale e, nello stesso tempo, si evidenzia l’interesse per Cristo senza il quale l’interesse per l’uomo resta ultimamente vuoto. La questione dell’interesse per, che riprende il tema della con-venientia di Tommaso, è pedagogicamente assai attuale e quindi decisiva per la nuova evangelizzazione.