VENEZIA – Viene pubblicato qui di seguito il testo dell’omelia pronunciata dal Patriarca in occasione della Santa Messa celebrata nel Mercoledì delle Ceneri, 9 marzo, nella Basilica Cattedrale di San Marco a Venezia:
+ Angelo Scola
Patriarca
1. «Ecco ora il momento favorevole, ecco ora il giorno della salvezza!» (2Cor 6,2; cfr Is 49,8). «Passiamo in rassegna tutte le epoche del mondo e constateremo come in ogni generazione il Signore abbia concesso modo e tempo di pentirsi a tutti coloro che furono disposti a tornare a Lui», scrive nel primo secolo il quarto Papa, Clemente I, parlando degli araldi di penitenza Noè, Giona e i profeti (Ufficio del Mercoledì delle ceneri, Lettera di San Clemente I). Su questo atteggiamento di Dio si fonda la nostra speranza affidabile: la riconciliazione di Dio con l’uomo è resa possibile perché Colui che non aveva conosciuto peccato è stato fatto peccato. E, per pura grazia noi siamo diventati giustizia di Dio.
L’orizzonte del tempo liturgico di Quaresima è magistralmente descritto da Benedetto XVI. «Mentre guarda all’incontro definitivo con il suo Sposo nella Pasqua eterna, la Comunità ecclesiale, assidua nella preghiera e nella carità operosa, intensifica il suo cammino di purificazione nello spirito, per attingere con maggiore abbondanza al Mistero della redenzione la vita nuova in Cristo Signore» (Messaggio per la Quaresima 2011).
2. La teologia biblica rivela un duplice significato del gesto delle ceneri: anzitutto sono segno della condizione dell’uomo debole e fragile. [Abramo rivolgendosi a Dio dice: «Vedi come ardisco parlare al mio Signore, io che sono polvere e cenere» (Gen 18,27)]. In questi ultimi giorni siamo ammutoliti di fronte all’abisso del male, che spesso sembra ingiustificabile. Se non chiudiamo gli occhi di fronte al male, un grido esplode da profondo: “Chi ci libererà?”. La cenere diventa allora il segno esterno di colui che si pente e decide di tornare al Signore: «Laceratevi il cuore e non le vesti, ritornate al Signore, vostro Dio» (Gl 2,13). [“I cittadini di Ninive credettero a Dio e bandirono un digiuno, vestirono il sacco, dal più grande al più piccolo. Giunta la notizia fino al re di Ninive, egli si alzò dal trono, si tolse il manto, si coprì di sacco e si mise a sedere sulla cenere” (Gio 3,5-9)]. I segni esterni di penitenza, cui facciamo ricorso in Quaresima, debbono essere strada al cuore contrito. Il cristiano che sta di fronte a Dio in atteggiamento di confessione viene rigenerato dalla misericordia di Cristo, il cui cammino verso la Pasqua ci accingiamo a ripercorre, rigenerato nelle sue relazioni costitutive: quelle con se stesso, con gli altri, con Dio. Ritorniamo a questa semplicità, al cuore puro!
3. «Concedi, Signore, al popolo cristiano di iniziare con questo digiuno un cammino di vera conversione per affrontare vittoriosamente con le armi della penitenza il combattimento contro lo spirito del male» (Orazione di colletta). È un cammino ascetico le cui armi sono elencate dal Vangelo ed illustrate dal Santo Padre nel suo Messaggio per la Quaresima:
Digiuno: «Impariamo a distogliere lo sguardo dal nostro “io”, per scoprire Qualcuno accanto a noi e riconoscere Dio nei volti di tanti nostri fratelli”.
Elemosina (etimologicamente: misericordia, pietà): «La pratica dell’elemosina è un richiamo al primato di Dio e all’attenzione verso l’altro, per riscoprire il nostro Padre buono e ricevere la sua misericordia».
Preghiera: «Nella preghiera troviamo… tempo per Dio, per conoscere che “le sue parole non passeranno” (cfr Mc 13,31), per entrare in quell’intima comunione con Lui “che nessuno potrà toglierci” (cfr Gv 16,22) e che ci apre alla speranza che non delude, alla vita eterna».
4. L’odierno Vangelo di Matteo ci indica l’atteggiamento «per praticare la [vera ] giustizia» (Mt 6,1), lo stesso del Signore Gesù, che “non faceva niente per essere ammirato dagli uomini” ma viveva nell’intimità del Padre.
«La Chiesa ha l’acqua e le lacrime: l’acqua del Battesimo, le lacrime della Penitenza» (Sant’Ambrogio, Epistula extra collectionem, 1 [41], 12, dal CCC, 1428).
L’autentica penitenza nasce solo dall’amore. Come Gesù vive sotto lo sguardo del Padre, così noi – come Pietro – siamo chiamati a vivere sotto lo sguardo di Gesù. «Pietro si rattristò e pianse perché sbagliò come tutti gli uomini. Non trovo che cos’abbia detto, trovo che ha pianto… Pietro negò una prima volta, ma non pianse, perché non lo aveva guardato il Signore; negò una seconda volta: non pianse, perché ancora non lo aveva guardato il Signore. Negò anche una terza: Gesù lo guardò ed egli pianse amarissimamente. Guardaci, Signore Gesú, affinché sappiamo piangere sul nostro peccato» (Ambrogio, Exp. Ev. sec. Lucam, 10, 88-90). Solo lo sguardo amante ci muove a confessare il male che compiamo.
Invochiamo umilmente, pertanto, dallo sguardo del Crocifisso, in questo tempo favorevole, la capacità di provare dolore dei nostri peccati. Il dolore dei peccati non è senso di colpa, né pura esperienza emotiva. È ben di più: è accusa oggettiva del male compiuto contro Dio ed i fratelli. Da qui l’importanza di accostarsi regolarmente, ma soprattutto in questo tempo quaresimale, al sacramento della Riconciliazione, rispettandone tutte le tappe oggettive che vanno, come ci insegna il Catechismo, dall’esame di coscienza, alla contrizione, all’accusa fino alla soddisfazione che richiede la penitenza espiatoria.
5. L’amore di Dio personificato nel Crocifisso è veramente come il fuoco che purifica e rigenera un cuore puro disposto al dono totale di sé. Il cristiano riceve allora per grazia il miracolo di divenire testimone. A taluni, che la liturgia definisce “inermi” Dio giunge a “donare il martirio”: «Voglio che la mia vita, il mio carattere, le mie azioni parlino per me e dicano che sto seguendo Gesù Cristo. Tale desiderio è così forte in me che mi considererei privilegiato qualora – in questo mio sforzo per aiutare i bisognosi, i poveri, i cristiani perseguitati del Pakistan – Gesù volesse accettare il sacrificio della mia vita. Voglio vivere per Gesù e per lui voglio morire» (Shahbaz Bhatti, ministro pakistano cristiano assassinato l’1 marzo). Dopo il Vescovo Padovese che nella Seconda Assemblea Ecclesiale ci ha parlato di martirio e ha pagato di persona, Bhatti è stato per noi testimone diretto. Con lui infatti abbiamo attuato l’opera di carità in favore dei terremotati del Pakistan che sta accompagnando la Visita Pastorale dal suo inizio. Chiediamoci, fratelli e sorelle, come essere degni di tanta fraterna amicizia? Amen