“La passione di Nostro Signore non è un mito. Sta sul solido terreno della storia. Si consuma “sotto Ponzio Pilato”. Anzi, essa è il farsi visibile del dato che dolorosamente accompagna tutta la storia dell’umanità dall’inizio fino alla fine: Dio viene battuto e coperto di disprezzo mentre si abbassa fino al livello estremo per noi e per prendere su di sé i nostri peccati. (…) La verità non è pura dottrina e morale, ma è anzitutto quest’Uomo”.

Qui il testo integrale dell’Omelia della Domenica delle Palme del Patriarca di Venezia.

BASILICA PATRIARCALE DI SAN MARCODOMENICA DELLE PALME
Venezia, 5 aprile 2009

Processione da S. Maria Formosa alla Basilica : Mc 11,1-10
S. Messa: Is 50,4-7; Sal 22 (21), 8-9.17-18.19-20.23-24; Fil 2,6-11; Mc 14,1-1-15.47

OMELIA DEL PATRIARCA S.E.R. ANGELO CARD. SCOLA *

1. La Settimana Santa, che si apre con la processione delle palme e degli olivi, è la settimana vera: i fatti dell’arresto, della condanna, della passione, della morte e della risurrezione di Gesù che la Chiesa nostra Madre ci fa vivere a partire da oggi, illuminano l’esistenza di ciascuno di noi e di tutti gli uomini di ogni tempo: sono la verità che, attraverso il sacramento, dà senso pieno alla storia.
La passione di Nostro Signore non è un mito. Sta sul solido terreno della storia. Si consuma “sotto Ponzio Pilato”. Anzi, essa è il farsi visibile del dato che dolorosamente accompagna tutta la storia dell’umanità dall’inizio fino alla fine: Dio viene battuto e coperto di disprezzo mentre si abbassa fino al livello estremo per noi e per prendere su di sé i nostri peccati (la kenosi di cui ci ha parlato l’inno della Seconda Lettura è lo svuotamento totale di sé).
La verità non è pura dottrina e morale, ma è anzitutto quest’Uomo, l’Uomo dei dolori che per amore conosce il patire (Prima Lettura: Terzo Canto del Servo). Cosa può muovere la nostra fragile libertà di fronte alla Verità vivente, personale e gloriosamente crocifissa? Possiamo con umiltà seguire Gesù fin sotto la Croce, come Maria, Giovanni e le donne. Lasciamoci dunque com-muovere e coinvolgere da quest’Uomo.

2. Il formidabile racconto della Passione propostoci dall’Evangelista Marco è un asciutto verbale degli avvenimenti. L’evangelista ci offre dei dati, una narrazione oggettiva, altamente pietosa, senza analisi dei sentimenti. Attraverso azioni convulse e dialoghi incalzanti è descritta la lotta tra il bene e il male che si scatena intorno a Gesù, senza esclusione di colpi. Si capisce che l’Inno di Filippesi portando all’estremo il Canto del Servo insista: quest’Uomo «pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio; ma svuotò se stesso, assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini… umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce» (Fil 2,6-8).

3. Marco non teme di scandalizzarci con la durezza delle sue espressioni: nel Getsemani Gesù è spaventato («cominciò a sentire paura e angoscia» Mc 14, 33), barcolla sfinito («cadde a terra» v 35). Nel racconto dell’arresto, nel precipitare degli eventi, si avverte la furia violenta che si sta abbattendo su di Lui: «E subito, mentre ancora egli parlava, arrivò Giuda, uno dei Dodici, e con lui una folla con spade e bastoni mandata dai sommi sacerdoti, dagli scribi e dagli anziani» (v 43). Nella narrazione di Marco, a differenza di quella degli altri sinottici, Gesù non dice nulla al traditore né al discepolo che ha colpito il servo del sommo sacerdote.
Colpisce il Suo silenzio davanti al clamore assordante del male («Alcuni si alzarono a testimoniare il falso contro di lui» v 57; «Tutti sentenziarono che era reo di morte. Allora alcuni cominciarono a sputargli addosso, a bendargli il volto, a percuoterlo e a dirgli: “Fa’ il profeta!”. E i servi lo schiaffeggiavano», vv 64-65). Pietro, dopo averlo seguito da lontano, si ostina terrorizzato nel suo tradimento («cominciò a imprecare e a giurare: “Non conosco quest`uomo di cui parlate”» v 71). Alla fine della scena Gesù è abbandonato da tutti.

4. Dopo la supplica del Figlio di Dio crocifisso «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?» (Mc 15, 34), «Gesù, dando un forte grido, spirò» (v 37): la vita del Salvatore del mondo finisce con un grido straziante che dà voce all’inconcepibile, indicibile ingiustizia. Il Figlio di Dio fattosi uomo per morire per noi, l’innocente assoluto illividisce sul palo dell’ignominia fino a versare l’ultima goccia di sangue. Vi è forse un’ingiustizia più grande di questa? Essa però non riesce a strapparLo dalla relazione che lo lega al Padre. Il dolore assunto fino all’estrema sofferenza, anche la più atroce, che spesso per noi uomini diventa principio di sospetto fino all’inimicizia e alla separazione, con Gesù acquista un senso nuovo. Gesù spiega il dolore non con una teoria, ma condividendolo. Egli è «esperto nel patire».
Carissimi, ogni nostra prova, sofferenza, dolore, se noi ci abbandoniamo, incontra sempre la solidarietà di Gesù che la precede e ci aiuta a portarla. Come non vedere allora in questo Crocifisso solidale con ciascuno e con tutti, reso «bello, bianco e vermiglio» dal dolore della Passione – come canta la Vergine in una profonda Lauda – il principio-speranza con cui affrontare il travaglio di questa epoca di transizione piena di avventura e di confusione? A chi guardare per affrontare i dolori che ci affliggono a livello personale e sociale. Su scala familiare e su scala mondiale. Guardiamo il Crocifisso speranza solidale!

5. La sovrabbondanza è la misura dell’amore. Tutta la Passione sta sotto il segno di questo perfetta sovrabbondanza dell’amore di Dio per l’uomo.
La donna che unge il capo di Gesù non è chiamata per nome. Non pronuncia una sola parola. Parla solo il suo gesto. E parla così forte che Gesù proclama: «In verità io vi dico: dovunque sarà proclamato il Vangelo, per il mondo intero, in ricordo di lei si dirà pure anche quello che ha fatto» (v 9). L’espressione «in ricordo di lei» richiama il «Fate questo in memoria di me» della Cena eucaristica e suggella il per sempre costitutivo dell’amore. Quale realismo. L’amore, infatti, in forza della sua gratuità muove alla giustizia.
Come sottrarci a questa com-mozione amorosa per deciderci finalmente a condividere ogni povertà, da quella dei lavoratori immigrati fino alla tragedia della miseria africana di cui restiamo in gran parte spettatori ignavi e colpevoli – come ha scritto Benedetto XVI al Primo Ministro John Brown. Come affrontare costruttivamente l’inedita prova economica, che tocca duramente molti uomini e molte famiglie anche qui da noi, senza rinnovare i nostri stili di vita nell’ottica di questo amore solidale?

6. «Il centurione che si trovava di fronte a lui, avendolo visto spirare in quel modo, disse: “Davvero quest’uomo era Figlio di Dio!”» (Mc 15, 39). Nel momento del buio più fitto si svela appieno il mistero di Gesù. Il testimone è colui che ha occhi limpidi per vederlo e un cuore semplice per riconoscerlo ed annunciarlo a tutti.
Chiediamo alla Vergine Santissima di saper accompagnare da vicino Gesù, nostro amato Salvatore, in questo Santa settimana. Amen.