GIORNATA MONDIALE DEL MALATO – Pubblichiamo qui di seguito alcuni passaggi dell’omelia del Patriarca pronunciata venerdì 11 febbraio in occasione della visita all’Istituto ospedaliero Fatabenefratelli a Venezia per la Giornata Mondiale del Malato:
Angelo Scola
Patriarca
1. Al centro della Liturgia di oggi c’è, provvidenzialmente, una guarigione. Il vangelo di Marco racconta la guarigione ad opera di Gesù di un sordomuto, in territorio pagano.
In altri miracoli di guarigione narrati dai vangeli di questo periodo bastavano le parole; qui invece, trattandosi di un sordomuto, erano necessari i gesti. Gesù tocca gli orecchi e la lingua del malato per fargli comprendere che è disposto a guarirlo: quell’uomo non avrebbe potuto comprenderlo in un altro modo. Nei gesti del Signore non c’è nulla di magico: sempre Egli sollecita la ragione e la libertà di chi ha davanti. Inoltre l’elemento fondamentale del gesto taumaturgico è quello religioso esplicitato attraverso due segni precisi. Il primo – «guardando… verso il cielo» (Mc 7,34) – è il riferimento al Padre (anche prima della moltiplicazione di pani Gesù aveva “alzato gli occhi al cielo”). Il secondo è l’ordine pronunciato in aramaico «Effatà» – Apriti – che richiama l’ordine divino della creazione: «Sia la luce! E la luce fu» (Gn 1,3).
La parola di Cristo è come quella di Dio: agisce e libera.
2. Il gesto di Gesù narrato nel vangelo si attualizza nel rito del Battesimo. Il sacerdote tocca la bocca e gli orecchi del bambino ripetendo il gesto di Cristo e pronuncia la stessa parola aggiungendo: «Il Signore ti conceda di ascoltare presto la sua parola e di professare la tua fede». La formula dice bene il senso della guarigione operata da Gesù: che l’uomo usi delle sue facoltà per metterle a servizio della gloria di Dio.
La salute si realizza fino in fondo nella salvezza, nel compimento di tutta la sua persona.
3. «Lo prese in disparte» (Mc 7,33) precisa Marco, prima di guarirlo: la guarigione, qualunque essa sia – nel corpo o nello spirito – avviene sempre in un rapporto diretto con Gesù. Così come la malattia che più distrugge l’uomo (si chiama peccato, anche se se ne sta sempre più smarrendo la nozione) è tagliare la relazione con Lui: «Udirono il rumore dei passi del Signore Dio che passeggiava nel giardino alla brezza del giorno, e l’uomo, con sua moglie, si nascose dalla presenza del Signore Dio» (Gn 3,8). Il Mentitore insinua nell’uomo l’idea che Dio sia nemico della sua libertà. Così, una volta infranta la nostra relazione costitutiva, anche le altre ne vengono compromesse. L’uomo che rinnega la propria dipendenza ed appartenenza originaria si trova in conflitto con se stesso e con i propri simili.
4. Dolorosamente spesse volte è proprio la malattia lo strumento con cui l’uomo recupera la propria verità. E la croce diventa strumento di resurrezione dell’io-in-relazione.
«Risorgendo, il Signore non ha tolto la sofferenza e il male dal mondo, ma li ha vinti alla radice. Alla prepotenza del Male ha opposto l’onnipotenza del suo Amore… seguiamo il nostro Maestro nella disponibilità a spendere la vita per i nostri fratelli» (Benedetto XVI, Messaggio per la XIX Giornata mondiale del malato, 2).
5. «O Dio, Padre misericordioso, soccorri la nostra debolezza e per intercessione di Maria … fa’ che risorgiamo dal peccato alla vita nuova» (Orazione di Colletta).
Invochiamo dalla Vergine Immacolata, Salus infirmorum, la forza del suo sì.