Nella prima domenica della Quaresima ambrosiana pubblichiamo una riflessione dell’Arcivescovo di Milano, cardinale Angelo Scola, che alle 17.30 presiede in Duomo la Santa Messa col gesto penitenziale dell’Imposizione delle ceneri.

«Laceratevi il cuore e non le vesti» (Gl 2,13). La conversione non si ferma all’esterno, ma va alla radice dell’io. Il cuore per i popoli semitici è la sede della ragione, della volontà, dei pensieri, dei sentimenti e dei progetti. I segni esteriori (per esempio l’imposizione delle ceneri) richiedono di essere orientati a una conversione del cuore. In caso contrario sono pura apparenza. Insiste il profeta Gioele: «Ritornate a me con tutto il cuore» (Gl 2,12). È un invito carico di dolcezza, benefico, che identifica col digiuno quaresimale il tempo favorevole per assimilare la mentalità e il sentire di Cristo, centro affettivo della vita del cristiano.

Dal brano evangelico delle tentazioni emerge con forza la piena fisionomia di Gesù, il Suo modo di essere uomo e di affrontare la realtà. Benedetto XVI, nel suo primo volume su Gesù di Nazaret, afferma che le tentazioni di Gesù nel deserto non racchiudono solo la storia del popolo di Israele, ma rappresentano anche le possibili tentazioni di tutti gli uomini e di tutte le donne lungo la storia. Gesù, vincendo il Maligno che gli propone come valori il benessere assoluto, il successo e il potere, ci aiuta a comprendere che Dio è il nostro Padre misericordioso. Non è un nostro antagonista. La risposta di Gesù al diavolo – così lo chiama senza mezzi termini l’evangelista – apre a noi la strada della Quaresima. Il digiuno quaresimale a ben vedere non è altro che il prendere sul serio tre preghiere contenute nel Padre nostro: «Dacci oggi il nostro pane quotidiano, venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà».

Il Santo Padre nel Messaggio per la Quaresima 2016 ci ha invitato a contemplare Cristo che “mendica” ciascuno di noi. Dice il Papa: «Lazzaro che mendica alla porta della casa [del ricco Epulone] (cfr Lc 16,20-21) … è figura del Cristo che nei poveri mendica la nostra conversione» (Messaggio per la Quaresima 2016). Prima ancora che il cristiano mendichi Cristo, Cristo stesso mendica la nostra conversione. In forza dell’amore che Dio ci porta, il peccato – il fattore che più ci allontana da Dio – diventa per Lui l’occasione per ricondurci a Sé. Il punto di massima lontananza e separazione da Dio si trasforma col pentimento nel punto del Suo massimo avvicinarsi.

Il Giubileo della misericordia, la porta della Misericordia, i sacramenti della Riconciliazione e dell’Eucaristia, l’indulgenza che molti battezzati stanno sperimentando diventa consapevolezza personale e matura del Battesimo ricevuto da bimbi. E il Battesimo, assunto nel nostro incontro personale con Cristo, è il centro della Quaresima ambrosiana perché, se perseveriamo nell’incontro personale con Gesù, all’interno della nostre comunità, Egli si rivela veramente il centro affettivo della nostra esistenza. Facciamo l’esperienza di un grande amore entro il quale ogni circostanza e ogni rapporto ricevono piena luce. Invitiamo i nostri fratelli battezzati, che l’avessero persa, a trovare la via di casa. Accompagniamo i nostri catecumeni adulti all’incontro pasquale con il Signore «passo, morto e risorto».

In quest’ottica la misericordia di Dio offre anche il criterio per la ricostruzione dei legami sociali. La redenzione di Cristo è universale, è sempre offerta a tutti. Non solo per le vittime della guerra, del terrorismo, della cultura dello scarto e dell’esclusione, ma anche a quanti nella violenza del potere ne sono gli artefici. “Lacerarsi il cuore” ci domanda di riconoscere il nostro peccato e ci evita di cadere nella tentazione di separare il grano dalla zizzania, negando a chiunque la possibilità di cambiamento.