“Gesù continua ad operare attraverso noi uomini. Uomini che Egli sceglie. Grandezza sconvolgente di questo mistero d’amore e di elezione..! Fin da ora deve essere chiaro, carissimi Morris e Davide, che il cammino seminaristico, che oggi comincia per voi in modo ufficiale perché pubblico, o ha Cristo come la pietra d’angolo, oppure sarà un fallimento”.

Qui si può leggere l’omelia integrale del card. Angelo Scola di domenica 3 maggio in occasione della candidatura al sacerdozio di due giovani seminaristi, Morris e Davide.

At 4,8-12; Sal 117; 1Gv 3,1-2; Gv 10, 11-18

Carissimi Morris e Davide,

comunità del Seminario e Superiori,

fedeli delle parrocchie di San Giovanni Battista di Jesolo e di San Giovanni Evangelista di Mestre,

familiari, parenti, amici,

membri delle aggregazioni dei fedeli che hanno accompagnato la vocazione dei due candidati,

fedeli tutti,

1. Pietro, interrogato dai capi del popolo e dagli Anziani circa il miracolo della guarigione dello storpio da lui operato, proclama senza alcuna esitazione: «Nel nome di Gesù Cristo il Nazareno, che voi avete crocifisso e che Dio ha risuscitato dai morti, costui vi sta innanzi risanato» (At 4,10). È stata la potenza di Gesù risorto a guarire lo storpio, perché Egli è l’unico in grado di salvare l’uomo: «in nessun altro c’è salvezza» (At 4,12).

Ma Gesù continua ad operare attraverso noi uomini. Uomini che Egli sceglie. Grandezza sconvolgente di questo mistero d’amore e di elezione..! Fin da ora deve essere chiaro, carissimi Morris e Davide, che il cammino seminaristico, che oggi comincia per voi in modo ufficiale perché pubblico, o ha Cristo come la pietra d’angolo (Prima Lettura), oppure sarà un fallimento.

2. Per meglio comprendere cosa significhi Cristo pietra angolare possiamo rifarci alle due Letture di San Giovanni. Egli usa più volte il verbo conoscere.

La Seconda Lettura contiene per noi una forte provocazione. Marca la misteriosa in-assimilabilità tra i cristiani e il mondo: «Per questo il mondo non ci conosce: perché non ha conosciuto Lui» (1Gv 3,1). In una realtà come quella europea ed italiana di oggi dovete comprendere bene, carissimi Morris e Davide, cosa significhi questa misteriosa in-assimilabilità tra i cristiani ed il mondo. Non indica certo chiusura verso i nostri fratelli uomini, ma ci invita a riconoscere con realismo quando il “mondo” non sa intuire il rapporto tra Gesù e i suoi. Quindi tra Gesù e la Chiesa (i Suoi sono la Chiesa) – purtroppo ne abbiamo numerosi esempi..! -. Chi non conosce in pienezza Gesù Cristo come vero Dio e vero uomo non può neppure vedere la Chiesa nella sua unità con Cristo (non ci “conosce”).

3. Il Vangelo descrive il rapporto tra il Buon Pastore e le pecore, tra Cristo e i suoi: è una conoscenza che deriva dall’appartenenza al Padre nello Spirito ed arriva fino a dare la vita. Per questa Sua dedizione agli uomini, che partecipa dell’amore divino, il Padre conferisce a Gesù il potere della vittoria sulla morte. «Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo… Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo» (Gv 10,17-18).

«Conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, così come il Padre conosce me e io conosco il Padre» (Gv 10, 14). L’appartenenza che lega i suoi a Cristo è molto più profonda di quella tra un figlio e sua madre o di quella tra lo sposo e la sposa. La reciproca conoscenza tra Gesù e i suoi, infatti, è analoga alla conoscenza intratrinitaria. Come la conoscenza tra il Padre e il Figlio implica il dono totale di sé, così quella tra Gesù e i suoi, tra il pastore e le sue pecore non può prescindere dall’offerta radicale: «… e do la mia vita per le pecore» (Gv 10, 15).

Fra poco il Patriarca, rivolgendosi all’assemblea, dirà di Morris e di Davide: «A suo tempo, associati al nostro ministero, essi serviranno la Chiesa e con la Parola ed i Sacramenti edificheranno le comunità alle quali saranno mandati». Fin da ora, da come vivete la comunità seminaristica, si deve vedere che l’oggetto della vostra futura missione presbiterale è la Chiesa di Venezia nella sua compiuta fisionomia di Chiesa particolare fatta ad immagine della Chiesa universale. Essa si esprime nella comunità alla quale il Patriarca vi manderà. Non voi potrete scegliere quale comunità servire. Fin da ora quindi dovete educarvi a vivere l’appartenenza alla Diocesi, che ora si esprime per voi – lo ripeto con forza – attraverso la comunità del Seminario come un’appartenenza inclusiva di tutte le altre pur importanti appartenenze di provenienza.

4. Concludendo la Liturgia dell’ammissione pregheremo il Padre: «Concedi loro di perseverare nella vocazione, perché intimamente uniti a Cristo sommo sacerdote diventino autentici apostoli del vangelo». Voi, per un immenso dono di grazia, venite ora scelti per verificare la chiamata ad immedesimarvi con Cristo sacerdote, sia condividendo la Sua forma di vita verginale (celibato), sia a partecipando al Suo “potere” di pastore.

Obbedendo al Patriarca e ai Superiori voi affinerete il vostro animo in vista di questa affascinante ma gravosa missione. La quotidiana preghiera di affidamento a Maria vi accompagni. Amen.