VENEZIA – Si è svolta nella mattinata di domenica 17 aprile – ricorrenza della “domenica delle Palme nella Passione del Signore” – la solenne processione presieduta dal Patriarca, con la benedizione delle Palme, che ha preso il via in Campo S. Maria Formosa e si è poi diretta verso la Basilica di San Marco dove ha avuto luogo la S. Messa.
Qui di seguito il testo dell’omelia pronunciata dal Patriarca:
1. Come pellegrini
Insieme abbiamo vissuto un gesto antico che affonda le proprie radici nella chiesa primitiva di Gerusalemme: la domenica pomeriggio precedente alla Pasqua i fedeli si radunavano sul Monte degli Ulivi dove cantavano inni, antifone e veniva letta la Sacra Scrittura. Dopo la lettura del Vangelo sull’ingresso di Cristo a Gerusalemme, la processione si metteva in cammino verso la città.
Gesù sale a Gerusalemme inoltrandosi nella tappa finale del suo pellegrinaggio. Anche noi ci inoltriamo, con Lui, nei misteri di questa Settimana Santa. «Come pellegrini andiamo verso di Lui, come pellegrino Egli ci viene incontro e ci coinvolge nella sua «ascesa» verso la croce e la risurrezione, verso la Gerusalemme definitiva che, nella comunione con il suo Corpo, già si sta sviluppando in questo mondo» (Benedetto XVI, Gesù di Nazaret 2° vol, p 21).
2. L’uomo è spesso inaffidabile
«La folla che lo precedeva e quella che lo seguiva, gridava: “Osanna al figlio di Davide! Benedetto colui che viene nel nome del Signore! Osanna nel più alto dei cieli!”» (Mt 21,9).
«Tutti risposero: “Sia crocifisso!”. Ed egli disse: “Ma che male ha fatto?”. Essi allora gridavano più forte: “Sia crocifisso!”» (Mt 27,22-23).
Ogni umana acclamazione è volubile. L’uomo è spesso inaffidabile: quante volte la cronaca ce ne dà prova..! E noi siamo tentati di lasciarci andare allo scoramento, di gettare la spugna. Eppure tale disperante inaffidabilità non è l’ultima parola sulla nostra vita e sulla storia: il Padre, nel Figlio Crocifisso e risorto per noi, ci offre una speranza affidabile.
Già secoli prima di Cristo il libro del profeta Isaia, profilando la figura del “Servo del Signore” sottoposto a pesanti e crescenti prove, ce lo testimonia: «Il Signore Dio mi assiste, per questo non resto svergognato, per questo rendo la mia faccia dura come pietra, sapendo di non restare confuso» (Is 50,7).
3. «Svuotò se stesso»
Il Signore Gesù «svuotò se stesso, assumendo una condizione di servo» (Fil 2,7): il Figlio di Dio si fa schiavo e muore della peggior morte dello schiavo. Schiavo dell’amore del Padre per il mondo. Contro la volubilità dell’amore ridotto a pura passione, si impone la solidità dell’amore-dono di sé.
«… non come voglio io, ma come vuoi tu!» (Mt 26,39). Un’azione dell’io nella sua libertà, ma un’azione che, fin dalla sua origine, non prescinde mai dal volto del tu: questa potrebbe essere la formula di ogni gesto di amore oggettivo ed effettivo. Usando un’altra parola divenuta ostica, quasi inaccessibile alla mentalità dominante, questa è la formula dell’obbedienza. Ognuno di noi, nella misura in cui vive un serio ed autentico rapporto di amore – in famiglia, tra consacrati/e, nel presbiterio, con i fratelli nella fede, con gli amici… – conosce la forza costruttiva dell’obbedienza al vero bene dell’altro.
Per aprirci a questa possibilità il Signore Gesù l’ha vissuta fino in fondo questa obbedienza: «Facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce» (Fil 2,8).
4. Lo spartiacque della croce
«Ed ecco, il velo del tempio si squarciò in due, da cima a fondo, la terra tremò, le rocce si spezzarono, i sepolcri si aprirono e molti corpi di santi, che erano morti, risuscitarono. Uscendo dai sepolcri, dopo la sua risurrezione, entrarono nella città santa e apparvero a molti» (Mt 27, 51-53). Solo l’evangelista Matteo rappresenta l’evento della croce con forti tinte escatologiche (spesso, in questi ultimi tempi, abbiamo sentito evocare la fine del mondo ..!): tenebre, terremoto, apertura delle tombe, lacerazione del velo del tempio come segno del passaggio al nuovo culto che consiste nel dono totale di sé. Perché? Perché il Cristo Crocifisso è lo spartiacque della storia del mondo. Lungi dall’essere sconfitta, dà inizio al mondo nuovo. La croce di Cristo non è per la morte, ma la condizione perenne del “Sì” di Dio alla vita.
5. Una professione di fiducia
«Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?» (ritornello del Salmo responsoriale e Mt 27,46). A questo straziante grido dell’Innocente Crocifisso fa eco quello impotente di tutti noi di fronte all’immane tragedia del Giappone, o a quella delle migliaia di migranti in fuga dalla fame, dalla povertà o dalla guerra di cui ogni giorno i mass-media ci danno notizia…
«Ma tu, Signore, non stare lontano, mia forza, vieni presto in mio aiuto» (Sal 21, 20): il grido della desolazione più radicale si trasforma in una professione di fiducia. Da Colui che ci ha amato fino alla fine abbiamo la speranza certa dell’esaudimento. Colmi di questa fiducia varchiamo, con il Signore Gesù, la soglia della Settimana Santa. Amen
“O Lord, do not leave me alone, my strenght , make haste to help me!” (refrain of Psalm 21: 20). The fact that Jesus loved us so deeply, till the end, is for us a sure hope that our aspirations are considered. Overpowered with this great trust, together with the Lord Jesus, we will cross the threshold of the Holy Week.
«Du aber, Herr, halte dich nicht fern! Du, meine Stärke, eil mir zu Hilfe! » (Ps 21,20). Von Dem, der uns bis zum Ende geliebt hat, kommt uns die sichere Hoffnung auf Erhörung. Erfüllt von diesem Vertrauen treten wir mit Jesus, unserem Herrn, über die Schwelle zur Heiligen Woche.
«Pero tú, Señor, no te quedes lejos; fuerza mía, ven corriendo a ayudarme» (Sal 21, 20). Tenemos esperanza cierta en que Aquel que nos ha amado hasta el abandono de sí nos escuchará. Llenos de esta confianza atravesamos, con el Señor Jesús, este umbral de la Semana Santa.
«Mais toi, Seigneur, ne sois pas loin : ô ma force, viens vite à mon aide ! » (Ps 21, 20). Nous recevons l’espérance certaine de l’accomplissement de Celui qui nous a aimé jusqu’à la fin. Comblés par cette confiance, nous franchissons, avec le Seigneur Jésus, le seuil de la Semaine Sainte.