VENEZIA – Si è celebrata nella mattina di lunedì 25 aprile – nella basilica cattedrale di S. Marco – la solennità dell’evangelista patrono di Venezia e delle genti venete. Tale festa, per una straordinaria coincidenza, combacia quest’anno con il Lunedì dell’Angelo e cade, quindi, in piena “Ottava di Pasqua”. Alla messa solenne, presieduta dal Patriarca, hanno partecipato fedeli e autorità civili e militari della città lagunare.

Qui di seguito il testo dell’omelia pronunciata dal Patriarca:

San Marco

1. La Seconda Lettura tratta dalla Prima Lettera di Pietro, posta sotto l’autorità del principe degli Apostoli, rivolgendosi ai fratelli delle comunità cristiane dell’Asia minore fa riferimento esplicito a Marco: «Vi saluta la comunità che vive in Babilonia e anche Marco, figlio mio» 1Pt 5,13. San Marco infatti accompagnò San Pietro nei suoi viaggi missionari in Oriente e a Roma. Marco ebbe anche una significativa comunità di vita con l’apostolo Paolo.

In ogni caso quello tra Pietro e Marco è un legame a noi particolarmente caro, in forza della veneranda tradizione che narra dell’azione ecclesiale di Marco nelle nostre terre venete.

Tra pochi giorni il successore di Pietro sarà tra noi per confermare la nostra fede. Ebbene, la Seconda Lettura illumina in pienezza cosa significhi che Benedetto XVI verrà a confermar la nostra fede. Essa dice infatti: «… il Dio di ogni grazia, il quale vi ha chiamati alla sua gloria eterna in Cristo Gesù, egli stesso… vi ristabilirà, vi confermerà, vi rafforzerà, vi darà solide fondamenta» (1Pt 5,10).

Questi quattro verbi mostrano come la fede sia veramente il dono più potente e straordinario che l’uomo possa ricevere. Infatti, in società oggi assai fluide come quelle europee, di cosa ha bisogno l’uomo se non di taluni punti fermi su cui poggiare?

Ma proprio perché la fede mette in gioco tutto l’umano, la venuta del Papa è dono per tutti gli uomini e le donne che vivono nel Nordest, anche per quelli che non credono o che credono di non credere.

 

2. «E disse loro: “Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura”» (Mc 16,15). Con questo invio il Signore compie l’atto finale della Sua missione terrena ed esplicita ciò che la Chiesa avrà da sapere, da seguire e da sperare fino alla fine dei tempi. Il suo compito altro non sarà che il lasciar trasparire sul suo volto il fulgore del Crocifisso Risorto che attira a Sé tutti gli uomini. Si capisce perché dopo queste parole il Vangelo rilevi che Gesù «fu elevato in cielo» (Mc 16, 19). Entra nella dimensione definitiva e permanente dell’esistenza nella quale anche i credenti, come ci ha ricordato il mistero pasquale, sono già, per la fede ed il Battesimo, inizialmente inclusi.

 

3. «Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato» (Vangelo, Mc 16,16). L’affermazione è drastica, ma, a ben vedere, esprime la grandezza drammatica della libertà: l’uomo può rifiutare la grazia che è Gesù Cristo e, così facendo, può autoescludersi dalla salvezza. Nel contempo sono proprio queste parole dell’odierno Vangelo a spiegare l’ardore della missione degli apostoli: «… essi partirono e predicarono dappertutto» (Mc 16,20a), affinché nessuno si perda. Questo i cristiani sono chiamati a fare, instancabilmente, in ogni tempo e luogo.

Abbiamo ricevuto il dono del Battesimo e della fede con il preciso compito di comunicarlo agli altri. E il metodo più semplice con cui comunicarlo – non ci stanchiamo di richiamarcelo – è la testimonianza, come è accaduto ai primi: «Egli è apparso per molti giorni a quelli che erano saliti con lui dalla Galilea a Gerusalemme, e questi ora sono testimoni di lui davanti al popolo» (At 13, 31). Questo è l’unico scopo per cui ogni anno la Chiesa e gli attori della società civile celebrano, con questa solenne liturgia nella Basilica di San Marco, il santo Patrono in unione di intenti ma con diversità di compiti.

 

4. «Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu elevato in cielo e sedette alla destra di Dio» (Mc 16,19). Lo recitiamo ogni domenica nel Credo: «Egli è asceso in cielo e siede alla destra del Padre». L’umanità di Cristo è trasferita nel cuore della divinità. Gesù, con i segni della passione, vive nel seno della Trinità. Ma Gesù non si sottrae a noi. Cambia solo il modo della Sua presenza. «Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,20). Giustamente la tradizione orientale, anche attraverso numerose opere d’arte, ha mostrato che il vero sbocco dell’Ascensione è la Chiesa. Essa, assistita dallo Spirito del Risorto, è nella storia il corpo del Cristo glorioso, ormai strappato alla prigione dello spazio e del tempo.

Se l’unica ragion d’essere della Chiesa è quella di comunicare il Bene sommo che Cristo, il Figlio di Dio incarnato, è per tutti gli uomini, si capisce perché i fedeli cristiani siano chiamati non solo ad un’autentica vita ecclesiale, ma, più che mai in questi tempi di inediti cambiamenti, anche ad impegnarsi con tutti gli uomini e le donne nell’edificazione di vita buona attraverso pratiche virtuose nella società civile. È chiesto a loro di essere amanti di una autentica amicizia civica.

Il nostro Paese che oggi, 25 aprile, celebra un’importante ricorrenza ha bisogno di costruttori indomiti di relazioni rinnovate tra soggetti personali e comunitari. Questo è necessario in ogni ambito, massimamente in quello politico.

 

5. Per quanto riguarda le nostre terre venete, poste sotto la protezione di San Marco, la festa di oggi segnata dal dono della visita del Papa, ci chiede di recuperare con determinazione la nostra storia, per conoscerla ma soprattutto per rilanciarla nel presente e nel futuro.

I cittadini del Nordest sono tenuti a partecipare con energia ai processi in atto, soprattutto nel Mediterraneo, in vista della costruzione di un giusto ordine mondiale nel quale fare spazio adeguato non più solo all’asse Est/Ovest ma anche al rapporto tra Nord e Sud del pianeta. Ciò implica un’attitudine di equilibrata ma piena ed effettiva solidarietà nell’accogliere i profughi e, a partire dalla particolare capacità di intrapresa del Nordest, chiede l’assumersi il compito di contribuire con decisione a formulare un organico piano di sviluppo per tutta l’Africa, sviluppo di cui essa sia soggetto.

 

6. «… il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano» (Mc 16,20b). Agli apostoli viene promessa, come conferma che essi predicando obbediscono allo Spirito Santo, una speciale protezione ed anche una speciale autorità. Dovranno pertanto attribuire i loro eventuali successi missionari non a se stessi ma al Signore che li manda. E la stessa cosa vale per quelli che per essi verranno alla fede. Cioè per noi.

Questa solenne celebrazione in onore del Santo Patrono di Venezia e delle terre venete diventa allora sprone per quella “risurrezione” personale e sociale di cui tanto sentiamo il bisogno. «Pax tibi Marce, Evangelista meus». Questa pace piena e realistica sia per noi dono e compito. Amen