MADRID – Sabato 20 agosto, in occasione della Giornata Mondiale della Gioventù, il cardinale Angelo Scola ha celebrato la Santa Messa nella chiesa parrocchiale “Nuestra Señora de Las Angustias” a Madrid per i numerosi giovani pellegrini del Patriarcato di Venezia.

Vengono proposti, qui di seguito, alcuni estratti del dialogo tra il cardinale Angelo Scola ed i ragazzi del Patriarcato che si è tenuto a conclusione della celebrazione eucaristica.

 

Incontro-dialogo al termine della Santa Messa in occasione della GMG 2011

con i giovani pellegrini della diocesi di Venezia

Con Cristo centro affettivo uomini e donne danno una speranza affidabile a tutti

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Gmg 2011_Madrid

La prima cosa che voglio dire è: dovete avere sempre le antenne accese e raccogliere tutte le obiezioni, non tanto quelle teoriche, soprattutto quelle pratiche, quelle legate ai comportamenti di vita che i vostri compagni e i vostri amici vi mettono davanti. Per essere testimoni bisogna essere coraggiosi. Marta nella sua domanda dice: “Ciò che spesso fa difficoltà a questi nostri compagni è la struttura, l’istituzione della Chiesa (il papa, i vescovi, i preti, ecc., le curie, gli apparati) e soprattutto i precetti, cioè i Comandamenti, che sono ritenuti antiquati, superati”. E poi chiede come possiamo venire incontro a queste domande critiche dei nostri amici se anche noi certe volte sentiamo queste stesse obiezioni nei confronti della Chiesa-istituzione e anche nei confronti dei precetti?

Io vi invito a riflettere su questo dato: perché tu sei qui? Indipendentemente da come sei qui! Puoi essere qui con un grado di convincimento dieci o con un grado di convincimento uno; con un grado di scetticismo uno o nove. Però sei qui! Perché sei qui? Sei qui perché nell’arco dei tuoi anni – che tu ne abbia sedici, diciotto, venticinque o trenta – tu almeno per un capello percepisci che qui c’è un di più di te, che qui c’è per te una possibilità di un di più. Sennò non saresti qui! Anche se tu fossi stata in dubbio fino al giorno prima e fossi stata trascinata da degli amici, anche se tu non avessi mai incontrato un’esperienza come questa e fossi venuto perché non sapevi come far le ferie. Comunque tu sia qui è perché c’è una battuta d’anticipo, perché c’è un frammento in più che è promessa di compimento, che è promessa di felicità.

Per affrontare, Marta, i tuoi amici che si dichiarano “atei” devi coltivare questo di più, questo nucleo di esperienza positiva che ti porti dentro, bisogna che questo si dilati. Perché è dentro questa esperienza che tu troverai le mille forme o i mille modi per rispondere a queste obiezioni. È partendo da te e dalla tua persona. Il testimone è colui che si gioca personalmente  come in tribunale: è il terzo che sta tra i due, è quello che fa da ponte, è quello che fa passare la bellezza di Cristo alla libertà dell’altro. Questo è il punto di partenza.

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In una società come la nostra, in cui degli adulti si concedono tutto sul piano affettivo e sul piano sessuale, è normale che una ragazza, un ragazzo come voi trovandosi innamorato dica: “Ma perché dovrei rispettare il sesto comandamento? Ma non è una cosa vecchia? Se anche Giovanni Paolo II ci ha insegnato che il corpo è una cosa bella, che è un dono grande di Dio, se il corpo è orientato al dono di sé, perché io non dovrei donarmi anche carnalmente all’uomo che penso di amare?”.

Voglio dirvi che non dovete spaventarvi che nasca in voi questa domanda! Dovete, amici, spaventarvi di un’altra cosa: di dare una risposta facile, scontata, imposta dalla mentalità dominante a questa domanda. Questo è il punto che non va! Il punto che non va comincia sempre qui, è nel giudizio, è quando il giudizio si altera. Allora domandiamoci perché la Chiesa ti dice: “Stai attento, rifletti, il sesto comandamento ha le sue ragioni”. Qual è la ragione fondamentale? Perché, come dice il bellissimo libro di Qoelet, «c’è un tempo per tutto» (cfr. Qo 3,17).

Allora avere rapporti prematrimoniali anche con una persona a cui si vuole bene è “mettere il carro davanti ai buoi”. Perché la verità di un rapporto tra l’uomo e la donna deve passare dalla fase iniziale affettiva, in cui l’innamoramento mi sorprende ad una fase matura di scelta effettiva in cui io scelgo di amare l’altro per l’altro facendo l’esperienza che sono capace di una rinuncia totale all’egoistico mio bene, per affermare il bene dell’altro come altro. Finché nella tua risposta d’amore o nella tua iniziativa d’amore direttamente o indirettamente sta in primo piano il tuo io, non è ancora amore. Devi sentire la ferita e l’urto che per amare l’altro come altro devi cedere qualcosa di te: la chiamo la strana necessità del sacrificio, come quello di una mamma davanti al bambino ammalato.

Il passaggio dall’amore affettivo all’amore effettivo implica l’impegno alla fedeltà e alla fecondità, che diventano un dato pubblico, che implicano un riconoscimento pubblico. Ecco perché ci si sposa da cristiani di fronte a tutta la comunità essendo ministri, assumendo una responsabilità pubblica del trasformare quel bene che il Signore ha fatto nascere nel mio cuore in un luogo stabile, da cui scaturisca una famiglia capace di amore effettivo e di fecondo dono di vita secondo l’insegnamento del Signore che è contenuto nei Comandamenti e che è ripreso dalla Chiesa. Finché l’amore tra l’uomo e la donna non tocca questo vertice, non raggiunge questo livello, il rapporto sessuale rischia, anziché far crescere l’amore, di svilirlo, di farlo implodere. Perché il rapporto sessuale mette in moto il dinamismo profondo dell’uomo e della donna. Al 90% la natura del rapporto sessuale sfugge sempre all’uomo e alla donna lungo tutto l’arco della vita, anche quando sono vecchissimi. Per cui ha bisogno di essere custodito dentro una stabilità che la vita in comune, che scaturisce dall’impegno pubblico del sacramento e del matrimonio, soltanto può garantire.

A me pare che questo sia il modo più umano di impostare questo tema problema. Certo, uno può ribattere: “Ma questa cosa domanda sacrificio!”. E sì! Ma stare qui a vivere una giornata così per ascoltare il Papa questa sera non domanda sacrifico? Raggiungere, come volete fare voi, il dieci in matematica non domanda sacrificio? Salire sull’Antelao non domanda sacrificio? Imparare a correre i 100 metri in 9,92 secondi non domanda sacrificio? Imparare vertici di dribbling come quelli di Kakà non domanda sacrificio? C’è qualcosa nella vita che non domanda sacrificio? Allora sei un uomo o sei che cosa? Sei una donna o sei che cosa?

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Estratto 2

Gmg 2011_Madrid

Amici, alla vostra età c’è un solo grande nemico: si chiama ideologia. L’ideologia è prendere su dai giornali, dalla televisione, dai compagni di scuola, talvolta purtroppo anche dai grandi, le opinioni fatte, le opinioni dominanti. Sono i modi con cui il potere dominante più facilmente ci invade.

Sii te stesso e fidati della compagnia in cui tu sei educato a vivere Gesù come il centro affettivo della tua vita! Cosa vuol dire centro affettivo? Pensa a quando ti innamori e moltiplica l’esperienza all’ennesima potenza: il centro affettivo diventa tendenzialmente il centro a cui si orienta la tua azione. Finché Gesù non è diventato il centro affettivo per te, non è reale, è un’idea. Ma se è ridotto a un’idea, tu vai all’incontro dei tuoi compagni che si dichiarano atei con un’idea. E un’idea vale l’altra. Un’idea può sempre annullare un’altra idea.

Lo dicono anche gli scienziati: la scienza è come una rete che tira su un po’ di pesci. Chi inventa una rete con una maglia più stretta, ne tira su di più e butta via quella precedente.

Bisogna essere vigilanti: ecco l’educazione al pensiero di Cristo. Da qui la cosa più grande: restare fedeli alla compagnia in cui queste cose sono vissute, sgangheratamente finché vuoi, non siamo migliori dei nostri compagni cosiddetti atei. Possono essere mille volte meglio di noi, però «portiamo il dono in vasi di creta» (cfr. 2Cor 4,7) che uno non molla. Perché di fronte a qualunque comportamento alternativo a questo stile di vita, mi dispiace, ma il paragone non regge. Ve lo dico io che ho un po’ di anni più di voi. Vi assicuro che se nella mia vita avessi incontrato un’alternativa superiore a questa, vi sarei andato dietro subito. Ma Gesù ci dice «sarete liberi davvero» (Gv 8,36), sarete veramente felici se mi venite dietro. E questo lo state toccando con mano.

Certo poi viene un tempo in cui portare avanti questo stile di vita significa anche andare incontro (la parola è un po’ dura, però è giusto evocarla) ad emarginazione e – Dio non voglia che succeda come a tanti nostri fratelli cristiani in altre parti del pianeta – anche a persecuzioni perché Cristo è il centro affettivo della nostra vita. Quindi l’incomprensione che questa società ha verso la famiglia e quindi le grandi difficoltà materiali a far famiglia, sono aspetti che dovremo sfidare in tutti i modi. Anzitutto attraverso la testimonianza: dobbiamo giocarci – nel rispetto della natura plurale della società civile – in tutti i modi perché questo stile umanissimo di vita sia proposto pubblicamente a tutti. Non imposto, ma proposto sì!

 

Una delle ultime volte che ci siamo trovati, alla Via Crucis, io vi ho detto una frase molto importante con la quale voglio chiudere. Tutti vi dicono che voi siete il futuro. Ma è una banalità, perché è evidente: l’età va avanti da sé, non si ferma. Il punto è che «se non siete il presente non sarete neanche il futuro». È chiaro il concetto: se non ti giochi adesso, se non vivi così adesso, non sarai neanche il futuro.

«Radicati e fondati in Cristo, saldi nella fede» (cfr. Col 2,7): uomini e donne il cui centro affettivo è la persona amata di Cristo Gesù sanno amare, sanno lavorare, sanno portare le contraddizioni, sanno domandare perdono del proprio peccato, sanno costruire. Sono uomini e donne che danno una speranza affidabile a tutti.

 (testi estratti dal dialogo non rivisti dall’autore)