La teologia, nelle sue correnti più avvedute, ha intuito che bisognava indagare di nuovo in radice della fede, mostrando il nesso intrinseco con la ragione e con la libertà
Di Angelo Scola
L’aut-aut di origine leibniziana tra l’Essere e il Nulla viene spezzato per affermare che tra i due, l’Essere ed il Nulla, ci sono gli enti il cui senso si offre di volta in volta al dover essere dell’uomo che deve per questo riconoscere che la ragione è in se stessa atea. Le scienze, con il loro articolato processo di falsificazione, bastano ad offrire quel minimum di verità che rende la vita degna. Non c’è altro da indagare. Non c’è religione, non c’è filosofia che possa trovare risposte alle questioni Dio, immortalità, male, giustizia. Anzi su queste questioni si deve tacere, come ha detto Wittgestein, perché su di esse non si può sensatamente parlare. In questo senso Augusto Del Noce ha notato che l’ateismo si fa destino della modernità dal momento che diviene sinonimo di rinuncia radicale alla domanda sul senso e sul fondamento. Anzi, insiste il filosofo, l’in-sensa-tezza in cui l’uomo di oggi praticamente vive, altro non sarebbe che la prova del deicidio che gli uomini hanno già compiuto. In proposito si deve riconoscere una notevole debolezza del pensiero teologico degli ultimi decenni. In buona misura i cultori delle discipline teologiche si sono accontentati di avere come interlocutori i puri cercatori di senso, ignorando spesso, nel confronto con la modernità, le grandi questioni legate, per intenderci, alla fides quae (Dio, vita dopo la morte, male, giustizia, amore). Solo pochi teologi hanno affrontato adeguatamente questi temi tenendo conto delle grandi obiezioni della tradizione scettico-atea. Vi è però una ragione che spiega questo stato di cose. La teologia, nelle sue correnti più avvedute, ha intuito che bisognava indagare di nuovo in radice il concetto della fede, mostrando il suo intrinseco ed insuperabile nesso con la ragione e con la libertà proprio per poter vincere la convinzione di una ragione razionalistica di essere costitutivamente atea ed aprire il campo alla duplice offerta dell’unica Rivelazione cristiana. Essa consiste nel dono di una ragionevole conoscenza salvifica dei misteri rivelati da Gesù Cristo e in quello delle feconde implicazioni antropologiche, sociali e cosmologiche di questi misteri. Una volta accolto nella fede il dono della rivelazione, nascita, vita, morte, dolore, male, giustizia, amore e lavoro trovano nei misteri del cristianesimo risposte umanamente condivisibili e partecipabili, almeno in parte, da qualunque uomo, anche da chi si dica convintamente non credente.
(Da Angelo Scola, “Dio? Ateismo della ragione e ragioni della fede”, Venezia, Marsilio editore, 2008)