VENEZIA – Viene qui riproposto un intervento del Patriarca in ricordo di Giovanni Paolo II – nell’occasione della sua beatificazione – pubblicato sull’ultimo numero di Gente Veneta:

Angelo Scola

La prima volta che salii sull’altare con lui, nel 1979, rimasi colpito dal suo modo di celebrare. Giovanni Paolo II era un papa “mistico”, che viveva un rapporto di straordinaria immediatezza con Dio. Non c’è da sorprendersi che la gente ne abbia invocato fin dal giorno della sua morte la santità. Bastava vederlo pregare. Quando si andava a pranzo da lui, si passava per la cappella a dire l’Angelus. Tutti noi pensavamo che fosse una questione di 30 secondi. Certe volte, invece, durava così a lungo che non si riusciva più a stare in ginocchio sul pavimento.

Il Papa si immergeva davvero nella preghiera e per lui non c’erano più né tempo né spazio. Lo si vedeva anche dal movimento delle labbra. Nella sua preghiera io ho percepito – o meglio, ho visto – un dialogo con Dio profondo, ininterrotto. Come un respiro, il Santo Padre emetteva dei suoni come il gorgogliare di un torrente che non si ferma mai. Una cosa impressionante.

Tra le tante caratteristiche di Papa Giovanni Paolo II due considero dominanti.
La prima è che Egli è stato un uomo fino in fondo. Un uomo perché Cristo era il centro affettivo della Sua persona: ha mostrato nel modo di vivere e nel modo di morire la suprema convenienza della sequela di Cristo. La seconda è che era uomo della libertà. L’umanità ha percepito che Giovanni Paolo II, per la sua esperienza personale e per la sua forza dottrinale, per il suo insegnamento, per la sua passione verso l’umano è un testimone che muove la tua libertà, la “stana” amorevolmente, l’accompagna. Chi di noi non ne ha bisogno?

La prima volta che ho incontrato il futuro Papa Giovanni Paolo II fu nell’ambito della redazione internazionale della rivista “Communio”. Era cardinale di Cracovia e voleva aprire un’edizione polacca di “Communio”. Aveva preparato tutto, aveva costituito anche una buona redazione, ma poi il regime glielo impedì.

Allora Balthasar decise di coinvolgere Karol Wojtyla nella redazione tedesca della rivista e in quel contesto io ebbi occasione di avere qualche contatto con lui, piuttosto fuggevole. Il mio rapporto con lui si approfondì dopo la sua nomina a Papa, a partire dal febbraio del 1979, quando partecipai una prima volta alla sua messa al mattino, e lui mi invitò alla prima colazione.

Ricordo bene quella conversazione perché comunicò in maniera affascinante la sua visione della Chiesa. Ci riempiva di domande: come ogni uomo creativo era estremamente curioso, desiderava capire, conoscere. La collaborazione si approfondì all’inizio degli anni ’80, quando sono stato chiamato a partecipare all’impresa dell’edificazione dell’Istituto Giovanni Paolo II per Studi su Matrimonio e Famiglia, lasciando il mio insegnamento a Friburgo, in Svizzera.
In seguito, essendo stato nominato consultore della Congregazione per la Dottrina della Fede, ho avuto più occasioni di incontrarlo e collaborare con lui.

Credo che oggi, alla vigilia della sua Beatificazione, il modo migliore per trasmettere il ricordo di Giovanni Paolo II sia prendere sul serio la strada che lui ogni giorno ha invocato dal Signore: quella della testimonianza. Perché Gesù era convincente? Perché era coinvolto di persona in quel che diceva. Wojtyla, seguace di Cristo, era coinvolto con tutta la sua persona in quel che proponeva. Questo significa per la Chiesa Wojtyla beato. Così dobbiamo tentare di essere noi, con le nostre umili forze, con i nostri difetti: siamo provocati da un simile testimone a documentare la nostra fede, a mostrare quanto siamo coinvolti in quel che professiamo. Non voglio però dimenticare la rilevanza dei contenuti del suo magistero, che avrà bisogno di decenni per essere approfondito: penso all’insegnamento sulla teologia del corpo, sul rapporto uomo-donna, allo straordinario trittico delle encicliche trinitarie, allo sviluppo del tema eucaristico, agli approfondimenti sociali legati al tema della solidarietà e della sussidiarietà, del primato del soggetto del lavoro sul capitale… E ho citato solo taluni aspetti: è un patrimonio sterminato. Ci vorranno decenni per approfondirlo.

La sua eredità, dunque, è davvero molto imponente, ma il suo successore Benedetto XVI, in questi sei anni di pontificato, ha mostrato una forza straordinaria nel darle continuità. Sta proseguendo in modo originale il rinnovamento della Chiesa a favore di tutta la famiglia umana. Credo proprio che lo Spirito Santo scelga e prepari accuratamente i suoi uomini.