In occasione dell’uscita del libro “Maria, la donna. I misteri della sua vita” (pp. 118, Cantagalli Editore, 2009), la scrittrice e giornalista Alessandra Borghese ha realizzato un’intervista al card. Scola pubblicata sui quotidiani La Nazione, Il Resto del Carlino e Il Giorno, che qui viene riproposta.

Tra le sue numerose pubblicazioni ve ne sono alcune di carattere più strettamente teologico e altre più divulgative, in che modo definirebbe questo suo ultimo libro edito da Cantagalli, intitolato “Maria, la donna: i misteri della sua vita”?

Il libro vuole offrire degli spunti di riflessione, un aiuto a contemplare le più importanti tappe della vita di quella che è forse la donna più conosciuta e venerata del mondo (non dimentichiamo che il culto della Madre di Cristo, più che millenario, non appartiene solo al cristianesimo, ma anche ai diversi islam), con la sorpresa di scoprire in lei i tratti più originali e profondi della femminilità. Mi sembra un testo alla portata di tutti.

Da dove è nata questa sua esigenza di dedicare un libro alla figura di Maria?

Avevo circa trent’anni quando un grande sacerdote mi insegnò ad affidare alla Madonna, con un’Ave Maria ogni sera prima di dormire, la vita. Per imparare a viverla come una relazione personale con Dio e nello stesso tempo per essere fedele al celibato cui sono stato chiamato. Ora lo raccomando sempre, soprattutto ai giovani. L’affidamento a Maria è un’autentica consolazione d’amore. Dopo ogni giornata è conforto e speranza. Mi è venuto il desiderio di dirlo a tutti, ed è nato questo libro.

Lei scrive: “Maria è il paradigma della donna: in lei il “genio femminile” ha trovato piena realizzazione”. Anche Giovanni Paolo II aveva affrontato questo argomento, in che cosa consiste per lei il “genio femminile” da un punto di vista teologico e sociale?

La donna, era solito ripetere il grande von Balthasar, è l’altro per eccellenza. In questo senso indica il cammino verso Dio. Qui sta il segreto della differenza sessuale, una dimensione insuperabile di ogni singola persona.  Giovanni Paolo II parlando del “genio profetico della donna” ne cita due caratteri fondamentali: il primato dell’ordine dell’amore e lo speciale affidamento di ogni essere umano che Dio le fa.

Lei ha molte collaboratrici, le Memores Domini, del cui prezioso aiuto si avvale anche il Santo Padre. Che sostegno trova nell’affrontare e condividere con loro i problemi a cui è chiamato come Patriarca di Venezia?

Un grande sostegno alla mia persona e alla mia missione, sia per l’apporto della loro sensibilità femminile, sia per quello decisivo del carisma da cui sono generate. Sono la mia famiglia.

Quale è stato il rapporto con sua madre e quali altre donne hanno lasciato un segno e un ricordo nella sua vita?

Mia madre, con la sua fede granitica e la sua forte personalità, ha avuto per me un ruolo decisivo. Il rapporto con lei è stato a tratti drammatico, ma sempre molto costruttivo. Nella mia vita, poi, ho conosciuto e stretto amicizia con altre donne da cui continuo ad imparare molto.

Che cosa vuol dire secondo lei essere donna oggi? Ritiene che Maria possa essere ancora un esempio da seguire per le giovani donne delle nuove generazioni?

Il coraggio di non far mancare alla società del Terzo millennio, caratterizzata da rapidissime e spesso altrettanto dolorose trasformazioni, l’apporto oggi più che mai determinante del genio femminile: libertà, semplicità, creatività. Proprio in questo senso Maria di Nazareth è un punto di riferimento attualissimo, insostituibile. Il mio libro tenta di offrirne prove convincenti.

Nel suo libro presenta Maria non solo come la Santa Madre di Dio ma prima di tutto come una donna in carne e ossa la cui esperienza straordinaria è comunque vestita di umanità e quotidianità. Qual è il messaggio insito in questo mistero?

Lo stesso di tutti i fondamentali misteri del cristianesimo: vivere la fede in Cristo Signore significa vivere la pienezza dell’umano. La vita eterna non è un’astrazione ma già si anticipa come “centuplo quaggiù”. Maria ci mostra che conviene verificarlo di persona.

Essere madri oggi spaventa, è un compito impegnativo reso ancora più difficile dalla crisi attuale del concetto stesso di famiglia. Che esperienza ha avuto come sacerdote su questo fronte?

È un compito impegnativo, certo, ma esaltante. Nei miei quarant’anni di sacerdozio ne ho avuto tantissime prove. Per esempio incontrando molte madri che, nel silenzio e nella fedeltà, hanno vissuto per decenni una dedizione ai figli o al marito gravemente ammalati che ha dell’eroico. Davvero uno spettacolo di gratuità e di letizia nel dolore che, durante la Visita pastorale, mi si ripropone di continuo.

Stiamo vivendo da tempo ormai una fase di “emergenza educativa”, i giovani mancano di punti di riferimento chiari, di fiducia e spesso questo li porta a temere il futuro. Come si può affrontare con serenità questo problema?

Anzitutto riconoscendo che la prima emergenza è quella degli educatori, cioè dei padri e delle madri, degli insegnanti … insomma degli adulti. Si tratta di essere autentici con la propria vita: questa è la prima condizione per essere testimoni credibili e seguibili. Io ripeto sempre ai genitori che non si può essere padri e madri se non si è figli. Se non lo si è oggi, non solo se lo si è stati nel passato. Anche in questo Maria, la Vergine madre figlia del suo Figlio, ha molto da insegnarci.

Nel libro lei parla approfonditamente dell’importanza della relazione tra madre e figlio per la crescita del bambino e per la sua coscienza di sé e del mondo, in che modo questo rapporto d’amore dà inizio alla vita?

La relazione io-tu è all’origine di ogni persona. L’uomo non è una monade autosufficiente. Da un altro ha origine, di un altro ha bisogno per compiersi. Le più recenti ed autorevoli acquisizioni delle scienze umane ci dicono che lo sviluppo equilibrato e sereno di un bambino dipende anche dalla sua vita prenatale, addirittura da come è stato voluto, pensato, atteso prima del concepimento …

I santuari mariani, penso soprattutto a Lourdes, sono sempre più affollati dai pellegrini, mentre spesso le chiese sono vuote. Come spiega questo slancio devozionale verso la Madonna, ancora così vivo malgrado tutto?

“Qualcuno, da qualche parte mi ama? Chi mi as-sicura?” Sono queste le domande più urgenti che albergano nel cuore di ogni uomo, credente o non credente. I milioni di pellegrini che affollano i santuari mariani, più o meno consapevolmente, sanno di poter trovare nella Madre la risposta ai loro più brucianti interrogativi. A lei affidano il fardello delle loro sofferenze e la speranza delle loro gioie, certi di essere ascoltati, fiduciosi nella sua intercessione, sicuri della sua misericordia.

In San Marco a Venezia è custodita un’immagine di Maria da sempre molto cara ai Patriarchi, in che modo si pone nei confronti di questa icona?

È l’antichissima icona della Nicopeia, parola greca che significa apportatrice di vittoria. Oggi più che mai abbiamo bisogno di Qualcuno che vinca il nostro male. Ai piedi della Nicopeia io pongo le domande di tutto il popolo a me affidato e quelle dei milioni di turisti che ogni anno, da ogni parte del mondo, vengono a Venezia, attirati dalla struggente, incantevole bellezza di questa che è una città dell’umanità. Un tesoro inestimabile, eppure fragilissimo, come il cuore dell’uomo del nostro tempo