Pubblichiamo una riflessione dell’Arcivescovo di Milano, cardinale Angelo Scola, preparata in occasione della prima domenica d’Avvento.

«Nella tradizione liturgica più antica a cui la nostra Chiesa ambrosiana si è abbeverata, il tempo di Avvento, che prepara al Natale, era modellato, anche nella durata, sul tempo di Quaresima, che prepara alla Pasqua. Così l’Avvento era considerato un tempo di penitenza, cioè un’occasione propizia per andare a fondo del bisogno di verità e perciò di cambiamento che tutti abbiamo nel cuore.

Il Vangelo di oggi si situa negli ultimi giorni della vita terrena di Gesù. Egli sta per affrontare l’ultima dolorosissima prova che attende ogni uomo, quella della morte e di quale morte..! Eppure, ancora una volta, Gesù mette la vita dei suoi (in questo caso la loro angoscia) prima della sua.

«Si solleverà… nazione contro nazione e regno contro regno; vi saranno terremoti in diversi luoghi e vi saranno carestie […] Il fratello farà morire il fratello, il padre il figlio, e i figli si alzeranno ad accusare i genitori e li uccideranno» (Mc 13, 8.12). È sorprendente che Gesù parli degli eventi negativi prima della fine del mondo in termini di travaglio di un parto («questo è l’inizio dei dolori»), che prepara la vita. Per questo abbiamo scelto come titolo dell’intero percorso delle domeniche d’Avvento: “Un Bambino è nato per noi”.

Certo, non ci saranno risparmiati «giorni di tribolazione, quale non vi è mai stata dall’inizio della creazione, fatta da Dio, fino ad ora, e mai più vi sarà» ci dice Gesù. Ma ci assicura anche che, «grazie agli eletti che egli si è scelto, [Dio] ha abbreviato quei giorni» (Mc 13, 20b).

Attraverso quelli che Lui ha scelto – non per i loro meriti, ma per il mistero della Sua misericordia – Dio raggiunge tutti gli uomini. È il metodo che ha seguito fin dall’inizio, da Abramo fino a quei primi pescatori di Galilea che Gesù ha convocato intorno a sé, fino a noi oggi. La Chiesa è per l’uomo di oggi, in ogni situazione e a tutte le latitudini, il luogo in cui egli può vedere il volto misericordioso del Padre: «Fa’ splendere il tuo volto, Signore, e noi saremo salvi» (Salmo responsoriale).

La solidarietà che ci lega a Cristo è ben più stretta della connivenza mortifera con Adamo: «Come in Adamo tutti muoiono, così in Cristo tutti riceveranno la vita» (1Cor 15,22). La fine del tempo e della storia svelerà ai nostri occhi come a quelli di tutti gli uomini, il fine della vita dell’uomo e della storia: che «Dio sia tutto in tutti» (1Cor 15,28). E questo avverrà non in forza dell’imporsi dell’Onnipotente, ma attraverso l’obbedienza filiale di Gesù. Dio sarà tutto in tutti perché tutto sarà stato abbracciato misericordiosamente dal Figlio che è venuto tra noi, nella nostra vera umanità.

Nel ritmo spesso vorticoso della nostra vita quotidiana, salviamo del tempo per ricordarci chi siamo e di Chi siamo: penso alla preghiera del mattino e della sera, possibilmente in famiglia.

Immergendoci nel fuoco della carità eucaristica diventeremo più disponibili alla carità con i fratelli. A questa ci educheremo anche con alcuni gesti concreti di condivisione del bisogno dei più poveri».