Incontro con le famiglie svedesi

JÖNKÖPING (SVEZIA) – Da venerdì’ 14 a domenica 16 maggio si è tenuto a Jönköping in Svezia il Congresso delle Famiglie cattoliche promosso dalla Conferenza episcopale della Scandinavia (Svezia, Finlandia, Danimarca, Norvegia, Islanda) sul tema “Amore e vita”. Il Patriarca e’ stato invitato a tenere la lezione introduttiva di venerdì’ sul tema “Il disegno di Dio per l’uomo e la donna nel sacramento del matrimonio. Il mistero nuziale e la cultura contemporanea”. Presenti circa 600 famiglie da tutta la Scandinavia.

Viene pubblicato qui di seguito un estratto dell’intervento del Patriarca:

La mia presenza tra voi ha per me due ragioni.

La prima è legata alla bellezza e alla necessità che lo scambio di comunione tra le Chiese sia perseguito con sempre maggior tenacia. La comunione tra i battezzati documenta visibilmente quell’unità necessaria a che «il mondo creda» (Gv 17,21).

La seconda è una convinzione recentemente ribadita da Benedetto XVI in occasione della Visita ad limina Apostolorum dei Vescovi dei Paesi Scandinavi proprio con riferimento al presente Convegno. Il Papa ha parlato della «centralità della famiglia per la vita di una società sana» che implica un approfondimento ed impegno per «l’istituto del matrimonio e dell’idea cristiana di sessualità umana»1. L’uomo di oggi – il cosiddetto uomo post-moderno – è, nello stesso tempo, confuso ed assetato. Per questo ha bisogno di incontrare uomini e donne capaci di testimoniare l’entusiasmo che sgorga dalla singolare bellezza del sacramento del matrimonio.

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1. Amore, matrimonio e famiglia alla prova

Per cominciare è opportuno partire dalla realtà che le società dell’area euroatlantica ci presentano. Il clima culturale attuale viene ormai sinteticamente evocato dalla categoria di post-moderno. Ovviamente questo concetto comprende una varietà di significati e non ci è possibile riassumerli tutti qui. Mi sembra tuttavia che alcune sue caratteristiche siano abbastanza facilmente osservabili.

Anzitutto si impone una situazione di secolarizzazione avanzata. Ovviamente la secolarizzazione non è la stessa in tutti i paesi. Non si possono quindi stabilire immediati parallelismi tra i vostri paesi e, per esempio, l’Italia. O tra l’Italia e la Francia e la Germania. Mi pare tuttavia che un nucleo comune alla secolarizzazione di tutte le società euro-atlantiche risieda in quella che il filosofo canadese Taylor ha definito la secolarizzazione 3. Essa consiste nel considerare le fede in Dio come un’opzione tra le altre. Si è passati cioè da società in cui era «virtualmente impossibile non credere in Dio, ad una in cui anche per il credente più devoto questa è solo una possibilità umana tra le altre»2.

Il secondo tratto della post-modernità, non staccato dal precedente, è che l’uomo odierno rischia di enfatizzare a tal punto la libertà di scelta individuale da considerarla tutta la libertà. Essa risulta in tal modo svincolata da qualsiasi bene oggettivo.

Il terzo dato è lo straordinario connubio che si è realizzato negli ultimi due secoli tra la scienza e la tecnica, in modo particolare nell’ambito della biologia e oggi sempre più in quello delle neuroscienze. Esso ha comportato un profondo cambiamento nella visione della realtà. Il vero non è più dato dalla corrispondenza tra l’intelletto e la “cosa” (adaequatio rei et intellectus), al limite neppure da ciò che è empiricamente osservabile. Il vero è ridotto a ciò che è tecnicamente fattibile. Ciò finisce per stabilire una pericolosa equazione: “si può, quindi si deve”3 (imperativo tecnologico).

L’intreccio di questi fattori ha inoltre radicalmente modificato il modo con cui l’uomo concepisce se stesso, dando origine a trasformazioni e a situazioni inedite anche nell’ambito dell’amore e della famiglia. Il divorzio, le coppie di fatto, le unioni dello stesso sesso, la realtà dei singles, la contraccezione, l’aborto, la procreazione medicalmente assistita, la possibilità di effettuare diagnosi prenatali o pre-impianto, la clonazione, l’omosessualità, hanno prodotto nella sfera dell’amore, del matrimonio e della famiglia una serie di separazioni: tra la coppia e l’essere genitori, tra l’essere genitori e il procreare, tra la coppia-famiglia e la differenza sessuale4. Queste mutazioni non si arrestano alla sfera privata, ma investono la stessa vita civile. Il legislatore infatti, anche qui in grado diverso secondo i diversi paesi dell’area euro-atlantica, appare sempre più disponibile a garantire norma di legge ad ogni “desiderio” del soggetto, per giunta ampliato dalle indefinite possibilità offerte dalla tecno-scienza.

Da un simile contesto scaturiscono per noi una serie di domande: la differenza sessuale, l’amore e la fecondità devono essere considerati fatti contingenti oggi superabili – e forse già superati – o possiedono un valore assoluto? Questi tre fattori, presi in unità, sono realmente essenziali per l’esperienza del matrimonio e della famiglia? La loro unità merita di essere mantenuta e consapevolmente perseguita come qualcosa che chiede alla libertà di ogni persona di scegliere ciò che è buono in vista del suo proprio bene? La famiglia fondata sull’unione matrimoniale fedele, pubblica e aperta alla vita di un uomo e di una donna è veramente la strada adeguata allo sviluppo integrale della persona? Venendo ai vostri paesi e considerando la pluralità di mondovisioni di cui sono portatori i soggetti che li abitano, a partire dalla differenza tra credenti e non credenti, passando per le diverse appartenenze ecclesiali e religiose che danno origine ad un numero elevato di matrimoni misti ed interreligiosi, come far convivere positivamente tale pluralità all’interno della famiglia stessa?

Tutte queste brucianti questioni non fanno che proporre con urgenza un’ulteriore domanda, che sintetizza tutte le precedenti, e a cui ognuno di noi è oggi chiamato, almeno implicitamente a rispondere: chi vuol essere l’uomo del terzo millennio? Infatti, se fino alla caduta dei muri abbiamo assistito a una contesa sull’essere umano (Giovanni Paolo II) in cui però l’oggetto del contendere – l’uomo, appunto – restava, in qualche modo, identificabile, oggi ci troviamo invece di fronte ad un forte smarrimento nel cogliere chi sia l’uomo in se stesso.

Due sono le strade su cui l’uomo post-moderno cerca una risposta.

Per la prima egli vuole essere «soltanto il suo proprio esperimento», secondo un’espressione usata da un filosofo tedesco della scienza. Basta con i discorsi sulla persona e sulla sua dignità intesi come principi universali ed assoluti!

La seconda strada invece conduce a pensare in modo rinnovato questi fondamenti a partire dalla natura relazionale (comunionale) della persona.

Va inoltre sottolineato il fatto che se l’uomo di oggi si trova a questo bivio, allora, come il nostro incontro conferma, la Chiesa è chiamata ad una nuova evangelizzazione. Essa deve lasciar trasparire sul suo volto Gesù Cristo, Lumen gentium. Per sua natura deve mostrare come l’evento di Gesù Cristo sia contemporaneo all’uomo di ogni tempo nella sua unità di anima e corpo (corpore et anima unus, GS 14). Allora tutti gli aspetti umani connessi con l’esperienza nuziale quali l’affettività, l’amore, il matrimonio, la famiglia, la maternità, la paternità, la fraternità, l’amicizia, ma anche il celibato e la verginità consacrata, rappresentano un canale attraverso il quale la Chiesa, Madre e Maestra si prende cura, nell’attuale frangente storico, degli uomini, delle comunità e dei popoli.

2. Il mistero nuziale: differenza sessuale, dono di sé, fecondità

Il modo più adeguato per trattare le problematiche fin qui descritte è quello di leggerle attraverso la lente del mistero nuziale nelle sue tre indisgiungibili dimensioni: differenza sessuale, dono di sé, fecondità. L’espressione mistero nuziale infatti svela il carattere profondo dell’amore perché, nel manifestare la sua capacità di mettere in campo l’io, l’altro e l’unità dei due, conduce al cuore dell’esperienza umana elementare5, cioè comune ad ogni persona di ogni tempo e luogo. Il fatto che sia un mistero non si riferisce ad una sua assoluta inconoscibilità. Suggerisce soltanto che essendo una delle dimensioni con cui la libertà personale di ogni uomo entra in relazione con l’infinito, non può essere catturata una volta per tutte in una definizione. A questo proposito scrive Evdokimov: «Nessuno tra i poeti ed i pensatori ha trovato la risposta della domanda: “Che cosa è l’amore?” […] Volete imprigionare la luce? Vi sfuggirà di tra le dita»6.

Esaminiamo quindi brevemente i tre aspetti costitutivi del mistero nuziale senza tuttavia mai dimenticare che essi non possono mai essere separati. Ognuno mette sempre in campo anche gli altri due.

a) Differenza sessuale

Il tema della differenza sessuale, prima dimensione del mistero nuziale, è stato sviluppato dal Magistero di Giovanni Paolo II per approfondire la forza profetica di Humanae vitae a partire dalle sue Catechesi sull’amore umano7 e ripreso recentemente da Benedetto XVI nella Deus caritas est8.

Il rapporto tra maschile e femminile chiede quindi di essere pensato simultaneamente attraverso le categorie dell’identità e della differenza. Mentre la prima è abbastanza facilmente riconducibile alla natura personale dell’essere umano e alla conseguente uguale dignità tra l’uomo e la donna (entrambi parimenti esseri umani), la seconda non è priva di problematicità, come attesta il travaglio della cultura contemporanea nella sua radicale difficoltà a pensare la differenza sessuale.

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La differenza sessuale, integralmente intesa, si rivela come la modalità primaria con cui il singolo, uno di anima e corpo, entra in contatto con il reale. La consapevolezza del proprio essere sempre situato nella differenza sessuale realizza una costante apertura all’altro e indica un cammino di conoscenza di sé. Da qui si capisce che la differenza9 (dif-ferre: portare altrove lo stesso) non può mai essere abolita. È infatti una insuperabile dimensione dell’io personale.

b) Apertura all’altro come dono di sé

È proprio nella differenza sessuale adeguatamente vissuta che l’apertura all’altro può prendere la forma del dono di sé. Muovendo da questo dato si comprende meglio il nesso tra mistero nuziale e sacramento del matrimonio, la cui giustificazione ultima prende le mosse dal linguaggio nuziale della Bibbia10. La tradizione teologica ci propone una via di riflessione nella cornice del testo di Efesini 5,21-33. In questo testo l’esperienza umana dell’amore fra gli sposi, basata sulla differenza sessuale, viene illuminata dall’analogia con l’amore sponsale di Gesù Cristo per la Chiesa, del quale proprio in virtù del sacramento del matrimonio partecipano gli sposi cristiani. Sia chiaro: il sacramento non è un’aggiunta al dato naturale, ma è ciò che lo spiega in profondità. Di qui l’invito di San Paolo agli sposi perché sappiano partecipare di un amore che deve essere totale, personale, redentore e fecondo. Ed è un dato che vale anche per gli sposi battezzati appartenenti a tradizioni cristiane diverse, dal momento che, «in forza del loro battesimo, sono realmente già inseriti nell’Alleanza sponsale di Cristo, con la Chiesa e, per la loro retta intenzione, hanno accolto il progetto di Dio sul matrimonio»11.

Radicata nella differenza sessuale, per essere all’altezza della sua vocazione l’unione tra l’uomo e la donna deve essere fedele e aperta alla vita. Ce lo indica il Catechismo della Chiesa cattolica quando parla dei beni-esigenze del matrimonio12. In proposito è di decisiva importanza superare un grave equivoco. Queste non sono proprietà che si aggiungono all’amore tra l’uomo e la donna. Esse fanno parte dell’essenza dell’amore. Là dove non c’è fedeltà e fecondità non c’è mai stato propriamente parlando amore13. Non si tratta di precetti aggiunti dalla Chiesa quasi per frenare la libera espressione dell’amore. Sono i beni che emergono dalla natura profonda dell’amore umano. In quanto essenziali all’amore essi, benché messi radicalmente in discussione da buona parte dei costumi e della cultura contemporanei, sono sempre in grado di mostrare la loro attualità.

Vediamo brevemente in che modo.

In uno dei suoi ultimi libri, il grande filosofo cattolico Jean Guitton con molta autoironia descrive la sua morte, i suoi funerali e il giudizio di Dio sulla sua vita. Immagina che la sua anima, separata dal corpo, dialoghi con filosofi, poeti, papi, politici. Nel dialogo che riguarda l’amore, in cui Guitton conversa con sua moglie e il poeta Dante, troviamo questa geniale affermazione: «Alcuni si sposano perché si amano, altri finiscono per amarsi perché sono sposati. È meglio che in ogni matrimonio ci siano l’uno e l’altro. “Perché si finisce per amarsi, una volta sposati? È forse il bisogno di conservare la piega che abbiamo preso?”» chiede Guitton. Sua moglie risponde: «“Ci deve essere dell’altro, se si tratta di amore”. “Marie-Louise, qual è quest’altra cosa?”. “Deve riguardare il tempo e l’eternità”»14. Non esiste amore che non implichi il desiderio del “per sempre”. Ce lo dice il fenomeno dell’innamoramento, quando è ascoltato in tutta la sua serietà. Fa parte dell’esperienza di chi ama voler consegnare tutto se stesso senza limiti temporali. Ed è proprio dell’esperienza di chi è amato desiderare che l’amore che lo abbraccia non abbia mai fine. Nel mio compito pastorale mi rivolgo sempre ai giovani in questo modo: “Vi sfido se siete autenticamente innamorati, a dire “ti amo” senza aggiungere “per sempre”. Il “per sempre” fa parte essenzialmente dell’amore. Il genio di Shakespeare lo ha messo in evidenza nel versetto fulminante di un sonetto: «Amore non è amore / se muta quando nell’altro scorge mutamenti / o se tende a recedere quando l’altro si allontana»15.

Se questo è vero per ogni esperienza di sincero innamoramento, tanto più il per sempre dovrà essere presente nell’amore dei coniugi e dei coniugi cristiani.

Da quanto detto si capisce meglio cosa intende la Chiesa quando ripropone l’ingiunzione del Signore «quello dunque che Dio ha congiunto, l’uomo non lo separi» (Mt 19,6). Il versetto ricorda che la decisione umana per l’amore realizza la volontà di continuare l’opera di Dio che ci ha creati maschio e femmina. Al contrario di quanto parte della cultura contemporanea sembra suggerire, l’unione per sempre non è un peso inflitto alla nostra libertà, ma una condizione per poterla mettere in atto. L’indissolubilità rappresenta infatti la possibilità che la libertà si compia, che il desiderio di essere amato e di amare trovi soddisfazione fino a rendere trasparente il disegno originario del Padre sul matrimonio. Tutto questo non è il risultato di una capacità etica superiore degli sposi. Tale pienezza è possibile solo se marito e moglie vivono quotidianamente il proprio rapporto come sacramento, come forma concreta del loro essere Chiesa domestica. A questo livello si capisce quanto sia importante nella vita dei coniugi un’intensa vita sacramentale e una continua ripresa della consapevolezza del proprio battesimo e della propria appartenenza a Cristo. E intorno a questo centro, è offerta la grande possibilità della dedizione vicendevole mediante l’esperienza del perdono16.

c) Fecondità

Per scoprire dove conduce l’amore preso nella sua integralità occorre tornare alla sua origine. Per capire cioè il terzo fattore del mistero nuziale, la fecondità – che è l’esito a cui tende il dono di sé – dobbiamo ripartire dal primo fattore: la differenza sessuale. Ricordiamo che questa dice che l’io è strutturalmente riferito al tu. L’apertura all’altro è costitutiva dell’identità della persona. Lo sposo e la sposa che, in virtù della differenza sessuale, si donano reciprocamente, diventano una carne sola e si spalancano alla procreazione del figlio. Proprio perché fin dentro l’unione coniugale i due non si fondono in un’unità che ingloba entrambi, ma esprimono una piena comunione pur restando persone differenti, essi fanno posto al terzo. A questo proposito il grande teologo svizzero Hans Urs von Balthasar ha potuto genialmente affermare che «l’atto dell’unione di due persone nell’unica carne e il frutto di questa unione dovrebbero essere considerati insieme saltando la distanza nel tempo»17. Questa affermazione rende ragione della forza profetica di Humanae vitae. La procreazione del figlio, che implica l’affascinante avventura educativa, esprime il significato pieno del matrimonio18.

Mi preme aggiungere, per inciso, che anche nei matrimoni misti e in quelli interreligiosi se gli sposi sono resi consapevoli delle difficoltà e rispettano fino in fondo quanto stabilito a livello canonico è possibile una profonda esperienza dell’amore coniugale.