Intervento del cardinale Angelo Scola su «Il Sole 24 ORE» dell’01-08-2015.

Appena nati, veniamo nutriti da un altro. Il cibo, fin dai primi istanti dell’esistenza, è veicolo di relazione.

Quasi tutti noi conosciamo – per averla potuta contemplare almeno una volta, affascinati – la beatitudine di un neonato che non stacca gli occhi dal volto della mamma mentre lo sta allattando.

All’interno di Expo 2015 si sono create diverse occasioni per mettere in evidenza la preziosità del latte materno nella nutrizione dell’uomo, almeno nei primi mesi di vita. «L’Expo – afferma opportunamente un documento del Ministero della salute – dovrebbe trasmettere come precisa eredità culturale per i giovani la comprensione che l’allattamento al seno non solo rappresenta una norma naturale, ma anche un intervento globale di sostenibilità, riduzione degli sprechi, eco-compatibilità, equità, civiltà».

Nell’arte occidentale le numerose rappresentazioni delle “Madonne del latte” – nelle nostre terre ce ne sono di bellissime – dicono sia l’assoluta concretezza dell’Incarnazione (Colui che succhia dal seno della propria Madre è davvero Dio diventato un bambino come ognuno di noi), sia il rapporto profondo tra cibo e amore. Nel donarsi al Figlio, la Madre dona lo stesso Figlio al mondo, che riceve così l’amore infinito di cui Gesù è capace.

Come ha ribadito Papa Francesco nell’ultima Enciclica, spesso la parzialità dell’orizzonte tecnoscientifico e finanziario “vizia” lo sguardo sulla realtà impedendo di vederla nella sua integralità. È perciò buona cosa che, dopo un periodo di promozione “selvaggia” del latte artificiale anche in contesti socio-economici estremi a causa di precisi e colpevoli interessi commerciali, in questi ultimi trent’anni si sia tornati a favorire in tutti i modi l’allattamento al seno come alimentazione privilegiata per il bambino nei primi mesi di vita.

Gli esperti sostengono che, attraverso di esso, il bambino riceve moltissime sostanze, tra cui anche una serie di elementi che permettono la maturazione del suo sistema immunitario e del suo apparato digerente. Il latte materno è una sorta di “cibo perfetto” che porta in sé una serie di elementi del mondo e dell’ambiente esterno, una specie di abbecedario di conoscenza molecolare dell’universo. Se infatti il nostro sistema digerente non maturasse attraverso l’incontro con elementi nutritivi diversi che ci vengono trasmessi con il latte della mamma, noi non potremmo assimilare alcun cibo, restando privi di nutrimento.

Non meno importante della fase dell’allattamento – dicono sempre gli esperti – è quella dello svezzamento. È questo un momento delicato in cui l’essere umano dovrebbe venire a contatto con cibi e alimenti diversificati, utili al proprio sviluppo fisico e culturale. Molti gusti in ambito alimentare, infatti, si formano gradualmente attraverso l’incontro con cibi che rientrano, a vario titolo, nell’universo culturale in cui ci si trova a crescere.

Lo svezzamento è anche il momento in cui il bambino entra sempre più ampiamente a contatto con il mondo esterno, in un processo di maturazione, passando da un’identificazione totale fra sé e la madre fino a percepirsi come un individuo autonomo che, attraverso lo sviluppo del linguaggio, stabilisce relazioni e assume personalità.

Nel lungo e affascinante lavoro di introduzione alla realtà, l’azione di nutrire un piccolo attraverso la varietà dei cibi dà forma concreta alla certezza che i doni del Creato sono buoni ed affidati a noi per farne un uso corretto. L’amore che parte dal dono di sé non si ferma alla propria persona, ma si allarga al mondo intero.

Per tutte queste ragioni – e per molte altre – è evidente la relazione profonda che esiste fra cibo e amore, tanto che la maggior parte dei disturbi alimentari (oggi così tragicamente diffusi) insorge su uno squilibrio nelle relazioni affettive che trovano nel rapporto con il nutrimento la propria espressione quasi istintiva. Per dirlo in poche e semplici parole: un rapporto sano ed equilibrato con il cibo dice una relazione sana. Il contrario è invece un allarme che segnala un guasto nella relazione, soprattutto in quelle costitutive.

Attraverso l’allattamento e lo svezzamento il bambino ha la prima spontanea percezione che il corpo è “sacramento di tutta la persona”, per usare un’espressione cara a San Giovanni Paolo II. Una espressione insuperabile per sinteticità e profondità. L’io è «uno di anima e di corpo», come ci ha insegnato il Concilio Vaticano II (Gaudium et spes, 14). Vale a dire che è uno di due. Il piccolo comincia così a fare i conti col fatto che tutta la sua esistenza sarà segnata da una tensione tra spirito e corpo, i due poli costitutivi della sua persona unica e singolare. Nella dipendenza amorosa legata alla prima alimentazione la sua libertà comincia ad esercitarsi. Inizia per lui una «ecologia della vita quotidiana» (Laudato si’, 155).