Nella seconda domenica il cardinale Angelo Scola riflette sul brano del Vangelo che narra dell’incontro di Gesù con la Samaritana al pozzo. Pubblichiamo la meditazione dell’Arcivescovo di Milano.
Affaticato per il viaggio. Così il Vangelo ci descrive Gesù arrivato a Sicar, la città della Samaria. Poche semplici parole, immediate da capire perché tutti noi ne abbiamo esperienza. Un viaggio stanca: non lo si può fare senza che la fatica si faccia sentire. Eppure, anche questo lo sappiamo bene, quando si arriva, pur affaticati, si è contenti di aver raggiunto la meta. Anche Gesù, che ha voluto condividere fino in fondo la nostra condizione umana, ha provato la fatica del viaggio.
La letteratura di tutti i tempi ha fatto del viaggio un’immagine della vita. E Gesù ha provato nella sua carne “la fatica del vivere”, come ciascuno di noi.
Ma, e questo ci sorprende, la narrazione evangelica dell’incontro con la donna Samaritana proposta dalla liturgia in questa domenica, rivela che la fatica di Gesù e la sua sosta al pozzo per riposare diventano l’occasione di un fitto ed intenso scambio con la donna che vi giunge per attingere acqua.
A ben vedere presso il pozzo si intrecciano la fatica di Gesù e il bisogno della Samaritana: Gesù instancabilmente dedito alla missione affidatagli dal Padre – ecco la radice della benefica fatica del Signore! – e quella donna, portata lì da una sete che non le dà tregua e non è solo di acqua. Tornare giorno dopo giorno ad attingere acqua del pozzo o passare inquieti da un “marito” all’altro: le scelte di ogni giorno dicono il bisogno di saziare la nostra sete di vita e, nello stesso tempo, l’inconcludenza dei nostri maldestri tentativi solitari. Tutti sappiamo bene quanta energia sprechiamo nel tentativo illusorio di evitare la fatica della vita, a noi e ai nostri figli. Ma è un’illusione appunto: la fatica arriva puntuale.
Per questo è necessario il riposo. Anche Gesù, stanco per il viaggio, si mise a sedere. Il riposo è talmente necessario che Dio stesso l’ha reso oggetto di uno dei dieci comandamenti. Perché?
Perché il vero riposo, non certo un vuoto far niente, procura alla nostra persona un ritmo di vita vibrato. Pensiamo all’importanza della domenica: nello stacco dal lavoro, lasciamo emergere il peso degli affetti e ritroviamo un equilibrato rapporto con Dio, con gli altri e con noi stessi. Il riposo ci permette di riprendere.
Lo abbiamo detto in altre occasioni: la figura compiuta della morale cristiana non è l’impeccabilità, ma la ripresa. Il viaggio della vita, che non annulla la fatica – anzi –, è segnato dalla possibilità permanente di riprendere. I nostri bambini, quando imparano a camminare, non si bloccano perché cadono. Il loro pianto non esprime rabbia o scandalo, ma solo domanda, bisogno di essere risollevati per riprendere il cammino.
Gesù si sedette al pozzo per rendere possibile alla libertà della donna, emblema della libertà di ciascuno di noi, questa ripresa. Egli per riposare ha voluto rivolgersi a ciascuno di noi con una richiesta: «Dammi da bere», perché noi, a nostra volta, potessimo chiederGli: «Signore dammi quest’acqua, perché io non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere».
Il cammino della Quaresima ci invita, in questa domenica, a riprendere fiato perché siamo affaticati, e a farlo imparando a domandare. Domandare, infatti, è già riprendere il cammino con rinnovato vigore.