Pubblichiamo una riflessione dell’Arcivescovo di Milano, cardinale Angelo Scola, preparata in occasione della prima domenica d’Avvento.

L’offerta della salvezza a ogni uomo è il filo rosso della Parola di Dio di questa II Domenica d’Avvento. Trova nell’esperienza personale e nelle parole di San Paolo il suo contesto esplicito: «Cristo è diventato servitore dei circoncisi per mostrare la fedeltà di Dio nel compiere le promesse dei padri; le genti invece glorificano Dio per la sua misericordia» (Rm 15,8-9). La salvezza portata da Gesù è per tutti.
Lo sappiamo bene, in “presa diretta”: i rapporti costitutivi (tra uomo e donna, tra genitori e figli, tra amici…) documentano che l’io cambia grazie all’esperienza di un amore ricevuto e accolto, molto più che per un programma che si è imposto. La conversione cristiana è determinata ultimamente dal rapporto con Dio presente e non dalla nostra immagine di perfezione o dalle nostre capacità. Per questo è offerta a tutti, senza eccezione.
Il Vangelo ci dice che Giovanni Battista «percorse tutta la regione del Giordano, predicando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati». Dando atto della missione del Battista l’evangelista Luca individua poi la dinamica della salvezza che Gesù è venuto a portare nel mondo. Si tratta dell’inscindibile rapporto tra misericordia e conversione. In tale rapporto si incontrano, da una parte, il dono gratuito e sovrabbondante della salvezza e, dall’altra, tutto il nostro bisogno di cambiare e il riconoscimento del nostro peccato. Possiamo così ottenere il perdono mediante il quale con la riconciliazione la nostra libertà si avvicina a Gesù e domanda cosa fare. Dio ci restituisce il nostro volto originario, molto al di là di quanto possiamo pensare e meritare.
In questo senso Giovanni Battista non è solo un “predicatore morale” che esorta l’uomo peccatore a cambiare vita, ma è un “‘profeta” che annuncia la sorgente del cambiamento. È Colui che battezza in Spirito Santo e che «vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco». Non che le indicazioni morali non siano capitali, ma esse sono rese possibili dall’“antefatto” della misericordia. Alla domanda delle folle – «Che cosa dobbiamo fare?» – Giovanni risponde con una nettezza che non fa sconti: «Chi ha due tuniche ne dia una a chi non ne ha e chi ha da mangiare faccia altrettanto»; «non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato» e «non maltrattate e non estorcete niente a nessuno; accontentatevi delle vostre paghe». Sono parole che possiamo ascoltare e praticare, non macigni che ci vengono messi sulle spalle, ma indicazioni di una modalità nuova di rapporto tra gli uomini che nasce dalla benevolenza reciproca di chi si sa fratello. Sono espressioni di giustizia.
L’Avvento è un tempo di conversione e lo è perché l’attesa del Signore che viene – anzi che sta venendo proprio ora e forse nel modo più inimmaginabile – mette in moto le energie più profonde del nostro desiderio di voler bene.
Il dono della visita del Papa il prossimo 25 marzo è, già fin d’ora, un invito pressante a non perdere l’opportunità di percorrere questa strada insieme ai nostri fratelli uomini, nel cui cuore abita il desiderio di cambiamento e di bene che abita in noi.