FILO DIRETTO – Come ogni anno Bluradio Veneto ha trasmesso “filo diretto,” un programma durante il quale alcune personalità commentano i passaggi della relazione del Patriarca.

Viene oggi pubblicato l’intervento della Prof.ssa Eugenia Scabini direttrice del Centro Studi e Ricerche sulla famiglia. Università Cattolica del Sacro Cuore (il testo sbobinato non è stato rivisto dall’autore):

In un momento di smarrimento dell’uomo e della donna, della famiglia in questo momento, ci aiuti lei a capire come va intesa la “differenza sessuale”.

Innanzitutto vorrei dire che il Cardinale è stato molto coraggioso a mettere in primo piano questo tema della differenza che io oserei dire è un tabù nel senso che se ne parla per nasconderla, cioè per dire che non c’è. Possiamo dire con un’espressione così, se mi si consente, la differenza è diventata indifferente oggigiorno, siamo indifferenti di fronte alla differenza: una cosa vale l’altra, fa lo stesso essere maschi o femmine o entrambi, una cultura vale l’altra, una religione vale l’altra; la differenza tende ad essere annullata. E’ diverso da dire che queste cose hanno pari dignità, qui non ci piove, ovviamente hanno pari dignità. Ma quello che viene negata è appunto la differenza, cioè la specificità. Allora, all’origine di questo proprio strano appiattimento della differenza – in un mondo che invece è molto sensibile agli aspetti specifici di ciascuno – c’è una grande paura. Io me la figuro così: intanto la paura originaria è che la differenza, soprattutto la differenza sessuale, è un dato; non può essere scelta, quanto meno non può essere scelta dal soggetto che nasce. Uno può pensare che in un futuro i genitori possano scegliere se avere un figlio maschio o un figlio femmina, ma chi nasce non può scegliere il suo sesso, non può scegliere la famiglia dove nasce, non può scegliere i suoi genitori, è dipendente da questa sua struttura.

Ed è questo che fa paura?

Questo fa paura perché il mondo odierno è un mondo centrato sul controllo, noi pensiamo di poter controllare tutto. Ciò che sfugge al nostro controllo viene temuto. C’è molto poco l’idea che c’è un’attrattiva a ciò che sfugge al nostro controllo, cioè un’attrattiva di un dato, di una misteriosità di qualche cosa che vado a ricercare, piuttosto la parola è “controllo”. Quindi, questa fa a pugni con l’idea che tutto possa essere controllato e tutto possa essere soggetto alla scelta della persona. Allora forse possiamo andare un tantino indietro e dire che comunque questo tema della differenza, che oggi ci vede protagonisti in difficoltà, è sempre stato un tema, a dire il vero, molto difficile da affrontare. Come l’hanno affrontato in fondo i secoli passati, la storia da cui veniamo, i greci, fino ai nostri giorni? Dal punto di vista di ridurre la differenza uomo-donna secondo la categoria della subordinazione: un sesso più forte dell’altro. Già i greci dicevano che la nascita era legata al seme maschile, che la donna non serviva ad altro che per l’utero, per contenere il seme, non dava niente di attivo. Come dire, la figura di una passività totale. Ma possiamo avere milioni di esempi di questa subordinazione dell’uomo e della donna che vige anche oggigiorno in molti paesi; le donne, le bambine vengono eliminate. Allora, la subordinazione è un modo per negare la differenza ma in modo chiaro, cioè un sesso domina sull’altro. L’altra figura, più vicina a noi, che è stata di moda, era quella della complementarietà. Cioè degli stereotipi che ti dicevano, in fondo, “l’uomo ha da essere forte, aggressivo, competitivo sull’esterno ed è complementare alla donna che invece ha da essere dolce, debole, da proteggere”. Questa seconda figura, molto più adeguata della prima, aveva una funzione rassicuratrice; ma io penso che per la mia generazione la differenza rassicurava. Uno si aspettava che l’uomo fosse differente da me nel suo comportamento, non ricercavo la somiglianza, ricercavo proprio una differenza. La situazione odierna è molto centrata invece sulla categoria della simmetria, dobbiamo essere simmetrici, cioè qualsiasi diversità dell’uno dall’altro costituisce un problema o un possibile sopruso dell’uno o dell’altro. Ecco, questa categoria rende molto difficile pensare la differenza in senso positivo, la mette sempre in senso sottilmente competitivo oppure uno sta con l’altro se l’altro è il prolungamento di sé. Ecco, io trovo che è questa la nostra grossa difficoltà attuale di concepire la differenza.

Alcuni neuro scienziati, e nel suo discorso il Patriarca fa un accenno a questa categoria, dicono che si tratta di una differenza biologica .

Che tutte le differenze umane abbiano un principio biologico, questo è del tutto lapalissiano, l’uomo è anima e corpo e certamente, quanto più sofisticati si fanno gli esperimenti, tu trovi dei correlati biologici a qualsiasi tua azione, a qualsiasi tuo stato. Ma quello di ridurre tutto al biologico, questo è un salto assolutamente inaccettabile. Tra l’altro devo dire che tutti questi studi fanno vedere molto lo stadio dell’innamoramento perché è lo stadio nel quale le persone hanno una condizione emotiva molto forte nel quale si rilevano molto questi tipi di differenziazione. Ma in realtà il problema delle relazione tra i sessi e tra le persone non è solo l’innamoramento ma il passaggio dall’innamoramento all’amore che è il passaggio fondamentale, da questo stato di prima passionalità che fa vedere l’altro molto come simile a sé, è proiettivo di sé, al passaggio all’amore in cui l’altro è appunto altro, si rivela nella sua differenza – distanza da me – e io lì devo costruire una relazione effettiva. Curioso che questo passaggio, che è quello poi fondamentale che costituisce poi la trama delle relazioni familiari, viene totalmente messo in un angolo e tutti vanno a parlare solo di questo primo elemento che è quello introduttivo alla grande avventura dell’amore.

In chiusura, Professoressa, il Patriarca fa anche un continuo richiamo al “governo di sé”, proprio per attuare questo passaggio, dall’innamoramento all’amore.

Questo è un fatto importantissimo, decisivo. Il Patriarca ha trovato un punto importantissimo. “Governo di sé” legato alla cultura del “tutto subito”. Guardate, questo noi lo vediamo stando con i giovani in una maniera veramente rispetto allo stesso tema sessuale perché è proprio una cultura del “tutto subito” che “consuma” l’altro, che usa l’altro per soddisfare sé e quindi non arriva mai all’altro. Si vede in tutte le relazioni questo strano modo di vedere l’altro come specchio di sé come prolungamento di sé, si vede anche nella relazione genitori – figli. L’altro nella sua alterità, nella sua misteriosa alterità viene totalmente negato e quindi viene negato il legame. La vera parola che potremmo riprendere è la “cura” del legame. La cura dell’altro è la cura del legame con l’altro e coincide con la cura di me stesso perché io sono fatto dei legami più significativi ma la parola “legame”, la parola “relazione” è una parola totalmente assente dal nostro universo culturale e affettivo.