FESTA DEI GIUBILEI SACERDOTALI – Viene pubblicata qui di seguito l’omelia del Patriarca pronunciata in occasione della celebrazione Eucaristica nella Basilica patriarcale di San Marco a Venezia:

Venezia, 3 giugno 2010

1. Unicità di Dio e appartenenza totalizzante

«Il Signore nostro Dio è l’unico Signore» (Mc 12,29): solo il Signore è il nostro Dio, le altre “divinità” non hanno alcun diritto a chiamarsi così.

Lui è quello che ci ha resi suoi nello stesso momento in cui si faceva nostro, stabilendo la sua alleanza con noi, un legame indistruttibile di appartenenza.

«… con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza» (Mc 12,30). La tendenza alla totalità (fedeltà ed esclusività) è costitutiva dell’amore: solo Dio è l’ “oggetto” adeguato di questa misura del nostro cuore. 

2. L’amore è la pienezza della legge

Lo scriba, il dottore della legge, è costretto a promuovere Gesù a pieni voti: «Hai detto bene, Maestro, e secondo verità» (Mc 12,32). Quando l’apostolo Paolo scriverà che l’amore è la pienezza della legge, non farà altro che riprendere ed esplicitare l’insegnamento di Gesù. La legge si dipana e dispiega in una molteplicità di articoli (nel Pentateuco gli Ebrei contano non meno di seicentotredici comandamenti), ma nel suo contenuto di fondo è estremamente unitaria. Una cosa sola Dio vuole: che noi l’amiamo con tutto il cuore e che, di conseguenza, ci amiamo tra noi.

3. Annuncio e testimonianza

«… come io annuncio nel mio Vangelo, per il quale soffro fino a portare le catene come un malfattore» (2Tm 2,8-9). L’annuncio ha sempre la forma bruciante del martirio, come per Cristo così per i suoi.

«Al di là delle concrete penitenze a cui il Curato d’Ars si sottoponeva, resta comunque valido per tutti il nucleo del suo insegnamento: le anime costano il sangue di Gesù e il sacerdote non può dedicarsi alla loro salvezza se rifiuta di partecipare personalmente al “caro prezzo” della redenzione» (Benedetto XVI, Lettera di indizione dell’anno sacerdotale, 16.06.2009). 

4. Libertà e amore

Paolo ha estrapolato i versetti dall’11 al 13 da un inno liturgico delle primissime comunità cristiane. Il tema di fondo è espresso con efficacia dal ripetersi di quelle proposizioni condizionali: «Se moriamo con lui, con lui anche vivremo… se perseveriamo, con lui anche regneremo; se lo rinneghiamo, lui pure ci rinnegherà; se siamo infedeli, lui rimane fedele » (2Tm 2,11-12). Nessun automatismo, ma passione per la libertà. I tre parallelismi fanno risaltare ancora di più il quarto, antitetico: Lui rimane fedele. Non può infatti rinnegare la propria natura. La nostra infedeltà è destinata ad infrangersi contro la fedeltà e la carità di Cristo.

«Il Sacerdozio è l’amore del cuore di Gesù» (Santo Curato d’Ars).