Angelo Scola ad una conferenza

PADOVA – Si è tenuto mercoledì 2 marzo, nel teatro della Facoltà Teologica del Triveneto, a Padova, il Dies academicus inaugurale del sesto anno di attività della Facoltà.

L’atto accademico ha preso avvio con il saluto di S. E. mons. Antonio Mattiazzo, vescovo di Padova e Vice Gran Cancelliere della Facoltà, al quale sono seguiti gli interventi di S. Em. card. Angelo Scola, patriarca di Venezia e Gran Cancelliere della Facoltà, del preside prof. don Andrea Toniolo. Quindi, la prolusione, affidata a S. E. mons. Peter Henrici, dal titolo “La teologia, volto pubblico della fede”.

In conclusione, il saluto del prof. Giuseppe Zaccaria, Magnifico Rettore dell’Università degli Studi di Padova, e la firma della convenzione stipulata tra la Facoltà Teologica del Triveneto e l’Università degli Studi di Padova, che permetterà lo scambio di docenti e studenti e la realizzazione di attività accademiche e iniziative culturali aperte anche al pubblico.

Qui di seguito viene proposto il testo dell’intervento di S. Em. card. Angelo Scola, patriarca di Venezia e Gran Cancelliere della Facoltà:

+ Angelo Card. Scola

Patriarca di Venezia

 

«Quaedam impressio divinae scientiae»[1]: nella sua geniale sintesi, la classica definizione di san Tommaso d’Aquino ci ricorda una caratteristica propria della teologia. La singolare modalità con cui il Signore ha voluto renderci, per grazia, in certo modo partecipi del Suo stesso conoscere, implica infatti che l’intelligenza della fede non sia un privilegio accordato a un cerchia ristretta di credenti, ma appartenga all’atto di fede in quanto tale. La testimonianza dei cristiani non può dunque mai fare a meno di mostrare al mondo intero «le ragioni della propria speranza» (cfr 1Pt 3,15). Queste però possono essere da noi comunicate solo perché Dio ha fatto abitare in Gesù Cristo, il Verbo che per amore si è “abbreviato”, ogni pienezza (cfr Col 1,19). E lo Spirito di Verità – che è lo Spirito del Figlio di Dio incarnato – consente alla nostra natura finita l’accesso alla Teo-logica[2].

Il dono di questa vertiginosa connaturalità tra il nostro conoscere e il conoscere divino impone peraltro di sgravare il cristianesimo da zavorre che ancora ne condizionano la credibilità. Penso innanzitutto all’indebito estrinsecismo tra fede e ragione e tra natura e grazia, sulla base del quale si finisce per ammettere una tanto infondata quanto pretestuosa esclusione della religione, e quindi della teologia, dal dibattito pubblico. Ma mi riferisco anche all’equivoco dualismo tra teologia e pastorale, quasi che la fede pensata e la fede vissuta potessero sussistere indipendente una dall’altra. A questo proposito intendo ribadire l’importanza del lavoro svolto da questa Facoltà che, impegnata nell’approfondimento della teologia pratica, è chiamata a mostrare il nesso inscindibile tra la riflessione sistematica e critica e la fede vissuta dalla comunità ecclesiale. Solo l’annuncio di tutti i misteri cristiani nelle loro implicazioni antropologiche, sociali e cosmologiche ci aiuterà a superare la dolorosa spaccatura tra fede e vita che già Paolo VI indicava come il tarlo dei cristiani contemporanei.

È quindi l’unità dell’esperienza cristiana adeguatamente intesa a garantire la fecondità della riflessione teologica. Ed è a partire da questa visione unitaria che la teologia può rivendicare il diritto di esprimersi nella pubblica piazza, interagendo ed entrando in dialogo, a pari titolo, con le altre discipline e gli altri saperi. Anche in questo ambito la Facoltà teologica del Triveneto ha fatto una scelta precisa, scommettendo con forza, oltre che sul classico percorso sistematico e su quello pedagogico, su percorsi accademici specifici di carattere pastorale atti ad offrire una formazione capace di preparare a nuove professioni. La logica di tale scelta, assai ardua e per molti difficile da comprendere, mi pare più che mai evidente: la complessità delle questioni che gli uomini e le donne di oggi quotidianamente affrontano, e che si rivela con particolare concretezza in alcuni ambiti lavorativi – pensiamo per esempio ai radicali cambiamenti in corso in campo medico e sanitario, o a quei settori particolarmente toccati dalla crisi economica, o ancora alle persone impegnate nell’assistenza sociale o nella mediazione interculturale – può far emergere una domanda di senso cui la mera formazione professionale non è sempre in grado rispondere. Da qui i curricula che già taluni ISSR offrono nell’ambito della bioetica, dei beni culturali ed artistici, delle scienze delle comunicazioni e della famiglia ecc.

In questo orizzonte la pretesa della teologia è radicale: non si tratta di contribuire soltanto alla formazione professionale della persona, bensì di partecipare alla sua educazione integrale (paideia) offrendole un criterio per pensare e interpretare la realtà “secondo il tutto”. Scriveva a tal proposito il Cardinale Newman: «Ammettete un Dio, e voi introducete tra gli argomenti della vostra conoscenza, un fatto che racchiude, che avvolge, e che assorbe ogni altro fatto concepibile. Come possiamo investigare ogni parte di qualunque ordine di conoscenza, e fare a meno di quella conoscenza che entra in ogni ordine?»[3].

Benché espresso in termini assai diversi, è da valutare con positivo interesse il fatto che alcuni celebri pensatori, penso per esempio ad Habermas, abbiano recentemente preso più esplicitamente posizione a favore della legittima presenza delle religioni nell’agorà, ammettendone il potenziale cognitivo e affermando che, nell’argomentazione pubblica, “l’onere della prova” riguarda tutti i soggetti coinvolti e non solo i credenti[4].

Ma la rilevanza pubblica della fede non è solo un riconoscimento che i cristiani debbano attendersi dagli altri. È una dimensione che essi stessi sono chiamati a realizzare mostrando le buone ragioni per cui la religione può effettivamente rappresentare, come ha dichiarato Benedetto XVI in occasione del suo recente viaggio nel Regno Unito, «un fattore che contribuisce in modo vitale al dibattito pubblico nella nazione»[5]. È un’esigenza intrinseca al fatto cristiano, che chiede per sua natura di essere comunicato secondo la logica della testimonianza. Essa però è tale solo se è conoscenza adeguata della realtà che tende, pertanto, a comunicare verità. Ogni altro sapere fiorisce sul terreno fertile di questo sapere testimoniale. Tra l’altro questa è una necessità della nostra società plurale, la cui difficile armonia dipenderà a mio avviso dalla disponibilità di tutti i soggetti coinvolti a raccontarsi e a lasciarsi raccontare pubblicamente in vista di un riconoscimento reciproco[6]. Il compito della teologia si fa qui decisivo, perché è anche su questo terreno che potrà essere valutata la sua capacità di incidere effettivamente sulla vita delle nostre comunità cristiane e di intercettare il desiderio dei nostri fratelli uomini, i quali inesorabilmente ricercano un senso, cioè un significato ed una direzione, per la propria vita.

Il prezioso gesto che stiamo compiendo visibilmente esprime la bellezza dell’universitas intesa come communio docentium et studentium. Assume quest’anno un significato del tutto speciale. Le diocesi del Nordest, che non a caso sono, in particolare attraverso gli ITA e gli ISSR, parte integrante della Facoltà Teologica del Triveneto, stanno vivendo in trepida attesa l’ormai prossima venuta del Santo Padre tra di noi. La Sua presenza, la Sua testimonianza i Suoi insegnamenti rappresenteranno un punto di riferimento decisivo per il compito di ricerca, di insegnamento e di studio di questa Facoltà Teologica.

Per questo tutti noi vorremo partecipare di persona al momento centrale della visita del Santo Padre. Mi riferisco alla solenne Santa Messa che Benedetto XVI presiederà nel grande parco di San Giuliano a Mestre. Saranno tra noi anche gruppi rappresentanti delle 57 Chiese nate da Aquileia: non solo per ricordare un fulgido passato, ma soprattutto per lasciarci spalancare al futuro. Il reale NordEst non è solo il Triveneto. Coinvolge popoli e paesi di lingua italiana, slava, tedesca e friulana. per un compito che non è più solo quello di collegare Est ed Ovest, ma di essere, nel quadro dell’Europa, cerniera per l’incontro tra l’Est-Ovest in continuo fermento e i paesi del Sud che si affacciano sul Mediterraneo ormai alla ricerca del loro giusto posto nella geopolitica mondiale. All’osservatore attento non sfugge il fatto che l’Adriatico è il vertice nord del Mediterraneo che così entra nel cuore dell’Europa.

Voglio ora esprimere il mio più sentito ringraziamento a S.E. Mons. Peter Henrici, la cui sensibilità ecclesiale e competenza filosofica e teologica è nota a tutti. Io poi ho avuto il privilegio di apprezzarle nel comune lavoro presso la Congregazione della Dottrina della Fede e ho modo di continuare a goderne nell’ambito della rivista Communio. Egli si appresta ad intervenire, con la sua prolusione sul tema “La teologia volto pubblico della fede”.

Saluto infine con viva soddisfazione la firma della convenzione tra la Facoltà Teologica del Triveneto e l’Università degli Studi di Padova che avverrà al termine di questo atto accademico.

 

Note:
[1] Tommaso d’Aquino, Summa Theologiae I, q.1, a.3, ad 2um.
[2] Cfr. H.U. Von Balthasar, Teologica 3. Lo spirito della Verità, Jaca Book, Milano 1992, 24.
[3] J.H. Newman, L’idea di Università, Vita e Pensiero, Milano 1976, 70.
[4] J. Habermas, Tra scienza e fede, Laterza, Roma-Bari 2008.
[5] Benedetto XVI, Incontro con Esponenti della società civile, del Mondo Accademico, Culturale e Imprenditoriale, con il Corpo Diplomatico e con i Leaders Religiosi nel Westminster Hall, 17 settembre 2010.
[6] Cfr. A. Scola, Una nuova laicità. Temi per una società plurale, Marsilio, Venezia 2007 e Id., Buone ragioni per la vita in comune. Religioni, politica, economia, Mondadori, Milano 2010.